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Final Four, la grande notte di Mooney e Guy

Autore: Raffaele Fante
Data: 7 Apr, 2019

Sarà una finale inedita quella che si giocherà lunedì notte. Vi abbiamo raccontato come Texas Tech e Virginia abbiano vinto, vediamo ora chi sono stati i protagonisti in positivo e negativo delle due partite.

Up

Kyle Guy: “I could lie and say I knew I was going to hit them, but I was terrified”. Qualsiasi cosa fosse, il mondo ha visto un tiratore di ghiaccio che ha segnato 3 liberi senza la minima esitazione. Senza dimenticare la tripla precedente. Giocatore che più clutch non si può.

Matt Mooney: produce la partita migliore della sua carriera sul palco più importante mai calcato. Con Culver e Moretti molto meno in palla del solito in attacco, è toccato a lui caricarsi i Red Raiders sulle spalle. 22 punti determinanti fra triple (sia sapienti che ignoranti) e giocate di pura classe in avvicinamento al ferro.

Ty Jerome: quando nessuno fa canestro nel primo tempo, tiene in piedi da solo Virginia. Poi finisce la benzina, sbaglia le ultime due triple e viene graziato dagli arbitri. Ma senza i suoi 21 punti, 9 rimbalzi e 6 assist, i Cavaliers la finale l’avrebbero vista dal divano.

Jarrett Culver: dopo una partita in cui tutti si chiedevano dove fosse finito, eccolo comparire con 7 dei 9 punti finali di Texas Tech, compresa una tripla fondamentale. Quasi all’ultimo, ma è arrivato anche lui.

Bryce Brown: 30’ senza segnare, vagando per il campo alla ricerca di un buco nella difesa di Virginia che non c’è. Poi, una, due, tre triple in fila da senior che a casa non vuole andare, da giocatore con due palle enormi.

Bruce Pearl: “This will be a memorable game, and I’d like it to be remembered for a great game. And let’s not remember this game because of just how it ended. Let’s handle defeat with class and dignity”. Sarà anche eccentrico e sopra le righe, ma solo i grandi coach sanno perdere così.

Brandone Francis e Kyler Edwards: portano 15 punti dalla panchina e, in una gara a basso punteggio vinta di 10, ciò fa tutta la differenza del mondo, specie se i back-up avversari mettono insieme solo 5 punti. Non si poteva chiedere loro di più in termini di aggressività o di efficienza (6/13 dal campo e zero perse in due). L’ennesimo esempio di come Texas Tech sia una squadra vera, dal primo all’ultimo uomo delle rotazioni.

72,711: è sempre bene ricordare il numero di spettatori davanti a cui giocano questi ventenni. Non siamo al record di 79.238 (AT&T Stadium di Arlington, finale UConn-Kentucky del 2014) ma insomma, non sono arrivati in pochi all’US Bank Stadium di Minneapolis.

 

Down

Samir Doughty: il miglior realizzatore a sorpresa dei Tigers la combina grossissima. Il fallo su Kyle Guy c’è e se lo ricorderà per sempre.

L’attacco di Michigan State: 10 punti con un solo canestro dal campo negli ultimi 8 minuti della gara, sbagliando anche quel che di solito non sbaglia (la tripla del potenziale pareggio di McQuaid, per esempio). Texas Tech è stata encomiabile, ma gli Spartans ci hanno messo del loro.

De’Andre Hunter: 8 punti negli 8 minuti iniziali del secondo tempo, l’unico momento in cui giustifica la sua presenza in tutti i mock. Troppe pause per un giocatore che dovrebbe essere star, ma non lo è ancora.

Xavier Tillman: la sua partita non è stata peggiore di quella di compagni come Goins o Ward ma risalta in negativo per una giocata determinante (suo malgrado) nel finale, con Odiase che gli strappa la palla di mano (le classiche caramelle rubate al bambino), dando il ‘la’ al possesso che porterà alla tripla clutch di Culver a 58” dalla fine.

Jared Harper: il folletto imprendibile del Torneo per la prima volta ha un difensore più piccolo di lui e lo soffre più del previsto. Ha l’83% in stagione come Kyle Guy, ma la sua mano trema e l’1/2 finale ai liberi pesa tantissimo.

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