Ci sono due giocatori italiani per la prima volta in finale nella March Madness 2019. Arriverà fino all’ultimo atto l’avventura di Davide Moretti con Texas Tech dopo che i Red Raiders hanno battuto Michigan State. Per vincere il titolo dovranno vedersela con la Virginia di Francesco Badocchi, che ha battuto Auburn in una partita tanto bella quanto emozionante.
Vediamo cosa è successo nelle due semifinali, giocate alla Us Bank Arena di Minneapolis davanti a oltre 72mila spettatori.
#1 Virginia – #5 Auburn 63-62
Virginia vince per la seconda volta una partita che aveva sostanzialmente perso, Auburn non sopravvive per la seconda volta a un fallo su un tiro da 3 a pochi decimi dalla sirena. Polemiche, rimpianti, vivisezione dei fotogrammi dell’ultimo possesso non cambiano la storia di un grande riscatto: da primo coach a perdere con una #1 contro una #16 alla finale del torneo, il viaggio da film di Tony Bennett è molto vicino a chiudersi con un happy ending davvero cinematografico. Dopo l’overtime raggiunto sulla sirena contro Purdue, i Cavaliers raddrizzano negli ultimi secondi anche la partita contro Auburn, con Kyle Guy che subisce fallo da Samir Doughty mentre tira la tripla della disperazione: 3/3 del junior di Indianapolis e così questa volta i Tigers non si salvano come era successo nel primo turno, quando Terrell Brown, guardia di New Mexico State, mandò due liberi su tre sul ferro.
Maledetto e difficile perdere così, da eccentrico ma gentile personaggio qual è coach Bruce Pearl ha solo chiesto che gli arbitri adottino sempre lo stesso metro, dalla prima all’ultima chiamata. Sarebbe bene che fischiassero anche le infrazioni base, come la chiara doppia commessa da Ty Jerome nei secondi finali, ma non c’è nel complesso nulla di rubato nella prima finale della storia raggiunta da Virginia.
Che vince al suo ritmo, con il suo gioco e con la sua difesa, contro una squadra che però le si appiccica addosso dal primo all’ultimo minuto. I Tigers son sempre li, rognosi, molesti, con una difesa a tutto campo perché a Pearl è venuta un’idea meravigliosa: battere Virginia con la sua arma migliore. E funziona perché De’Andre Hunter è un fantasma per 3/4 di partita, Kyle Guy non vede il canestro e il solo Ty Jerome tiene in vita i Cavaliers segnando 13 dei 28 punti della sua squadra nel primo tempo.
La difesa, quella sì, è sempre eccellente e le guardie di Auburn faticano molto più del solito, anche se non muoiono mai. A +10 con una tripla di Jerome, Virginia vede la finale vicina ma subito dopo la partita le sfugge di mano: Bryce Brown piazza tre triple una dietro l’altra in un parziale di 14-0 che sembra decisivo.
Così non è: bravura e freddezza di Kyle Guy, fortuna, errori arbitrali, destino, c’è un po’ di tutto in un finale da vera March Madness. Che manda la squadra più forte a giocarsi il titolo, ma non ci sono dubbi che Auburn sia stata la vera sorpresa, tosta e folle, del Torneo.
#3 Texas Tech – #2 Michigan State 61-51
Una battaglia in trincea annunciata e così è stata. Texas Tech guadagna la prima finalissima della sua storia imponendosi grazie alla sua solita difesa d’acciaio, con Michigan State tenuta a quota 51 punti (mai era andata sotto i 62 in stagione) col 31.9% al tiro. Le cifre accumulate da Cassius Winston riflettono bene l’efficacia della difesa dei texani. Il faro degli Spartans ha segnato 16 punti, ma con un non esaltante 4/16 dal campo (evidenti le sue difficoltà per tratti prolungati della ripresa) e i suoi palloni perduti (4) sono stati più numerosi dei suoi assist (2). Era successo solo un’altra volta quest’anno.
La vittoria dei Red Raiders è stata sotto il segno della coralità e della resilienza. Jarrett Culver ha fatto una fatica immane per quasi tutta la gara (il primo canestro dal campo è arrivato solo a 9 minuti dalla fine). Davide Moretti ha segnato due canestri che hanno aiutato Texas Tech a inaugurare la ripresa col piglio giusto ma, prima e dopo, non è riuscito a trovare ritmo in attacco. I due però hanno comunque portato il loro mattoncino nel finale: il Moro ha indotto Winston a un fallo offensivo cruciale a 2’17” dalla fine e Culver è salito in cattedra nel momento più importante del match, segnando la tripla del +7 a 58.2 secondi dalla fine.
La squadra di Lubbock ha costruito il proprio successo trovando altri protagonisti. Kyler Edwards e Brandone Francis hanno portato 15 preziosissimi punti dalla panchina: l’aggressività con la quale hanno attaccato il canestro nella ripresa è stata una svolta rispetto a certi timori mostrati dalla squadra nel primo tempo. Su tutti però svetta Matt Mooney, autore di una partita memorabile: 22 punti (8/16 dal campo, 2/2 ai liberi), alcuni canestri da salto sul divano e tanta continuità lungo tutta la gara. L’ex South Dakota, insomma, ha fatto da ancora di salvezza nei momenti più difficili e da motore in quelli migliori.
Al netto dei meriti evidenti di Texas Tech, Michigan State torna a casa con alcuni rimpianti. La squadra di coach Tom Izzo aveva iniziato bene, trovando alcuni tiri aperti nonostante la pressione avversaria (e con Winston bravo nel puntare il canestro in un paio di occasioni) ma, da metà primo tempo in poi, la fatica nel trovare il bandolo della matassa è stato sempre più evidente e gli Spartans non sono riusciti quasi mai a imporre i ritmi per loro più congeniali. Nemmeno l’assenza prolungata di Tariq Owens (out per quasi otto minuti nel cuore del secondo tempo) è bastata a MSU per approfittare della situazione: due canestri di Nick Ward avevano un po’ illuso in questo senso ma, alla fine, Texas Tech ha messo le mani sulla partita proprio mentre Owens e Culver non erano in campo.