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UCLA, la stagione della verità

Autore: Manuel Follis
Data: 18 Lug, 2016

Adesso o mai più, o Steve Alford mette a segno una stagione vincente alla guida di UCLA oppure tutti sanno, lui per primo, che dovrà cambiare squadra. Detta così sembra una situazione già capitata a tanti altri allenatori, della serie “bisogna vincere”. Invece questa è una storia un po’ diversa: queste sono Los Angeles e UCLA, il che vuol dire che stiamo parlando dell’università forse più rappresentativa della storia del college basketball assieme alla stampa più tagliente e spietata degli Usa.

Un mix letale, che forse Alford ha sottovalutato quando è stato assunto come capo allenatore dei Bruins. O forse no, visto che quelli cui il coach non sta simpatico (e fidatevi che c’è una lista lunga una quaresima), amano raccontare di quanto Alford sia presuntuoso, arrogante e narcisista. Chiariamo, fin dal suo arrivo a UCLA l’allenatore non ha avuto vita facile: quando alla fine del marzo 2014 Alford è stato assunto dal college californiano non c’è stato un solo articolo benevolo. Il commento più positivo suonava più o meno come “ma sono matti”?

UCLA tifosi scontenti

UCLA tifosi scontenti

Giusto per capirci, coach Ben Howland ha portato UCLA consecutivamente al torneo dal 2005 al 2013, arrivando due volte alla Final Four, ed è stato licenziato dopo una stagione da 25 vittorie per essere stato eliminato al primo turno del Torneo. Cioè, vinceva, ma non abbastanza e non “come vogliono a LA”. Figuratevi l’hype per il suo successore. L’elenco dei nomi dei “papabili” per la guida dei Bruins, o meglio l’elenco di quelli che i tifosi di UCLA ritenevano potessero essere valide alternative dopo Howland, era formato da Jay Wright, Billy Donovan, Shaka Smart o Brad Stevens (di questi ultimi due parlava insistentemente il LA Times). Logico che quando è uscito il nome di Alford, ai tifosi sia caduta la mascella, nonostante il coach venisse da anni molto positivi alla guida di New Mexico.

In sostanza le critiche sono iniziate ancora prima che Alford mettesse piede in California. Dopodiché, ciliegina sulla torta, Alford ha reclutato suo figlio Bryce, il classico play bianco tiratore, che a Westwood hanno visto un po’ come il fumo negli occhi. In realtà poi Alford (figlio) ha dimostrato di essere un buon giocatore. Certo, non Russel Westbrook o Zach Lavine, ma comunque un ottimo giocatore a livello di college. Ma ormai la frittata era fatta.

Il problema è che il campo non ha mai dato ragione a coach Alford, portando i tifosi già inviperiti ad accanirsi in maniera pazzesca contro il capo allenatore. Il primo anno paradossalmente è stato il migliore, che è proprio uno dei fattori che ha lasciato basiti. La squadra ha chiuso con un record di 28-9 eliminata da un’ottima Florida alle Sweet 16 del Torneo, terminando l’anno con uno dei migliori attacchi della nazione e una difesa molto sbilanciata sulle linee di passaggio, ma tutto sommato accettabile. Il problema è che da lì in poi è andata peggio. Il secondo anno le vittorie sono scese a 22, ma la squadra è comunque riuscita ad arrivare alle Sweet 16, mentre l’anno scorso è stato il baratro. In stagione UCLA è riuscita a battere Kentucky, Gonzaga o Arizona, ma in compenso è riuscita a perdere quasi con chiunque, compresa Monmouth alla prima partita dell’anno.

La lettera di Steve Alford

La lettera di Steve Alford

Morale: i Bruins sono usciti al primo turno del torneo della Pac 12, e quindi niente Torneo Ncaa per la prima volta dal 2005. La squadra ha mostrato un attacco ancora ancora accettabile (ma niente di più) e una difesa inguardabile e comunque non degna di una squadra da Torneo. A fine stagione coach Alford ha scritto una lettera indirizzata “ai tifosi” nella quale ha chiesto scusa per lo spettacolo mostrato e ha spiegato anche che “per riscattarsi” ha deciso di approfittare della possibilità di estensione di un anno del suo contratto, sostanzialmente per giocarsi la sua ultima chanche.

I tifosi, manco a dirlo, non hanno gradito nemmeno la lettera del coach e per questo il clima attorno al college di UCLA e in particolare alla squadra di basket ormai si è fatto rovente. Il tutto considerando che giocare sotto pressione con l’obbligo di “dover vincere” non è mai semplice né divertente. Ma questa è la sfida che aspetta UCLA l’anno prossimo. Per fortuna di Alford il reclutamento è andato bene e i Bruins potranno godere della classe di maggior talento da molto tempo a questa parte.

Lonzo Ball - UCLA

Lonzo Ball – UCLA

La squadra ha perso Tony Parker, il centro da 12,6 ppg e 8,2 rpg che però non è mai davvero esploso, Jonah Bolden (ala grande titolare che ha scelto il professionismo in Australia) e Noah Allen, una guardia che non giocava mai e ha scelto di trasferirsi. Il resto del roster è rimasto e si arricchirà di Lonzo Ball (ovvero la migliore PG del lotto, leggi qui il nostro articolo sui più forti freshman della stagione), di TJ Leaf, un’ala grande con tiro ma anche atletismo (nonostante sia un bianco) e infine del centro Ike Anigbogu, muscoloso anche se un po’ lento.

Nei ranking di pre-stagione UCLA partirà di sicuro nelle prime 25 e non potrebbe essere altrimenti, il problema sarà appunto giocare gestendo delle aspettative altissime e una grande tensione. La scuola e i tifosi non potrebbero reggere un altro anno di risultati deludenti, tanto più che l’università ha da poco firmato con la Under Armour il più importante contratto per una squadra di college. Insomma, per i Bruins la prossima sarà la stagione della verità, per Alford l’unica chance di non essere licenziato.

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