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Da Texas Tech a Lsu, i campioni delle power

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 10 Mar, 2019

L’ultimo sabato ha deciso l’assegnazione di diversi titoli di regular season nelle high-major conference. Vediamo com’è andata.

 

Texas Tech e Kansas State si dividono la Big 12

C’è un grosso pezzo d’Italia nel primo, storico titolo di Texas Tech nella Big 12. I Red Raiders sono riusciti a portare a casa una partita complicata sul parquet di Iowa State (80-73), con Jarrett Culver (31 punti) e Davide Moretti (20) principali protagonisti dell’incontro.

Culver è stato sensazionale e non poteva davvero scegliere giornata migliore per mettere a segno il suo career-high. Assolutamente implacabile in fase realizzativa (8/11 da due, 4/8 da tre, 3/3 ai liberi), puntando il canestro con eleganza e determinazione, trovando ritmo dall’arco sia a difesa schierata che in transizione. Iowa State non ha mai trovato risposte.

Abbiamo però detto e ripetuto che Texas Tech non va da nessuna parte col solo Culver, ed ecco infatti i tanti contributi degli altri, dalla versatilità di Matt Mooney ai rimbalzi di Tariq Owens fino a un paio di triple importantissime di Brandone Francis.

E poi c’è Moretti che ha messo in ghiaccio la partita a cronometro fermo e fatto registrare il suo terzo ventello stagionale (6/12 dal campo, 4/4 ai liberi). La sua fiducia in campo è ormai totale e i suoi due modi preferiti col quale punisce le difese – dalla linea dei tre punti e da quella della carità – stanno facendo girare qualche testa fra i principali cronisti americani. 22/33 dall’arco nelle ultime 7 partite, un solo libero sbagliato su 39 tirati nelle ultime 10 gare. Una macchina.

 

Texas Tech giocherà però il torneo di conference col seed numero 2, visto che a dividere con loro il titolo di regular season c’è Kansas State. I Wildcats non hanno fallito davanti al proprio pubblico, superando una pur sempre pericolosa Oklahoma per 68-53 in una partita assolutamente dominata da metà primo tempo in poi grazie a – indovinate un po’ – una difesa asfissiante. Questa K-State può andare lontano, ancora una volta.

 

Purdue e Michigan State, una corona per due

Pari e patta anche nella Big Ten, con Purdue che non ha fatto nient’altro che il proprio dovere contro la debole Northwestern (70-57) mentre Michigan State si è aggiudicata il rivalry game con Michigan (75-63) facendo la partita nella ripresa dominando su entrambi i lati del campo.

La difesa degli Spartans ha fatto la differenza nel secondo tempo, imbrigliando completamente degli avversari che fin lì erano stati molto efficienti grazie a un avvio a spron battuto. Nella metà campo offensiva, è stato innanzitutto Cassius Winston (23 punti, 7 assist) a suonare la carica. Sparacchiatore in grosso affanno fino all’intervallo, la PG di Michigan State è come risorto nella ripresa mentre la retroguardia degli ospiti, inaspettatamente, implodeva – e su questo, John Beilein e soci avranno di che riflettere.

In telecronaca, Dan Dakich si è spellato le mani davanti a Xavier Tillman ed è difficile dargli torto. Il sophomore ha messo in piedi una prestazione totale e di grandissimo impatto raccontata abbastanza bene dalle sue cifre: 17 punti (4/5 da due, 9/12 ai liberi), 6 rimbalzi, 5 stoppate, 2 recuperi. Per Michigan, va salvato almeno Ignas Brazdeikis coi suoi 20 punti segnati in appena 22 minuti di gioco (uscito per un quinto fallo sul quale si poteva soprassedere, a 5:10 dal termine).

 

La Tobacco Road è sempre di North Carolina

No Zion, no party. Duke è sempre senza Williamson (ma Coach K si aspetta di riaverlo per il torneo di conference) e ne paga nuovamente le conseguenze contro gli acerrimi rivali di North Carolina (79-70). Esito identico rispetto alla prima sfida fra le due ma con una trama diversa. Qui abbiamo avuto una gara molto equilibrata per lunghi tratti, piena di botta e risposta, e nella quale UNC è riuscita a prevalere mostrando maggior pericolosità dall’arco (12/31), contrariamente al match giocato a Durham nel quale aveva dominato banchettando in area.

Fra i vari protagonisti, Coby White merita chiaramente di essere menzionato. 21 punti di cui 14 nella ripresa, conditi da 3 assist e altrettante stoppate, il freshman dei Tar Heels è in un periodo di forma eccellente e fa brillare gli occhi con la sua capacità di frustrare le difese con le sue triple dal palleggio (4/10 ieri, 17/37 nelle ultime quattro gare).

A Duke va riconosciuto il merito di non aver mollato mai, nemmeno dopo esser scivolata sul -15 a 6:47 dalla fine. C’è però da sottolineare come RJ Barrett (26 punti) e Cam Reddish (23) abbiano preso 50 dei 73 tiri dal campo dei Blue Devils segnandone in tutto 16. Troppo poco in una squadra il cui contorno ai due è risultato tanto corto quanto insufficiente.

 

North Carolina vince dunque il titolo di regular season, ma si presenterà al torneo della ACC con la testa di serie numero 2, visto che ad aggiudicarsi il tie-break sono i co-campioni di Virginia. I Cavaliers hanno agguantato il back-to-back nella conference battendo Louisville per 73-68 in una giornata in cui Ty Jerome è stata la stella più brillante. Sempre più in odore di passaggio al professionismo, il junior di UVA ha messo insieme 24 punti (8/14 dal campo, 5/7 ai liberi), 4 rimbalzi, 6 assist e 2 recuperi, risultando come vera epitome di una squadra che, come da tradizione nelle formazioni di Tony Bennett, è quadratissima e fredda nel gestire i momenti delicati.

 

LSU e una gioia che non durerà molto

Parliamo finalmente di una conference dove c’è un solo campione: peccato però che questo titolo rischia seriamente di essere portato via da vicende extra sportive. LSU ha capitalizzato perfettamente la sconfitta di Tennessee in casa di Auburn regolando la debolissima Vanderbilt con un sonoro 80-59 e diventando a sorpresa la regina della Sec, davanti ai Vols e a Kentucky.

Il sorpasso in dirittura d’arrivo dei Tigers potrebbe però finire per essere messo tra parentesi sugli annali, visto che le intercettazioni della conversazione fra coach Will Wade e Christian Dawkins porteranno prima o poi a delle sanzioni in ambito sportivo. Wade è stato sospeso nel frattempo e dunque non era presente sulla panchina di LSU in quest’ultima partita, né lo sarà durante il proseguimento della stagione. La situazione è davvero pesante ed è difficile prevedere come la squadra si comporterà in questa March Madness. Ma intanto sono arrivati dove nessuno pensava potessero essere.

 

Big East, la terra dell’autocannibalismo

Per il titolo, qui, ci siamo rifatti ad Adam Zagoria e al modo in cui ha sintetizzato per Forbes lo stato di (scarsa) salute della conference. La Big East sta divorando sé stessa tramite un gruppo nutrito di squadre alle spalle di Villanova e Marquette in cui, a forza di alti e bassi, nessuna è riuscita a emergere completamente e mettere insieme un curriculum che possa fare davvero bella figura in sede di Selection Sunday.

Il problema, però, è che anche la testa della conference non gode di grandissima forma. L’ultima giornata di stagione regolare ha visto Nova vincere il titolo in solitaria fra una sua sconfitta in casa di Seton Hall e un’altra – ancor più brutta, se possibile – di Marquette contro Georgetown.

L’equilibrio sarà pure divertente ma qui c’è poco da stare allegri. I segnali positivi mandati da Villanova a gennaio si sono dimostrati effimeri – o meglio, non appieno traducibili in progressi veri e propri, almeno non in questa stagione. Marquette non ha seguito la curva di miglioramento della prima parte dell’annata ed anzi sta regredendo. Infine, a condire il tutto, c’è una St. John’s che non è mai stata all’altezza delle promesse (troppo alte, col senno di poi) d’inizio anno.

Se anche una sola di queste formazioni raggiungerà le Sweet 16, sarà un successo enorme.

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