Hanno iniziato a indagare sui corsi della University of North Carolina nel 2011, hanno emesso la sentenza nel 2017. Basterebbe questo per bollare come fallimentare l’intero sistema della giustizia dell’Ncaa che ha definitivamente assolto i programmi sportivi dei Tar Heels proprio nel giorno in cui veniva alzato allo Smith Center il banner della sesta vittoria al Torneo di basket.
La linea difensiva dell’università ha retto e probabilmente non serviva neanche spendere 18 milioni di dollari in avvocati per vincere. Perchè, alla fine, la questione è ed è sempre stata molto semplice: l’Ncaa non ha alcuna giurisdizione sulla parte scolastica dei programmi universitari e i corsi di UNC erano sì irregolari, ma non erano destinati solamente agli atleti ma a tutti gli studenti di Chapel Hill. Che è un’ammissione che fa diminuire prestigio e autorità dell’ateneo, ma ne salva i programmi sportivi e difatti il Committee on Infractions dell’Ncaa ha emesso una sentenza completamente assolutoria che suona molto come un’ammissione di impotenza.
E’ “probabile” che gli studenti-atleti abbiano ricevuto voti falsi, è “probabile” che un generico “personale” di North Carolina abbia usato quei corsi per garantire l’eleggibilità di alcuni atleti, “quello che è successo è preoccupante”, ma “non ci sono prove che questi corsi siano stati creati con l’unico scopo di favorire studenti-atleti”. Parole di Greg Sankey, capo del Committee che ha emesso la sentenza, nonché commissioner della SEC. “That’s reality”, ha aggiunto. Tradotto: “students first” è uno dei principi fondativi della Ncaa, ma la stessa Ncaa non controlla né tantomeno può garantire che persino la 30/a miglior università americana (peraltro pubblica) che fa pagare oltre 200mila dollari i suoi corsi di studi dia un’istruzione adeguata ai suoi allievi. E quindi ha lasciato impunito quello che, numeri alla mano, poteva essere il più grande scandalo dello sport universitario americano.
Stiamo parlando infatti di oltre tremila studenti, di cui la metà atleti, che nell’arco di 18 anni si sono iscritti a circa 200 corsi falsi ottenendo voti altrettanto falsi del dipartimento di studi africani e afro americani (Afam) di UNC. Quindi c’era il grande college, c’erano i programmi sportivi più importanti (basket e football) e c’era l’accusa più grave (academic fraud), ma sono sempre mancati i protagonisti: non c’era infatti un solo nome di giocatore o coach nella prima e più importante Notice of Allegations dell’Ncaa, composta da 59 pagine di relazione e da 730 pagine di documenti allegati, arrivata a maggio del 2015 a Chapel Hill. E senza nomi sono state anche le due successive Noa arrivate nel 2016 e 2017.
Mai nominato Rashad McCants, campione nel 2005 e nove anni dopo autore di un’intervista choc all’Espn in cui distruggeva di fatto il ‘Carolina way’, e mai nominata anche sua sorella Rashanda, due F4 con le Tar Heels, che pure ha fatto causa, assieme all’ex giocatore di football Devon Ramsay, sia a UNC che all’Ncaa per la disgraziata educazione ricevuta. Un processo che un giudice federale, all’inizio della scorsa estate, ha spedito in una corte del North Carolina perchè non di competenza dell’Ncaa. Appunto.
C’era però la frode, quella sì, certificata e ammessa dalla stessa università che ha affidato a un team di legali guidato da Kenneth Wainstein, ex dirigente del Dipartimento di Giustizia americano, un’indagine indipendente da consegnare direttamente all’Ncaa. Che nel 2011 aveva iniziato a indagare per la prima volta senza però decidere nulla perchè non era riuscita a trovare prove che coinvolgessero direttamente atleti. Nel 2014, però, riapre il caso perchè il Wainstein Report è il racconto in 131 pagine di 18 anni di corsi fantasma, in grado di dare a chiunque li frequentasse ottimi voti, assegnati e firmati non da un docente ma da una segretaria del dipartimento. Un esempio? Un ‘saggio’ di 146 parole su Rosa Parks valutato con A-.
Chi ne ha approfittato? 3.100 studenti, “numero probabilmente calcolato in difetto” dice il Wainstein Report, di cui il 47.4% atleti compreso un numero di giocatori di basket sempre decrescente dall’arrivo di Roy Williams nel 2003. Dal 2008, infatti, all’Afam di studenti alti e grossi non se ne vedono più, mentre nel 2005 sono ben dieci i componenti della squadra campione Ncaa che frequentano quei corsi: “Non mi piaceva il fatto che avessimo così tanti ragazzi nello stesso corso di laurea, non pensavo avesse senso”, la (debole) spiegazione di Williams. Che però dal Wainstein Report esce tutto sommato pulito: “Lui e i tutti gli altri coach sapevano che quei corsi erano facili, nient’altro”.
E puliti coach e athletic directors di UNC ne escono anche dalla sentenza dell’Ncaa perchè non ha retto il ‘lack of institutional control’, una delle accuse più gravi contenute nella Noa: i dirigenti dei programmi sportivi non sono tenuti a controllare direttamente la qualità dei corsi. Dalle parti di Notre Dame qualcuno ha fatto notare che, l’anno scorso, per uno scandalino che ha coinvolto una decina di giocatori di football aiutati per due anni da uno student trainer a fare i compiti si sono visti cancellare due anni di vittorie (e preso una multa, e un anno sotto osservazione, ecc). In quel caso, sono stati puniti i cosiddetti “impermissible benefits” concessi agli atleti, un’altra delle accuse iniziali contro UNC che il Committee on Infractions ha poi fatto cadere. Sarebbe bastato che lo student trainer di Notre Dame avesse aiutato anche qualche studente normale e tutto sarebbe finito bene.
Perchè alla fine questo è il messaggio arrivato dalla sentenza su North Carolina da una associazione come l’Ncaa ormai chiaramente in difficoltà nel difendere e soprattutto controllare la gestione di campionati che muovono valanghe di milioni, ma che vengono giocati da studenti dilettanti. Un modello sportivo già messo pesantemente in discussione dalla recente inchiesta dell’FBI e che ora ha dimostrato di non avere neanche un organo giudicante in grado di decidere in tempi decenti su se stesso.