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Addio One-and-Done: come cambia l’NCAA

Autore: Giulio Scopacasa
Data: 26 Set, 2022

C’è un cambiamento significativo – e atteso da tempo – all’orizzonte. Secondo quanto riportato alcuni giorni fa, nella negoziazione per il nuovo contratto collettivo tra NBA e associazione dei giocatori verrà incluso l’abbassamento da 19 a 18 anni dell’età minima per giocare nella lega. Il cambio di regolamento eliminerebbe, a tutti gli effetti, il fenomeno One-and-Done, permettendo nuovamente ai prospetti di passare direttamente dall’high school alle franchigie.

La novità s’inserisce in un generale cambio di scenario già in atto nel college basketball, viste le regole sui transfer introdotte l’anno scorso, la possibilità dei giocatori di guadagnare dalla propria immagine e il rimescolamento delle major conference. Sarà – e in parte già è – una NCAA completamente diversa rispetto a quella a cui ci eravamo abituati nell’ultimo ventennio e che dovrà mettersi in discussione per sfruttare i nuovi scenari come opportunità.

Un primo ed evidente effetto sul basket collegiale è la perdita di talento rispetto agli ultimi anni. I principali prospetti, sicuri di una scelta in lotteria al Draft, compiranno il grande salto senza iscriversi al college. In termini di star power, individualità e attenzione mediatica dal piano superiore, per gli atenei è una sconfitta. Negli ultimi dieci Draft, sono stati 55 i giocatori One-and-Done scelti in lotteria.

Paolo Banchero col commissioner Adam Silver nella notte del Draft 2022. Banchero è l’ultimo di una lunga lista di one-and-done usciti da Duke.

Con meno talento tra i freshmen, l’attenzione dei college dovrebbe spostarsi sulla programmazione a lungo termine. In mancanza di meteore alla Zion Williamson, una maggiore costanza nella competitività potrebbe giovare all’ambiente. Negli ultimi anni buona parte dei programmi di alto livello puntava a costruire il roster su base annuale, accaparrandosi qualche matricola 5-star e i migliori transfer a disposizione. Dal 2024 sarà possibile solo nel secondo dei due casi appena descritti. Il mercato dei transfer già inizia ad assomigliare a una free agency e ha assunto nelle ultime due offseason un ruolo centrale. Può però bastare a soddisfare le esigenze dei programmi d’élite? Forse no. Ed è per questo che il recruiting probabilmente assumerà un nuovo ruolo e gli scout avranno l’obiettivo di giocarsi i migliori prospetti intenzionati a rimanere tanti anni a scuola. Questo potrebbe incrementare il fenomeno dei late risers. Senza arrembanti freshmen di puro talento ogni anno, la gerarchia tra le classi potrebbe ristabilirsi leggermente, con diversi giocatori in grado di aumentare il proprio minutaggio e le proprie prestazioni anche negli ultimi anni di carriera grazie allo spazio a disposizione.

Cambiano quindi anche le dinamiche per i giocatori stessi. Con la maggior parte dei prospetti che potranno salire direttamente in NBA, altri prenderanno una decisione opposta, rimanendo in NCAA a spartirsi la parte più grande della torta dei diritti NIL. Aumentano anche le preoccupazioni per Overtime Elite e il Team Ignite della G League, a questo punto di poco rilievo nel panorama della preparazione all’NBA. Grande attenzione al 2024 su questo tema, in quanto potrebbe avvenire il cosiddetto “double draft”, forte sia degli ultimi one and done a disposizione, sia dei primi giocatori NBA in uscita dall’high school.

Il college basketball torna ad essere un campionato di preparazione al professionismo vero e proprio. Mentre negli ultimi anni era passato spesso per un passaggio dovuto o affrontato come uno showcase, con la nuova-vecchia regola le cose potrebbero cambiare radicalmente. Nonostante un minor talento, gli atenei sono pronti a investire nel sistema più che nel singolo prodotto talentuoso.

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