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Tornei di Conference, la caduta delle “grandi”

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 3 Gen, 2017

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L’inizio dei tornei di Conference ha portato con sé molte sorprese, con alcune grandi squadre che sono subito inciampate. I nomi? Duke, North Carolina, Maryland, Virginia, ma anche squadre che sono “grandi” nelle loro conference come Winthrop nella Big South o Monmouth nella Maac. Ma questo in fondo è proprio il bello del college. La morale è che sono rimaste solo tre squadre ancora imbattute: Villanova, Baylor e Gonzaga, tutte premiate nel reshuffle del ranking AP. Vediamo un po’ cosa è successo mentre il resto del mondo festeggiava Capodanno.

Monk ancora tu? Ma non dovevamo vederci più

Kentucky domina sotto tutti i punti di vista e sbanca il The Pavillon, battendo 99-76 Ole Miss. Partita chiusa dopo un clinic offensivo pazzesco nel primo tempo da parte dei Wildcats, nel quale hanno segnato 60 punti e praticamente sovrastato i Rebels in qualunque situazione di gioco. Bam Adebayo ha spadroneggiato sotto il canestro, facendo valere il proprio fisico e l’inesauribile energia che il suo corpo dispone, alzando l’asticella del suo season high alla barretta numero 25. Monk ritorna ad essere quello ammirato contro UNC, e non la copia sbiadita vista a Louisville, segnando 34 punti con sedici tiri.

Ancora più impressionante Isaiah Briscoe che mostra finalmente tutte le sue potenzialità e colleziona una tripla doppia, 19+11+10, giocando una delle migliori partite in maglia Wildcats della sua carriera.

Losing effort per lo spagnolo Sebastian Saiz (di cui vi abbiamo parlato qui) che inizia bene la partita, giocando alcuni possessi in post, battendo di astuzia Adebayo. Man mano che la partita scivola via dalle mani dei ragazzi di coach Andy Kennedy, anche Saiz però si defila, accontentandosi del pick&pop come unica soluzione. Ad Ole Miss quest’anno manca talento, perché tolto Saiz, il resto della squadra al momento si assesta nell’aurea mediocritas, ma manca soprattutto un po’ di quella pazzia che sulle sponde del Mississippi eravamo abituati a vedere, prima con Marshall Henderson e poi con Martavious Newby e Stefan Moody.

Minnesota rialza la testa

Se quest’estate la panchina di Richard Pitino sembrava poter esser calda, l’inizio di questa stagione è servito a riportare calma e fiducia al figliol prodigo. Minnesota, che veniva da una sconfitta bruciante all’overtime contro Michigan State nell’opener della Big 10, si è subito rifatta battendo 91-82 Purdue, ex #15 della nazione, all’overtime grazie a una prova straordinaria del suo play Nate Mason (doppia-doppia da 31+11 assist).

Il piano difensivo dei Golden Gophers è stato quello di raddoppiare, se non triplicare, l’uomo in post di Purdue, dato che la squadra di coach Matt Painter gioca con le due torri. Questa scelta ha forzato la mano ai due lunghi, Haas e Swanigan, i quali hanno perso sette palloni. Cosa che comunque non ha impedito a Swanigan (28+22) di collezionare il quarto 20+20 della stagione, forzando l’overtime con un layup e aggiungendo anche sei assist.

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Villanova non conosce soste

I Wildcats continuano a vincere e non bastano né i canestri di Marcus Foster (22 punti) e Justin Patton (18) né il clima infuocato degli oltre 18mila del CenturyLink Center per fermarne la corsa. La vittoria su Creighton vale il successo numero 38 del 2016 e il 14/o stagionale.

Prima sconfitta per i BlueJays, incappati nella peggior giornata al tiro da tre vista fin qui (6/24) e che per la prima volta in stagione subiscono più del 50% dal campo da un’avversaria, oltre a essere sovrastati a rimbalzo (37-22).
A Omaha “sai di dover giocare duro e intelligentemente per 40 minuti e quando la tua squadra vince in uno degli ambienti più tosti, ti senti alla grande”, ha detto coach Jay Wright a fine partita. Per portare a casa una ‘W’ del genere, chi ti può aiutare meglio d’un playmaker che in campo “è come un 35enne”?

Jalen Brunson è stato infatti l’elemento-chiave della vittoria di Villanova col suo career-high da 27 punti (10/14 dal campo, 2/2 ai liberi) e 5 assist in 35 minuti. Tanto coraggio, pochi errori, assist al bacio e canestri pesanti. Sul 24-14 per Creighton a metà primo tempo, il sophomore ha dato la scossa decisiva per togliere i Wildcats dai guai, firmando i primi 8 punti del parziale di 11-0 che ha segnato il primo vantaggio ospite. I punti segnati nella ripresa non sono stati di certo meno importanti: dopo il 66 pari firmato da Isaiah Zierden a 4’48” dal termine, i canestri dal campo di Villanova sono arrivati tutti da parte sua e di Josh Hart (18 punti e 10 rimbalzi in 34’). D’importanza capitale i liberi del +7 messi a 37” dal termine dopo aver rubato palla.

Duke e Cassandra

Non per dire che l’avevamo detto… ma l’avevamo detto e previsto. La trasferta in casa di Virginia Tech alla fine si è rivelata fatale per Duke che ha perso 89-75 senza mai dare l’impressione di poter controllare la gara. Luke Kennard è stata la solita macchina da punti (34) aiutato da un Jayson Tatum che sta salendo di colpi ad ogni partita, ma si è visto che l’energia delle due squadre era del tutto diversa. La truppa allenata da coach Buzz Williams ha distribuito le responsabilità offensive (6 in doppia cifra) e difensive e soprattutto è stata precisa da fuori, mentre Duke ha sbagliato tutti i tiri, anche quelli aperti, dell’inizio di gara. Considerato che coach K sta dando sempre meno minuti a Jeter e Bolden, l’assenza di Grayson Allen (sospeso a tempo indeterminato per sgambetto), cui sono anche stati tolti i gradi di capitano, ha pesato parecchio. I Blue Devils restano incredibili per talento a disposizione, ma hanno ancora parecchia strada da fare.

Nota di merito per gli Hokies che hanno avuto un Justin Robinson esiziale nel primo tempo e che (come segnalato nella nostra preview di ottobre) si permettono il lusso di far partire dalla panchina il senior Seth Allen, che porta punti energia e… assist.

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Il college al suo meglio

C’è un motivo per cui Virginia nonostante la sconfitta in casa ad opera di Florida State è salita nel ranking AP, ed è il miglior giocatore dei Seminoles, cioè Dwayne Bacon. Tradotto: i Cavaliers hanno giocato una signora partita, con il solito eccezionale Kyle Guy dalla panchina. Di fatto però non sono mai riusciti ad arginare Bacon che ha sciorinato contro la miglior difesa del college basketball una partita da pro-Nba. A proposito, ve lo diciamo qui adesso, prima che tra qualche mese lo leggiate sui siti di draft di solito parecchio indolenti: se continua così, Bacon è destinato a rientrare prepotentemente nelle zone alte del primo giro di scelte. Il resto è questo finale qui che… fate voi.

Cambiare per vincere

Le due migliori partite di Louisville quest’anno sono arrivate dopo le due (uniche) sconfitte. In novembre, dopo la rimonta fatale di Baylor, i Cardinals si erano presi la rivincita contro Purdue. Adesso, dopo la pesante sconfitta contro Virginia, Louisville è uscita vincente dal campo di Indiana, sbattendo gli Hoosiers in fondo al ranking.

La chiave? Chiaramente passare da 2/8 a 8/19 da 3 punti cambia molto. Ma gran parte della ritrovata energia è dipesa anche dall’inserimento di Anas Mahmoud in quintetto, facendo partire l’altro lungo, Mangok Mathiang, dalla panchina. Mahmoud è un efficacissimo “alteratore” di tiri, che garantisce protezione del ferro e rimbalzi.

E il tiro dall’arco? Ha avuto la sua importanza, ma parte dei brutti tiri di Indiana, che ha chiuso con 4/21 e con un Robert Johnson da 0/8, sono dipesi proprio dallo sforzo difensivo dei Cardinals. Dopodiché c’è chi la fa molto più facile e dice che se Deng Adel e Donovan Mitchell giocano entrambi bene (come contro gli Hoosiers), Louisville è da Final Four già quest’anno.

 

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La vera Oregon

Iniziare la conference con un UCLAOregon (87-89) è un regalo che la Pac-12, sotto Natale, ha voluto fare a tutti gli appassionati di college basket. Partita meravigliosa di un’intensità, di un agonismo e di un tasso tecnico da Final Four. Il regalo migliore lo ha riservato nel finale Dillon Brooks che ha chiuso così il match allo scadere…

 

“You dream that moment and it’s come true today” sono state le parole con le quali Brooks ha commentato la giocata, a coronamento di una partita da 23+9+4 che ha mostrato perché i Ducks siano tra le principali candidate al titolo, con il junior finalmente recuperato al 100% dall’infortunio al piede sinistro.

La decima vittoria consecutiva (34 W di fila per Oregon alla Matthew Knight Arena) è arrivata al termine di una partita combattutissima con UCLA a +7 (72-65) a 4 minuti dalla fine, grazie a un parziale di 15-0 guidato da tre triple consecutive di un Lonzo Ball fino ad allora in serata no. A guidare i Bruins ci avevano pensato un Thomas Welsh in versione Re Mida, capace di trasformare in punti tutto ciò che toccava (20+10), e le capacità balistiche di Bryce Alford (20 punti con 6 triple). Gli ultimi quattro minuti sono stati il proscenio di Payton Pritchard (15 punti e 9 assist), freshman che continua a stupire, che con un parziale personale di 7-0 e questa bomba a 12 secondi dalla fine ha riportato i suoi a contatto.

 

Da lì il fallo sistematico su Alford che, con l’errore dalla lunetta, ha dato la possibilità a Brooks di mandare in delirio i 12mila di Eugene, mostrando al mondo del college basket che la vera Oregon è tornata.

Il figliol non prodigo

I 19.000 della Bud Walton Arena si erano segnati la data del 29 dicembre sul calendario per prepararsi ad accogliere, a suon di fischi, KeVaughn Allen, il sophomore di Florida, nativo di Little Rock (Arkansas), leggenda liceale nelle fila di North Little Rock HS che ha scelto i Gators, ignorando l’offerta dei Razorbacks. Piccolo problema: anche KeVaughn aveva cerchiato questa data sul suo personale calendario, perché ci teneva a non sfigurare davanti a parenti e amici e, per nulla intimidito dall’accoglienza ricevuta, ha chiuso con 21 punti e 5/9 da oltre l’arco, guidando Florida alla vittoria (81-72) nella prima partita della SEC.

KeVaughn Allen (Florida)

I Gators hanno tenuto sotto controllo la partita nonostante la non esaltante serata al tiro (44.8% dal campo, 34.6% da tre e 12/21 ai liberi) ricacciando indietro ogni tentativo di rimonta di Arkansas grazie alle triple di Allen, arrivate puntuali a spezzare le speranze e i buuu dei tifosi avversari. A dare una mano ad Allen ci hanno pensato un solido Devin Robinson (17 punti) e la coppia di lunghi Hayes-Egbunu che hanno chiuso il pitturato agli avversari, limitando il preseason SEC player of the year Moses Kingsley a soli 13 punti con il 5/15 dal campo (e 14 rimbalzi). A tenere in partita Arkansas è stato fino all’ultimo la guardia Daryl Macon con i suoi 22 punti che non sono riusciti però ad evitare il ritorno in patria, in grande stile, del profeta Allen.

Dimentica il 2016 North Carolina!

North Carolina probabilmente non vedeva l’ora di chiudere un 2016 che l’ha vista perdere all’ultimo secondo il titolo nazionale. La voglia di lasciarsi dietro il vecchio anno è stata così grande che, il 31 dicembre, nell’opener della ACC contro Georgia Tech, i Tar Heels non si sono praticamente presentati in campo, incassando un pesante upset contro i Yellow Jackets (63-75). La squadra meno esperta della nazione (sono ben 7 tra freshmen e sophomores a roster), come ha dichiarato il suo stesso coach Josh Pastner, veniva da due pesanti sconfitte casalinghe contro Wofford e Georgia e non vinceva alla prima di conference da ben 11 anni.

Georgia Tech ha giocato la partita dell’anno grazie ad una difesa a zona capace di mandare in tilt l’attacco di UNC, costringendola al season high di 20 palle perse e limitando i big dei Tar Heels con coach Roy Williams costretto, nel secondo tempo, a virare verso lo small ball system con Justin Jackson a giocare da quattro. A dare una mano ai giovani di coach Pastner ci hanno pensato anche le percentuali al tiro di UNC che ha chiuso con il 33.3% dal campo5/26 da tre, con la coppia Berry-Jackson che ha combinato per 9/30. Serata da ricordare per i due Josh di Georgia Tech: Okogie che ha chiuso con 26 punti e 5 rimbalzi, e Heath che dalla panchina ne ha messi 15 a referto, rendendo la stagione dei Yellow Jackets praticamente già un successo, anche se siamo solo all’inizio di gennaio.

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