Abbiamo seguito attentamente i grandi eventi legati ai freshman pronti a sbarcare in Ncaa, come il McDonald’s All-American, il Nike Hoop Summit ed il Jordan Classic. Abbiamo anche scritto di quei giocatori che più di altri ci hanno impressionato in queste kermesse, confermando quanto di buono si diceva su di loro o addirittura stupendoci. Ma ci sono stati degli atleti che invece non hanno convinto del tutto. Vediamo chi sono.
Il playmaker Trevon Duval ha da pochissimo deciso di giocare per Duke. Quando lo si guarda, la prima cosa che colpisce è il suo fisico muscoloso, con spalle larghe e gambe esplosive che lo rendono un giocatore estremamente dinamico. Poi c’è tutto l’aspetto emotivo perché, oltre al talento naturale, Duval sembra essere un leader nato che non ha paura di prendersi responsabilità e ingaggiare sfide. Tecnicamente è un ottimo attaccante sia in campo aperto che nel pick and roll, dove mette in risalto le sue abilità da passatore. Grazie ad un primo passo molto rapido può arrivare facilmente al ferro e in virtù dell’atletismo quasi debordante concludere con una schiacciata prepotente.
L’aspetto negativo che si è manifestato in maniera piuttosto lampante è la scarsa capacità di decision-making. A causa di letture non proprio ottimali, causate soprattutto da forzature nei passaggi, arrivano tante palle perse che possono essere di gran lunga limitate. Un altro aspetto sul quale dovrà lavorare tantissimo sarà la consistenza nel tiro da lontano e va rivista innanzitutto la meccanica di tiro. In difesa non sembra dare il meglio di sé sempre, perché quando invece s’impegna riesce a diventare un fattore. E la differenza si vede subito con recuperi che producono in molte occasioni facili punti in contropiede.
L’ala P.J. Washington tra i vari giocatori sotto la lente d’ingrandimento è quello che forse più di tutti si è nascosto. Statistiche alla mano ha fatto il suo degno lavoro, ma per l’hype che si porta dietro, ci si aspettava decisamente di più. Il prossimo allievo di John Calipari a Kentucky è piuttosto versatile e questo gli permette di essere offensivamente pericoloso in qualsiasi maniera. Anche dall’arco, dove può e deve migliorare ancora se vuol fare carriera tra i pro. È un grande combattete, e lo si vede nelle battaglie a rimbalzo dalle quali esce spesso e volentieri vincitore. Infine possiede una buona tecnica sia nel palleggio, spesso infatti costruisce l’azione, che nel tiro.
Il suo più grande difetto è l’essere senza un vero ruolo, un classico tweener che per giocare da 4 non ha i centimetri necessari mentre per lo spot 3 è fisicamente grosso e non possiede quella rapidità necessaria per fare l’esterno. Insomma si trova in quel limbo che praticamente ogni anno vede diversi giocatori di Division I coinvolti. Da questa analisi si evidenziano i suoi maggiori punti deboli, che ne fanno un giocatore undersize e che non può essere considerato un tiratore di striscia. E proprio a causa del suo fisico possente, quando si trova a giocare in 1-vs-1 lontano da canestro e con un avversario più piccolo e veloce non riesce a rendersi efficace.
Rimaniamo al campus di Lexington e analizziamo il pivot giamaicano Nick Richards. La prossima classe di freshman, come più volte scritto, vede tanti lunghi molto interessanti. Richards è uno di questi in virtù della sua stazza e della grande mobilità che ne fanno un prospetto da non sottovalutare. Agile, scattante, atletico, corre bene il campo e ha degli istinti naturali che lo rendono un difensore d’area davvero niente male. Ovviamente queste qualità si traducono anche a rimbalzo, dove ha dimostrato di poter saltare sopra la testa di chiunque.
Arriviamo però alla parte rivedibile del suo gioco, e allora non possiamo che parlare dell’attacco. Purtroppo il futuro lungo di Kentucky è totalmente inefficace nella metà campo offensiva, dove riesce a realizzare solo su rimbalzo offensivo o in catch-lob. Da questo punto di vista gli manca la giusta versatilità per mettere davvero in difficoltà gli avversari. Lacuna che è causata dal fatto che non si trova per nulla a suo agio quando è costretto a mettere palla a terra, e soprattutto giocare spalle a canestro.