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L’anno d’oro delle ragazze di SC

Autore: Isabella Agostinelli
Data: 10 Mag, 2017

Per una regina che abdica, ce n’è sempre un’altra che sale al trono. E così, per una UConn che si ferma a un passo dalla quinta finale consecutiva contro Mississippi State, a festeggiare in questa edizione 2016/2017 è stata South Carolina che si presentava per la prima volta alle Finals e che nel suo cammino aveva incrociato la strada della rivelazione del torneo, Quinnipiac. Vediamo cosa è successo nella March Madness femminile.

La regina per la prima volta

Nessun dubbio sulla forza della squadra di coach Dawn Staley, visto che si era aggiudicata per la terza volta consecutiva il titolo della SEC dopo aver battuto Kentucky in semifinale e Mississippi State in finale, grazie a delle vere e proprie stelle del calibro di A’ja Wilson (incoronata MVP), Allisha Gray e Kaela Davis (scelte alla 4 e alla 10 nel draft WNBA). Ma con UConn ancora in circolazione e con l’infortunio di Alaina Coates (la più forte, scelta con il n.2 al draft) era difficile anche solo immaginare di vincere.

 

E invece, le Gamecocks hanno raggiunto le Finals dopo aver superato Quinnipiac nelle Sweet Sixteen, Florida State in un match equilibratissimo nelle Elite Eight (nel quale South Carolina ha trovato in Kaela Davis – figlia della star NBA Antonio Davis – una vera e propria leader) per poi superare Stanford in una partita che ha visto sfidarsi due generazioni di allenatrici: la coach delle Cardinals, Tara VanDerveer, è un mostro sacro del college basketball femminile da 1000 vittorie ed è stata l’allenatrice di Staley ai tempi della nazionale statunitense quando vinsero insieme l’oro all’olimpiade di Atlanta nel 1996. La vittoria della Gamecocks per 62 a 53 è stata quindi una sorta di passaggio di consegne dalla maestra all’allieva al suo primo successo dopo aver perso le cinque partite precedenti contro VanDerveer.

Tara VanDerveer riceve una maglietta speciale per le 1000 vittorie raggiunte a febbraio.

A contendersi il titolo 2016/2017 sono così state South Carolina e Mississippi State, con le Bulldogs reduci dall’incredibile vittoria contro UConn. Ma l’entusiasmo non è bastato contro la forza di A’ja Wilson: l’ala di South Carolina si è letteralmente presa sulle spalle le proprie compagne e con una calma da vera veterana, quando la partita si è complicata con le Bulldogs che si sono riportate sotto a -4, è stata lei l’autrice di tutte le giocate decisive. Una stoppata su Jazzmun Holme vicina al -2 per poi concludere in contropiede un’azione personale, un’altra stoppata e poi sei punti consecutivi che hanno decretato la vittoria finale per 67 a 55. Ed ecco che la junior nata e cresciuta nella South Carolina ha realizzato il sogno del padre, che nel 1968 non riuscì neanche a studiare nell’ateneo con sede a Columbia visto che gli afro-americani non erano esattamente i benvenuti. Altri tempi, e ugualmente d’altri tempi è stata la tattica che ha portato alla vittoria le ragazze di coach Staley, diventate campioni Ncaa senza segnare neppure un canestro dalla lunga distanza: 3 i tiri da 3 tentati in finale, zero quelli realizzati. A far la differenza sono stati quindi i punti segnati in area, 42 contro 20. E i 23+10 di A’ja wilson.

 

Quinnipiac, la sorpresa ‘italiana’

E’ stato un torneo pieno di sorprese e una di queste è stata senz’altro Quinnipiac, la vera e propria Cenerentola della March Madness 2017. Fino a poche settimane prima, la maggior parte dei giornalisti non sapevano neppure pronunciare il nome di questo college situato ad Hamden, Connecticut. Poi ha battuto Marquette e Miami nei primi due round del torneo, diventando la quarta squadra nell’intera storia del torneo femminile a centrare le Sweet 16 partendo con la n.12 e sconfiggendo  due squadre di ranking superiore. A quel punto, l’intero Paese ha capito che la giusta pronuncia è “KWIHN’-ih-pee-ak e non kwihn-uh-PEE’-ak”, come ha voluto sottolineare coach Tricia Fabbri subito dopo la vittoria contro Miami. “The more we keep winning, the easier it will be to say”, ha detto la grande artefice dei successi delle Bobcats dalle chiare origini italiane, così come le due guardie titolari: Carly Fabbri, cioè sua figlia, e Adily Martucci.

Tricia e Carly Fabbri

Anche se negli anni passati Quinnipiac si era tolta qualche soddisfazione raggiungendo tre volte il torneo Ncaa, quest’anno l’obiettivo dichiarato era proprio quello delle Sweet 16, una scalata che inizialmente poteva sembrare quasi titanica, ma che è invece andata consolidandosi partita dopo partita. Già al primo turno, era chiaramente sfavorita contro Marquette reduce da otto vittorie consecutive con 80 punti di media a partita: quando il tabellone ha segnato il +19 per le Bobcats, qualcuno non credeva ai propri occhi. Il ritorno delle Golden Eagles si è fermato sul -3 grazie a una provvidenziale stoppata proprio di Adily Martucci. Che dovesse essere Quinnipiac a vincere l’ha deciso poi anche la “Dea Bendata del Basket” che ha fatto uscire la palla del possibile pareggio dopo averla fatta rimbalzare varie volte sul ferro.

Ancora più sorprendente è stata la vittoria su Miami, n. 4 del ranking arrivato grazie a una grande prova di squadra: 7 giocatrici delle 8 entrate in campo hanno realizzato 8 o più punti, con una menzione speciale per la senior Morgan Manz che ha toccato quota 22 a suon di triple (6/8).  Miami ha provato a rientrare e ha letteralmente dominato la seconda metà della partita ma non è bastato contro l’attacco delle ragazze di Fabbri che ha tirato con il 57.7%.

A mettere fine ai sogni delle Cenerentola del Connecticut è stata, come detto, la futura vincitrice del torneo, South Carolina. Così, dopo 29 vittorie e una storica Sweet 16, Quinnipiac ha dovuto alzare bandiera bianca contro una squadra che ha saputo dominarla dall’inizio alla fine: le Gamecocks si sono portate sul 16-0 dopo che le Bobcats hanno sbagliato tutti i primi 10 tiri. South Carolina non ha regalato davvero nulla alle avversarie con Kaela Davis che ha continuato a segnare da ogni parte del campo – per la felicità di papà Antonio – fino a toccare quota 28. Pesantissimo il risultato finale (100-58), ma ora tutti sanno pronunciare correttamente Quinnipiac che è finita nella mappa del college basketball che conta.

Le migliori della March Madness

Ma chi sono state le vere protagoniste di questa stagione? Oltre ad A’ja Wilson di South Carolina che solo a causa dell’età non ha potuto ambire a un posto in WNBA (bisogna avere 22 anni per essere eleggibili al draft) e si è dovuta “accontentare” del premio come MVP delle Final Four, non possiamo non menzionare Sabrina Ionescu di Oregon che quest’anno si è aggiudicata il titolo di “freshman of the Year”: niente male per la giovane guardia californiana che al debutto ha messo insieme una media di 14.3 punti, 6.6 rimbalzi e 5.5 assist. Last but not least, naturalmente, il numero uno della All-American Team e prima scelta del draft, Kelsey Plum di Washington che il prossimo anno vestirà la casacca delle San Antonio Stars dopo aver segnato 57 punti nella partita della sua Senior Night toccando così la quota record di 3.397 punti nella sua carriera collegiale.

 

Piccola menzione infine per le europee, iniziando dal trio spagnolo di Florida State: Maria Conde, Leticia Romero e Iho Lopez. Se Conde e Lopez torneranno anche la prossima stagione a difendere le Elite Eight raggiunte quest’anno dalle Seminoles, per la capitana Romero si trattava dell’ultima stagione in Florida. Il prossimo anno la star spagnola vestirà la maglia delle Connecticut Sun in WNBA: anche per lei il sogno a stelle e strisce continua.

Tre italiane protagoniste

E le italiane? Elisa Penna, al suo secondo anno in America, è stata protagonista di una buonissima stagione con Wake Forest con 12 punti di media a partita tanto da essere nominata “la miglior italiana all’estero” da www.eurobasket.com .

Elisa Penna (Wake Forest)

Elisa Penna (Wake Forest)

Con lei, al secondo posto, la bolognese Allegra Botteghi diventata ormai un punto fermo delle Providence Friars tanto da essere salita in doppia cifra in ben 13 partite. Chiude il trio delle meraviglie tricolori, Antonia Peresson, in forza a Georgia Tech assieme all’altra azzurra Francesca Pan (nominata quest’anno come miglior matricola nella ACC): la squadra di Atlanta quest’anno è arrivata a giocarsi le finali del NIT uscendo però sconfitta contro Michigan per 89 a 79; una serata da ricordare però per Antonia che nella seconda metà della gara ha messo insieme due triple consecutive che hanno fatto sognare un po’ le Yellow Jackets sul punteggio di 50 a 45.

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