Altra settimana piena di big match che iniziano a dare forma a questa stagione. Braden Smith e JT Toppin iniziano la loro campagna per il NPOY, mentre a Kansas scoppia il caso Darryn Peterson. Ecco le pagelle di questa settimana.

Braden Smith – E’ il play che ogni allenatore sogna di poter avere in squadra almeno una volta nella vita. Fosforo puro portato in giro da un fisico assolutamente ordinario per gli standard del basket contemporaneo. Eppure quando serve una giocata decisiva lui ci mette quasi sempre lo zampino, che sia un recupero in difesa, un assist per un lungo o una tripla clutch. Viaggia a 18.3 punti di media (massimo in carriera) con 8 assist. Fenomeno.
Andrej Stojakovic – Meno male che era solo un tiratore. Sotto gli occhi di papà Peja, il transfer da California prende a testate la difesa di Texas Tech andando al ferro a suo piacimento. Si, David Mirkovic sta avendo un rendimento incredibile, Big Z si è dannato l’anima sotto canestro, ma 23 punti senza mai tirare una tripla con una stoppata decisiva in un finale tiratissimo danno ad Andrej la palma del miglior slavo di Illinois. Niente male.

JT Toppin – Texas Tech ha ben due giocatori nella top ten della classifica “Player of the year” di Kenpom. Uno è Christian Anderson e l’altro è proprio Toppin che sta confermando le grandi attese di pre campionato e sta giocando la sua miglior stagione in carriera mostrando movimenti dal post basso di grande classe, oltre a essere mortifero con la sua mano mancina. Il lungo al momento viaggia in doppia-doppia di media punti-rimbalzi (24.3 e 11.7) e se la squadra ha chances di fare strada al Torneo, è grazie a lui.
Mikel Brown – Non c’è una distanza da cui non senta di poter prendere un tiro, non c’è difesa che non gli appaia penetrabile, non c’è compagno che non ritenga degno di un assist. La stagione del freshman di Louisville al momento è tutta all’insegna della solidità e della personalità. Il che, per un giocatore al primo anno circondato da senior come Brown, la dice lunga sulla sua maturità. In velocità è uno spettacolo.

I freshmen di Houston – Di Kingston Flemings e Chris Cenac vi abbiamo già parlato. Il primo sembra silenziosamente essere già diventato il leader della squadra (nonostante abbia compagni come Emanuel Sharp e Milos Uzan), chiarissimo mvp delle ultime tre gare, compresa quella vinta in casa di Auburn. Una partita in cui il lungo Cenac ha messo in mostra il suo immenso repertorio (18 punti con 6/7 da 2, 2/3 da tre punti e 9 rimbalzi). E occhio che dopo un’estate passata a recuperare da un infortunio, si sta scaldando anche Isaiah Harwell, che ha mostrato lampi e fa progressi minuto dopo minuto.
Cameron Carr – Stavolta Baylor sembra aver pescato benissimo dal portal. Tanti giocatori dal mondo mid major, che non vogliono accentrare il gioco e che si dannano l’anima sui due lati del campo. A risolvere tutto c’è l’ala da Tennessee Cameron Carr che sta infiammando i canestri della Division I: 22 punti di media, una facilità nel battere l’avversario dal palleggio e una capacità al tiro, sia da tre che dal mid range, che al momento lo rendono immarcabile. Fisico longilineo, braccia lunghissime e dotato di due razzi al posto dei quadricipiti. Nome da segnare, anche in ottica Draft.

Jaron Pierre – O sono senior o sono freshmen. Ma se SMU è ancora imbattuta, tanto passa dalle capacità da scorer di Jaron Pierre. Arrivato al quarto college della sua carriera, il senior ha formato una coppia complementare ed elettrica con il play Boopie Miller, 12 assist contro Butler. Atletismo da primo della classe, primo passo fulminante, ma soprattutto la faccia tosta di prendersi i tiri importanti. I Mustangs stavano per buttare via una partita vinta, + 6 su Butler a un minuto dalla fine, ma nell’ultimo possesso in parità, Pierre prima si è preso una tripla da distanza siderale senza ritmo sbagliandola, ma dopo il rimbalzo preso dai suoi compagni, ha segnato il layup della vittoria, chiudendo con 18 punti da leader. Occhio anche al freshhmen turco Samet Yigitoglu, già decisivo.
Anthony Dell’Orso – Koa Peat ha una serata storta? Nessun problema, ci pensa il senior australiano a prendere in mano Arizona e portarla alla vittoria in quello che un tempo era il big match della Pac12 contro Ucla. Lloyd lo usa come guida dalla panchina che mette ordine nell’eventuale casino dei suoi freshman e contro i Bruins ha chiuso con 20 punti, compresa la tripla del sorpasso finale e i due liberi che hanno chiuso la gara

Michigan – Iniziano a spuntare quegli interrogativi che già in molti si erano fatti lungo l’estate. Due vittorie di misure contro la modesta Wake Forest – che ha buttato la partita decidendo di andare in area a tirare nelle fauci di Aday Mara – e contro una TCU che settimana scorsa ha preso due in pagella. La morale è che senza tiratori è complicato.
Connecticut – Vince ma non convince. Non sempre almeno. La partita contro BYU ha messo in mostra sia il potenziale della squadra (per molti seria candidata a un’altra Final Four), ma anche le debolezze di un roster che non ha veri leader tra le guardie ed è un po’ corto nel front court. Risultato: tutto deve filare molto liscio e Alex Karaban non deve mai steccare una gara perché la squadra possa davvero arrivare al titolo.

Darryn Peterson – Tiene banco il caso Peterson a Lawrence. Ne avevamo parlato nel podcast ma la situazione sembra essere più grave del previsto, sentendo le parole di coach Bill Self. I problemi al flessore potrebbero tenere fermo uno dei candidati alla scelta No.1 al Draft ma a Kansas non sembrano intenzionati a fare troppa chiarezza su diagnosi e tempistiche. La partita contro Duke sembra rischio e, come due anni fa, quando il caso Kevin McCullar tenne appesi i tifosi di Kansas per tre mesi, anche stavolta coach Self – alle prese con diversi problemi a livello di gioco – sembra aver scelto la via probabilmente finta del day by day.
Kentucky – Louisville li aveva tritati. La realtà è che i Cardinals hanno fatto e disfatto e Kentucky è rimasta lì, confusa, senza avere un piano partita lucido e concreto per battere i rivali. Soprattutto coach Mark Pope è apparso in confusione: quintetto iniziale senza playmaker, attacco raddrizzato quando in campo c’era Jaland Lowe e una rotazione che deve ancora trovare la sua giusta forma. Nonostante quello che diceva il ranking, al momento c’è una netta differenza tra le due squadre del Kentucky.

Marquette – Al momento dietro a Chase Ross c’è poco altro. La (sonora) sconfitta in campo neutro contro Indiana era stato un campanello d’allarme, ma quella subita in casa da una Maryland in fase di ristrutturazione (tutt’altro che una corazzata) lascia perplessi. Troppi isolamenti, ma soprattutto difesa poco aggressiva, al momento la peggiore da quando Shaka Smart siede in panchina, coach che fa proprio della difesa un marchio di fabbrica. I Golden Eagels sono attesi ad altre partite di non-conference molto toste (Dayton, Oklahoma, Wisconsin e Purdue) ma dovranno cambiare marcia.
Creighton – Tramortiti ad inizio secondo tempo con un parziale 32-7. I Bluejays hanno retto fino a che il tiro da tre punti li ha assistiti, poi troppe palle perse – 17 alla fine – e meccanismi ancora poco oliati per reggere il confronto con una Gonzaga che è partita bella pronta ai nastri di partenza. Owen Freeman è ancora limitato dal suo infortunio e non si è ancora capito chi tra Josh Dix e Blake Harper dovrà essere il creatore di gioco primario. Dalla panchina, Jasen Green ha provato a portare qualcosa in più caricando verso il canestro ma è sembrato un piano improvvisato. C’è tanto da potenziale da sbloccare.

Xavier e Texas A&M: il discorso è simile per entrambi. Nuovo coach, programma ambizioso, una valanga di transfer e sconfitte nette per riportare tutti con i piedi per terra. I Musketeers hanno preso in faccia due ventelli da Santa Clara e Iowa mostrando pochissima compattezza difensiva e zero verve in attacco. Quintetti piccoli e leggeri e tanto lavoro per coach Pitino. Dall’altra parte, Texas A&M patisce le proprie armi: surclassata a livello di ritmo da Oklahoma State che ha banchettato in transizione, mentre contro UCF era riuscita a piazzare un parziale mortifero di 14 punti ad inizio secondo tempo, salvo poi perdere di 12. Sciolti come neve al sole.

Aaron Bradshaw (Memphis) – Era una stella designata, ma a Kentucky non è andata troppo bene. Il lungo ci ha riprovato l’anno scorso a Ohio State, ma anche lì luci ed ombre. Così quest’anno è approdato alla corte di Penny Hardaway a Memphis, ma al momento è alla sua peggior stagione in carriera. Non mettiamo le cifre che sono impietose. Il punto è che totalmente impalpabile la sua presenza sul parquet. Nella sconfitta contro Mississippi Hardaway l’ha tenuto in campo 20 minuti, contro UNLV (altra sconfitta) è riuscito a tenerlo in campo solo 10 minuti (4 punti e 3 perse). Un disastro e l’inizio dei Tigers lo dimostra.


