In Italia non lo conosce quasi nessuno, ma negli Stati Uniti è diventato l’eroe assoluto di circa 500mila studenti che, oltre ad andare al college, praticano sport: Gavin Newsom è il governatore della California che ha firmato una legge destinata a “cambiare le vite di tantissimi atleti che se lo meritano”, come ha spiegato Lebron James che ha ospitato la storica firma del Fair Pay to Play Act sul suo canale The Uninterrupted. Vediamo di cosa si tratta.
“Why is that?”
SB206 è la sigla del bill che consentirà a tutti coloro che frequentano le università della California di gestire i propri diritti di immagine senza perdere l’eleggibilità scolastica. In pratica, gli studenti/atleti della California saranno i primi negli Stati Uniti a poter guadagnare dei soldi senza ricevere alcuna sanzione.
Democratico, ex sindaco di San Francisco, giocatore di baseball a Santa Clara, Newsom ha ratificato una legge approvata praticamente all’unanimità dal congresso californiano ed è da oggi conosciuto come il primo politico che ha osato mettere in discussione uno dei principi cardine dell’Ncaa, seguendo un semplice ragionamento: “Every single student in the university can market their name, image and likeness; they can go and get a YouTube channel, and they can monetize that. The only group that can’t are athletes. Why is that?”.
La fine del ‘student first’
E’ la fine del dilettantismo e della regola base dell’Ncaa, ‘student first’, che esclude qualsiasi forma di remunerazione diretta agli atleti che possono solo ricevere una borsa di studio, come qualsiasi altro studente. Ora invece, durante la carriera collegiale un giocatore di un qualsiasi sport potrà non solo laurearsi, ma anche guadagnare soldi dalla sua attività, pubblicizzando un ristorante o dando il suo nome a un profumo, insomma gestendo da solo la sua piccola fetta di un business che si aggira sui 14 miliardi di dollari ogni anno. Dai diritti televisivi al merchandising, è infatti gigantesco il mercato commerciale che ruota attorno allo sport universitario e finora gli unici beneficiari sono stati i college passando, ovviamente, tramite l’Ncaa. Che guadagna quasi un miliardo ogni anno e lo redistribuisce ai suoi membri.
Dal 1 primo gennaio del 2023, quando entrerà in vigore il Fair Pay to Play Act, tutto questo cambierà ma non a caso i legislatori californiani hanno lasciato tre anni di tempo all’Ncaa per rivedere il suo statuto e arrivare a un compromesso che al momento, però, sembra difficile da trovare.
Una lunga battaglia
Siamo solo all’inizio infatti di una battaglia che potrebbe essere lunga e tutt’altro che indolore. Dopo l’inchiesta dell’Fbi e le indicazioni della commissione guidata da Condoleezza Rice, l’Ncaa ha istituito un gruppo di lavoro proprio sullo sfruttamento dei diritti di immagine, ma tenendo fermo il punto che i giocatori in nessun caso possano ricevere soldi durante la loro carriera universitaria. Per questo, il presidente dell’Ncaa Mark Emmert ha subito contrastato fortemente il Fair Pay to Play Act, arrivando a minacciare la possibile esclusione dei 18 college californiani che partecipano ai differenti tornei sportivi gestiti dalla sua associazione.
E infatti tutte le principali università del più popoloso stato americano, da UCLA, a Stanford, a USC, hanno messo in moto le loro lobby, supportati ovviamente dal commissioner della PAC12, per evitare che la legge passasse. Così non è stato, e la prima reazione dell’Ncaa è stata tutto sommato tiepida: “This new law already is creating confusion for current and future student-athletes, coaches, administrators and campuses, and not just in California”, si legge nel comunicato ufficiale che ricorda la sua giurisdizione su 1.100 college in tutti gli Stati Uniti che potrebbero trovarsi di fronte a un “patchwork of different laws from different states” che regolano in modo diverso la stessa cosa.
Effetto domino
La California, infatti, è stata la prima ma non sarà la sola. Lo stato di New York e la South Carolina stanno discutendo leggi simili, politici in Florida, Washington, Colorado, Maryland e North Carolina si stanno muovendo per seguire il modello californiano. Che impone all’Ncaa di muoversi e in fretta: per fine ottobre sono attese le conclusioni del suo gruppo di lavoro, ma poi sarà il Board of Governors a doversi pronunciare. E finora non si è mai distinto per essere particolarmente rapido.
Il sorriso di Ed
Invece è ora di fare in fretta, perché non c’è solo Lebron James ad aver fatto sentire la sua voce. “I’m tired of seeing these college athletes get ripped off”, il commento di Daymond Green, anche lui felice per la nuova legge. Ma il più felice di tutti, dalla sua casa di Las Vegas, sarà Ed O’ Bannon: in fondo, tutto questo è nato dalla sua battaglia, quando scoprì di essere finito in un videogioco dell’EA con la sua UCLA campione nel 1995. In tribunale ottenne solo una parziale giustizia, ma adesso può dire di aver finalmente vinto la sua causa contro l’Ncaa.