Dopo aver scritto per quattro anni consecutivi il proprio nome sulla lista dei vincitori della March Madness femminile, UConn ha infine abdicato lo scorso 31 marzo a favore di Mississippi State, arrivata per la prima volta nella sua storia alle Final Four. La squadra di Geno Auriemma non perdeva dal lontano 17 novembre 2014, quando venne sconfitta in overtime da Stanford. Come è maturato uno degli upset più clamorosi della storia del basket? Ripercorriamolo insieme.
Alla vigilia, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla debacle proprio a un passo dalla finale della corazzata di coach Auriemma. UConn, infatti, come nelle scorse stagioni era arrivata alle Final Four imbattuta (in AAC il record – ancora immacolato – è di 80 partite) e soprattutto, lo scorso anno, nelle Sweet 16 aveva rifilato 60 punti alle Bulldogs di coach Vic Schaefer. I numeri parlavano chiaro: prima di quel fatidico 31 marzo, UConn non perdeva da 867 giorni e quest’anno, con la vittoria contro SMU il 14 gennaio, aveva stabilito il nuovo record in Division I di 91 successi consecutivi. Una vera e propria egemonia iniziata il 23 novembre 2014 con la vittoria per 96 a 60 contro Creighton e che si è fermata a quota 111 contro una squadra che ha saputo fare della “vergogna” la sua vera forza.
Quei 60 punti subiti lo scorso anno hanno ferito nel profondo la franchigia con sede a Starkville, tanto che sulla finestra della sala pesi qualcuno, a pochi giorni dalla partita, ha pensato bene di scrivere il numero 60 come monito da non dimenticare e da non ripetere. Un pensiero che, come ha poi spiegato Victoria Vivians nel post match, ha accompagnato le ragazze all’ingresso in campo e per tutta la partita.
Fatto sta che questa partita non è scivolata via, come molti a Dallas avevano previsto, ma anzi, le Bulldogs sono rimaste agganciate alle loro avversarie fino alla fine, partendo da una difesa che ha letteralmente mandato in tilt gli schemi delle Huskies. Le 17 palle perse di UConn sono infatti la dimostrazione del pressing imposto da Mississippi State per tutti i quattro periodi e che hanno garantito il dominio assoluto nelle prime due frazioni quando il tabellone ha toccato persino il +16 per le ragazze in casacca marrone.
Al ritorno in campo dall’intervallo lungo, UConn ha preso le misure e ha colmato il gap arrivando al pareggio (a quota 60) con 27 secondi sul cronometro. Nel tempo supplementare, la squadra di coach Auriemma ha persino avuto in mano la palla della vittoria: la gomitata di Dominique Dillingham sanzionata con un antisportivo ha mandato in lunetta Katie Lou Samuelson che ha così portato le Huskies sul 64 pari con possesso palla.
Un vero e proprio regalo che però le campionesse in carica non hanno saputo sfruttare. Saniya Chong, pressata da Morgan William, ha cercato il fallo finendo con il perdere palla con ancora 13 secondi sul cronometro.
Coach Schaefer ha subito chiamato il time out per organizzare l’ultimo possesso. E chi ha designato come tiratrice della “palla che scotta”? Morgan William, la più piccola in campo con i suoi 165 cm. “Mo, you’re about to win the game”, le ha detto. Una scelta non proprio scontata visto il 5/16 messo insieme fino a lì dalla sua guardia, compresa la stoppata presa allo scadere del quarto periodo che avrebbe potuto compromettere l’intera partita se Chong fosse riuscita a segnare sulla sirena. Ma chi la conosce bene sa anche che la piccola Mo è dotata di un grande carattere che tira fuori soprattutto nei momenti caldi. E poi, nel turno prima contro Baylor, ne aveva messi 41 dando alle Bulldogs un’altra vittoria al supplementare.
Al ritorno in campo, Dullingham ha messo quindi la palla nelle mani di William che è entrata in aerea dalla zona centrale, si è fatta spazio in mezzo a due avversarie; ha saltato e in precario equilibrio ha scoccato un tiro a fil di sirena. Ciuff. Una manciata di secondi che hanno messo fine ad un impero durato quattro anni e che ha regalato la vittoria a Mississippi State per 66 a 64.
“I was in shock. I’m still in shock”, ha detto William subito dopo aver segnato. Difficile crederci in effetti.
L’aveva detto per tutto il torneo, ‘voglio vedere quanto dura’, e quando è arrivato il momento, Luigino detto Geno Auriemma da Avellino ha reagito così
E poi ha salutato anche lui con un abbraccio Morgan William
“Quando uno arriva a questo punto della stagione, perdere è il peggior sentimento possibile”, ha detto Auriemma, riconoscendo però tutti i meriti delle Bulldogs. “Abbiamo giocato per tutto l’anno con una maturità molto superiore ai nostri anni, questa volta la nostra mancanza di esperienza si è vista”. In effetti, dopo aver perso Breanna Stewart, Moriah Jefferson e Morgan Tuck, prime tre scelte dello scorso draft WNBA, la sua squadra aveva una sola senior in quintetto (Chong) e rotazione e centimetri limitati. Una situazione che giustifica i dubbi iniziali sulle reali potenzialità di questa UConn che hanno riempito i siti specializzati ad inizio campionato. E cosa vede il futuro?
Si è iniziato a lavorare per la prossima stagione con una certezza: la visione e la lungimiranza di Auriemma in panchina. Visione che sta alla base del recruitment svolto dallo staff di UConn alla ricerca di ragazze che non solo siano le migliori ma che possano inserirsi al meglio nel concetto di gioco del coach. Tra le prescelte, il nome di maggior spessore e sul quale il coach punta maggiormente è Megan Walker: “Non c’è niente che non sappia fare ed è per questo che è considerata la migliore giocatrice. La puoi inserire ovunque in campo e lasciarla fare”. Seguono poi Mikayla Coomb, Lexi Gordon, Andra Espinoza Hunter, senza dimenticarsi di Azura Stevens che vanta già un oro con la maglia della nazionale U19 e che nella stagione appena conclusa ha vestito la maglia di Duke. Riusciranno questi nuovi nomi a ricreare la leggenda di UConn? Lo scopriremo a partire dal prossimo novembre!