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La nuova Duke, fenomeni senza ruolo

Autore: Giovanni Bocciero
Data: 5 Set, 2018

Tre vittorie devastanti con uno scarto medio di 33 punti. Basta questo per capire quanto sia stato semplice il tour canadese di Duke, che non ha minimamente risentito dell’assenza di atleti come Cam Reddish (inguine), Tre Jones (anca) e Alex O’Connell (frattura orbitale), quest’ultimo in campo giusto i primi minuti della gara d’esordio contro Ryerson.

Mentre Kentucky alle Bahamas ha trovato qualche avversaria decente, le università di Ryerson, Toronto e McGill sono state tre sparring partner modeste per i nuovi Blue Devils che hanno messo in mostra parte del talento cristallino di cui dispongono. C’è ancora molto da fare ovviamente per coach K, ma vediamo 5 indicazioni arrivate dal Canada sulla nuova Duke.

Freshman superstar

R.J. Barrett e Zion Williamson hanno monopolizzato le prestazioni dei Blue Devils. Il loro impatto è stato più incisivo di quello che ci si aspettasse, causa anche l’assenza degli altri giovani talenti. Williamson si è messo in luce per gli highlights, ma ha dimostrato che può essere anche qualcosa di più. Ha un buon tocco e una visione insospettabile che avrà modo e tempo di far vedere ancor meglio durante la stagione.

 

Barrett invece si è da subito distinto come vero leader della squadra, certificato da un body language che lo ha visto incitare, supportare, festeggiare i compagni. Emblematico in questa azione in cui, dopo aver segnato, chiama Williamson a salire per far scattare il raddoppio

 

Nè play nè pivot

Siamo stati profetici in questo senso. Nelle tre gare disputate in Canada, coach Mike Krzyzewski ha adottato un gioco che si può definire “positionless”, ovvero senza ruoli. Che i Blue Devils avrebbero giocato molto in questa stagione con lo small-ball era chiaro, adesso a maggior ragione visto il modesto utilizzo sia di Marques Bolden che del suo back-up naturale Antonio Vrankovic. cioè i due lunghi a disposizione di coach K. E così anche Javin DeLaurier e Jack White si sono disimpegnati da centro pur non essendo tali, giocando insieme e scambiandosi azione dopo azione, soprattutto nella difesa a zona 2-3.

Per quel che riguarda il ruolo del regista, avrà pesato sicuramente l’assenza di Jones, così come quella di Reddish che è il prototipo della point-forward. Questo ha fatto sì che Barrett fosse investito di tale responsabilità con Jordan Goldwire in uscita dalla panchina. E ciò fa capire quanta stima abbia in lui il coach.

Attacco a tre opzioni

La principale conseguenza del non avere un play di ruolo è stata quella di un attacco che ha visto la palla in mano a Barrett o a Williamson. I due hanno messo in mostra tutte le loro qualità, realizzando 181 punti dei 285 di squadra (il 64%). Entrambi hanno cercato di coinvolgere i compagni, provando a far toccare il pallone a tutti, ma non c’è stato nessuno che si sia distinto davvero come credibile terza opzione offensiva. Inoltre Barrett in versione play ha permesso a coach K di apprezzarne la calma con la quale ha fatto girare l’attacco della squadra, senza scomporsi mai più di tanto in un ruolo inedito per lui. Vediamo per esempio questo pick and roll con il quale ha mandato a segnare DeLaurier senza farsi prendere dalla frenesia, nonostante i pochi secondi allo scadere

 

Difesa ballerina

Non ingannino le schiaccianti vittorie, Duke in difesa è ancora tutta da costruire. In questi scrimmage sono bastati l’intensità e la fisicità per avere la meglio degli avversari. Qualche campanello d’allarme è arrivato soprattutto per la voglia di difendere che non sempre c’è stata, e non solo a punteggio ormai acquisito. I ragazzi di coach K hanno alternato diverse difese, dalla zone-press 1-3-1 con Barrett in punta alla zona 2-3 (che  speriamo di non vedere per 40 minuti come l’anno scorso) ad una normale uomo con cambi sui blocchi. La voglia è determinante, perché qui possiamo vedere come Williamson si faccia battere agevolmente per un canestro a centro area con i compagni che non scalano di marcatura. Area completamente scoperta come successo anche contro McGill

 

In quest’altra azione invece, Goldwire si fa battere sperando nell’aiuto a centro area, dando il via a una rotazione che per due volte vede i Blue Devils lasciare liberi gli angoli (senza che gli avversari ne approfittino), perdere la posizione a rimbalzo e lasciare aperta l’area per una facile schiacciata

 

Lo scudiero perfetto

Ok i fenomeni, ma una squadra per essere definita tale ha bisogno anche di quei giocatori che in silenzio portano il proprio mattone. Uno di questi può essere senz’altro l’australiano Jack White, che non avrà i mezzi atletici di DeLaurier ma può risultare più efficace del compagno di reparto. In un attacco che in queste tre partite ha tirato con il 27% dall’arco, può far comodo un giocatore piazzato in angolo e pronto a colpire con percentuali discrete. Ma l’ala proprio perché non è baciato da un talento sopraffino si fa apprezzare ancor di più in difesa, dove è un osso duro pronto a dar fastidio ad ogni possesso.

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