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PK80 nel segno di Duke e Michigan State

Autore: Manuel Follis
Data: 27 Nov, 2017

Il primo anno del torneo PK80 è stato un successo. La competizione riuniva 16 squadre griffate Nike (PK sta per Phil Knight, co fondatore del brand) e i due bracket paralleli (Victory e Motion) hanno avuto due finali di livello tra squadre del ranking. Ecco cosa è successo.

Motion bracket. Duke-Florida 87-84

È stata la gara più entusiasmante. Per la terza volta in stagione i Blue Devils hanno recuperato uno svantaggio, finendo per prevalere. A 4.30 dalla fine Duke era sotto di 10 punti. Questa squadra sembra avere qualcosa di speciale.

Impossibile non citare la gara di Marvin Bagley che è stato l’osservato speciale della difesa di Florida e, nonostante questo, ha chiuso con 30 punti e 15 rimbalzi (miglior rimbalzista del torneo). Gioca con energia e grinta da selvaggio e ha una mano sinistra fatata. Per la destra ci sarà tempo.

Florida si deve però battere il petto. Nel finale Jalen Hudson (oltre 80% ai liberi in stagione) ha sbagliato un 1+1 sanguinoso che avrebbe spostato punteggio e inerzia, poi una palla persa del leader Chris Chiozza, poi una nuova palla persa in sequenza di Hudson. Troppi regali ai Blue Devils.

Nel finale di partita, insieme all’orgoglio e alla “voglia di vincere”, si è vista anche la difesa di Duke, spesso assente o altalenante durante il torneo. La squadra peraltro è giovanissima e potrà solo migliorare. Una vera numero uno.

Occhio a Florida, squadra on fire. Fino a 4 minuti dalla fine Hudson era potenziale mvp del Motion Bracket (24pt e 10 rb dopo i 35 con 8/12 da 3 vs Gonzaga). Egor Koulechov ha marcato (bene) Bagley, KeVaughn Allen ha portato la solita energia e Chris Chiozza ha diretto l’orchestra da par suo.

 

E Grayson Allen? Le sue 4 triple (su 8 tentativi) sono state chirurgiche e fondamentali per Duke. Partita non brillante ma solidissima, con anche 7 assist e 2 recuperate.

Gonzaga e Texas (per il 3° posto) è andata all’OT, terzo consecutivo per i Bulldogs e secondo consecutivo per i Longhorns. Morale: alla fine erano tutti stremati. Mvp, dalla panchina, il giapponese Ruy Hachimura, al primo acuto stagionale con 20 punti (7/14 al tiro) e 9 rimbalzi per la W di Gonzaga.

Occhio a Texas che sull’asse Kerwin Roach-Mo Bamba sarà una gatta da pelare per tutte le squadre della Big 12. Atletismo ne abbiamo?

Victory bracket. Michigan State-North Carolina 63-45

Partita mai in discussione. I Tar Heels sono stati condannati dall’1/18 finale da 3 punti, con l’unica tripla a segno arrivata a fine primo tempo dal leader della squadra Joel Berry (solo 7 punti e 1/6 finale da 3 per lui). UNC tenuta al punteggio più basso da quando allena Roy Williams.

Parte delle percentuali di UNC (24.6% dal campo finale) si deve alla difesa asfissiante di Michigan State, apparsa finalmente quella macchina mordi-avversari che doveva essere nei piani di coach Tom Izzo fin dall’inizio della stagione.

Lasciate stare il tabellino (7 punti, 8 rimbalzi, 1 assist, 4 perse, 4 stoppate e 1 recuperata), ma il centro Nick Ward è il perno emotivo degli Spartans e il giocatore che più degli altri incide sul risultato finale della squadra.

 

Benvenuto a Joshua Langford, career high a 23 punti con 5/7 dall’arco. Fosse sempre questo, sarebbe da Nba. Se invece Miles Bridges fosse sempre questo, cioè in controllo, concentrato sulla difesa e con 2/5 dall’arco in attacco, finirebbe dritto fra le prime 5-6 chiamate del draft.

Partita da dimenticare per Luke Maye che ha litigato col canestro (3/13 finale dal campo) e ha subìto a rimbalzo finendo per innervosirsi. In più soliti problemi ai liberi (2/7). Senza il suo apporto, giocare contro una squadra come MSU diventa davvero dura.

Nella finalina Arkansas dà una ripassata a Connecticut (102-67) con un mirabolante 11/19 dall’arco che spazza via gli Huskies e si conferma squadra di grande energia, molto legata alle prestazioni del senior Jaylen Barford.

La squadra di coach Kevin Ollie, invece, dopo essere stata in partita per 30 minuti con UNC, ha ceduto mentalmente e fisicamente. Terry Larrier ha classe da Nba ma non ancora la grinta e la leadership da pro e la squadra è molto legata alle prestazioni del frehman Alterique Gilbert.

Delusione del torneo? Oregon, che batte solo DePaul (in OT). Coach Dana Altman è abbastanza disperato: la squadra non gira. Il fenomeno del torneo? Bussate dal freshman Trae Young, che in tre gare segna 28-33-43 punti e schizza al primo posto per la classifica del “player of the year” di Kenpom.

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