Tra una finale al fotofinish tra Stanford e Arizona, una cenerentola agguerrita, un’azione contestata e numeri da capogiro per una delle edizioni più seguite nella storia del Torneo femminile, di “momenti splendenti” ce ne sono stati tantissimi. Abbiamo raccolto per voi gli otto più sfavillanti.
1. Una finale all’ultimo respiro
Quella tra Stanford e Arizona è stata la prima finale in assoluto – sia nel maschile che nel femminile – a vedere impegnate due squadre della Pac-12. È stata una gara combattutissima finita 54 a 53 e decisa sulla sirena dall’errore di Aari McDonald. Stanford ha condotto per tutto il primo tempo (31 a 24), limitando la fuoriclasse delle avversarie ad appena 11 punti. Ma Aari ha preso piano piano le misure e ha iniziato a rispondere punto su punto fino ad accorciare il gap ad una sola lunghezza. Dopo un’infrazione in attacco di Stanford, con appena sei secondi sul cronometro, la palla è andata a McDonald che, marcata da ben tre avversarie, è riuscita ad alzarsi per il suo tournaround jumper. La palla, dopo aver compiuto una parabola altissima, è finita sul secondo ferro e rimbalzata fuori, incoronando così le Cardinal.
Dopo 29 lunghi anni di attesa, Stanford è tornata così a vincere il Titolo. Per le Cardinal si tratta del terzo, tutti vinti sotto la guida di coach VanDerveen (1990, 1992 e 2021). Con la vittoria in finale contro Arizona, la head coach delle Cardinal ha tagliato il traguardo delle 1.099 vittorie superando così anche la leggendaria Pat Summit. Il suo merito principale è stato quello di gestire in maniera efficace il talento del suo roster infinito, tirando fuori il meglio dalle sue quattro star: Kiana Williams, senior e vera anima della squadra (12.9 punti di media), Haley Jones e Lexie Hull (entrambe inserite nell’All Tournament Team) e la freshman rivelazione dell’anno Cameron Brink, che in questa stagione ha totalizzato ben 88 stoppate.
Il titolo ha ripagato i tanti sforzi fatti dalla squadra californiana in questa stagione. Quando a novembre la contea di Santa Clara ha proibito gli sport di contatto, Stanford ha infatti iniziato ad allenarsi a Las Vegas per poi giocare le sue partite a Santa Cruz a circa 70 km di distanza. Per 10 settimane, le Cardinal hanno così vissuto con le valigie in mano prima di poter tornare nel campus solo a febbraio. La loro voglia di giocare e di vincere è stata però più forte di ogni difficoltà incontrata.
2. La miglior giocatrice del Torneo
Se è vero che le Final Four creano le leggende, Haley Jones ha saputo davvero cogliere l’occasione sia nella semifinale contro South Carolina che in finale. È stata infatti lei con 41 punti (19/28 complessivo dal campo) a guidare Stanford nei due match. Nel primo tempo della finale, in realtà, la sophomore non ha giocato il suo miglior basket, incorrendo subito in tre falli. Ma al rientro dalla pausa lunga, quando le avversarie si sono rifatte sotto, ha capito che doveva fare di più. Palla in mano, ha gestito l’attacco delle Cardinal sfidando a viso aperto il pressing estenuante di Arizona e si è presa i tiri più importanti. Negli ultimi 10 minuti di gara, Jones ha messo a referto ben 11 punti, tra cui il tiro da tre che ha portato le Cardinal sul 54 a 50 e, di fatto, alla vittoria. Una prestazione che le è valsa il titolo come Most Outstanding Player.
E pensare che la giocatrice rientrava solo quest’anno da un grave infortunio che l’aveva fermata nella stagione passata dopo appena 18 gare. Jones era stata la top recruit nel 2019 e da subito aveva mostrato tutte le sue qualità, andando in doppia cifra in 11 occasioni. A rendere il tutto più complesso è arrivata la pandemia che di fatto ha precluso a Jones la possibilità di ricevere la giusta fisioterapia nel campus. Così ha dovuto arrangiarsi a casa, nel suo garage, dove ha ripreso confidenza con la palla e con i movimenti.
3. Una Cenerentola molto agguerrita
Se è vero che la nuova regina è Stanford, sicuramente Arizona è stata la squadra che maggiormente si è guadagnata le luci della ribalta. Iniziando dal match di semifinale contro UConn. Le Huskies partivano infatti con il favore del pronostico, avendo già alle spalle ben 13 Final Four; le Wildcats erano invece alla prima esperienza in assoluto. Ma sul terreno di gioco è stata UConn a sembrare quella più spaesata. Complice la difesa asfissiante di Arizona e una McDonald incontenibile (24 punti), tutti i meccanismi di gioco della #1 del ranking sono sfumati. Merito anche di coach Adria Barnes che ha saputo motivare al meglio le sue ragazze anche in modi non sempre ortodossi. Il video del suo dito medio alla fine del match contro UConn è diventato virale. Il motivo? La “piccola” svista della NCAA, rea di non aver inserito le Wildcats nel video promozionale delle Final Four, l’ha fatta arrabbiare non poco e il gesto era rivolto a tutti quelli che non credevano in loro.
All time middle finger from Arizona’s coach after taking down UConn @UofABarstool pic.twitter.com/JPkshVEqsz
— Barstool Sports (@barstoolsports) April 3, 2021
4. L’anima di Arizona
Se Arizona è stata una delle squadre più sorprendenti di questa stagione, è stato soprattutto merito di Aari McDonald. Nel Torneo, la senior ha totalizzato 24.8 punti di media ma, per le sue compagne, è stata soprattutto una leader. Non a caso, nella finale, l’ultima palla è andata a lei. Il tiro contro tre avversarie rende bene l’idea di che tipo di giocatrice sia. Anche se tutti si sono concentrati sulle sue percentuali offensive (nel Torneo non è mai scesa sotto i 22 punti e ha viaggiato su una media di 19.3 in questa stagione), è sul lato difensivo che fa la differenza (nelle ultime due stagioni è stata la DPOY della Pac-12). I suoi numeri nelle Final Four le hanno poi spalancato le porte per l’All Tournament Team. E pensare che lo scorso anno aveva deciso di inserire il suo nome nel draft: Arizona non sarebbe stata la stessa senza di lei.
5. Una squadra ancora troppo immatura
Per la quarta volta consecutiva le Huskies non sono riuscite a vincere il Torneo. Nel post partita coach Geno Auriemma non ha usato mezzi termini per descrivere la sconfitta contro Arizona: una squadra di giocatrici “non solo giovani, ma soprattutto poco mature” che “quando vincono pensano di poter fare tutto ma che, nel momento in cui le cose si complicano, non riescono a risollevarsi”. Arizona è riuscita infatti a mettere a nudo le fragilità di una squadra senza senior. Neppure Paige Bueckers è stata risparmiata: “Paige è una giocatrice molto forte, ma deve ancora migliorare tanto sia fuori che dentro il campo” ha detto Auriemma. Marcata a vista da McDonald, la star di UConn ha infatti giocato un primo tempo ben al di sotto delle sue potenzialità (5/13 al tiro e 2/3 da tre). Quando nel secondo tempo ha provato a scuotersi, il gap di 10 punti accumulato era ormai impossibile da colmare. L’unica consolazione per Auriemma è che il prossimo anno avrà un gruppo quasi invariato a cui si aggiungerà Azzi Fudd, la numero 1 della recruiting class del 2021. Per Bueckers la sconfitta è stata resa meno amara dai numerosi premi che le sono stati conferiti, l’ultimo, in ordine di tempo ma non di prestigio, il Wooden Award. I record per questa freshman sembrano non finire mai.
6. Una finale mancata per un layup
Un layup mancato di Brea Beal e un tentativo non riuscito di putback di Aliyah Boston hanno messo fine alla corsa di South Carolina nella semifinale persa per 66 a 65 contro Stanford. Il pianto di Boston a fine partita è stato lo specchio della delusione delle Gamecocks. In fondo, ad inizio stagione erano le favorite alla vittoria finale. L’ottima stagione della squadra allenata da coach Dawn Staley è stata costruita su una difesa capace di tenere le avversarie sotto il 34% al tiro e sulle grandi capacità offensive di Destanni Henderson e Zia Cooke. La versatilità di Beal inoltre, ha garantito a South Carolina una buona solidità in entrambe le parti del campo. Dal canto suo, Boston ha mantenuto fede alla sua strepitosa prima stagione (che l’aveva vista vincere il premio come National Freshman of the Year) viaggiando per tutta la stagione in doppia-doppia con 14.1 punti e 11.7 rimbalzi a partita. Che sia stata proprio lei a sbagliare il canestro della vittoria, è sembrato un vero scherzo del destino. Il prossimo anno Cooke (inserita anche nell’All-Tournament Team), Beal e Boston torneranno tutte a vestire la maglia di South Carolina da junior e c’è da aspettarsi che metteranno tutte loro stesse per raggiungere una finale che è sfuggita per un soffio.
7. Una chiamata davvero sbagliata
Dopo una sconfitta con tanto di polemiche nelle Elite Eight contro UConn, Baylor non ha potuto difendere il titolo conquistato nel 2019. Dopo un avvio tutto a favore delle Huskies, la difesa delle Lady Bears era riuscita a contenere l’attacco delle avversarie. Le cose sono cambiate quando Didi Richard, vincitrice del Big 12 Defensive Player of the Year, ha dovuto abbandonare il campo per infortunio. UConn ha subito sfruttato l’occasione piazzando un parziale di 19-0 e arrivando così a condurre per 68-67. Con appena 8 secondi sul cronometro, la palla è andata da DiJonai Carrington. La guardia di Baylor è entrata in area ma il suo tiro non è arrivato neppure al ferro a causa di un fallo di Olivia Nelson-Ododa. Gli arbitri, tuttavia, non hanno visto l’infrazione (evidente nel replay) e hanno così consegnato la semifinale a UConn. Le polemiche hanno animato i social per vari giorni e sia Carrington che coach Mulkey non hanno usato giri di parole per commentare la partita.
Menzione speciale infine per Richard, tornata a giocare dopo un terribile infortunio alla spina dorsale che per un lungo periodo l’ha tenuta lontano dai campi. Dopo una lunga riabilitazione, è tornata in campo e il prossimo anno la vedremo in WNBA. Un grande esempio di determinazione e dedizione per questo sport.
8. Una grande possibilità per il college basket femminile
Tutte le partite del Torneo sono andate in onda su ESPN e ABC, registrando numeri notevoli. La finale ha tenuto incollati allo schermo 4.1 milioni di americani con un picco, nel secondo tempo, di 5.3 milioni. Merito anche delle proteste legate al double standard riservato alle donne che hanno acceso le luci su un tema che da troppo tempo era rimasto sepolto e che ora nessuno potrà ignorare. Il video di appena 37 secondi postato da Price è servito per creare un forum di conversazione sul tema delle disparità di genere. E così, dal prossimo anno, anche le donne potranno fregiarsi del marchio “March Madness” fino ad ora associato al solo torneo maschile.