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South nel caos coi tonfi di Arizona e Virginia

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 17 Mar, 2023

I due grandi terremoti della prima giornata di March Madness 2023 arrivano entrambi dalla South col crollo inopinato di Arizona contro Princeton e la giocata clutch al contrario di Kihei Clark per Virginia contro Furman. Ecco cos’è successo nelle 6 gare disputate in questa Region.

 

#15 PRINCETON 59
#2 ARIZONA 55

Un primo tempo sonnecchiante (31-30 e per poco non c’era il sorpasso Princeton sulla sirena) ma poi un +9 in apertura di ripresa con un canestro di muscoli e chili di Oumar Ballo (13 punti, 12 rimbalzi) e anche il +10 con 12:15 sul cronometro di Azuolas Tubelis (22 punti, 5 rimbalzi, 4 recuperi) servito in pick and roll da Pelle Larsson: insomma Arizona non stava andando benissimo, ma non sembrava nemmeno in pericolo.

Tutto è cambiato negli ultimi 8 minuti: le indecisioni difensive di Zona dinanzi al metodico attacco Tigers e l’approccio confuso – se non proprio abulico – a una difesa serratissima e disciplinata (nessun canestro segnato negli ultimi 4:43 per la banda di Tommy Lloyd) hanno infine fatto la differenza in favore dei secchioni del New Jersey. Tosan Evbuomwan, vivace soprattutto nel primo tempo (15 punti, 7 rimbalzi, 4 assist alla fine) è l’unico in doppia cifra realizzativa per una Princeton in cui davvero tutti i giocatori in rotazione hanno dato un contributo tangibile in crunch time e reso orgoglioso coach Mitch Henderson, protagonista da giocatore nel mitico upset su UCLA nel 1996 e ora in panchina a godersi il terzo upset 2-vs-15 consecutivo osservato alla March Madness (eh sì, la pallacanestro collegiale è cambiata parecchio).

I vincitori del torneo della Pac-12 tornano così subito a casa ed è difficile trovare una sola ragione. Kerr Kriisa, forse ancora non al 100% con quella spalla e protagonista di una serataccia (1/7 al tiro e 4 perse a fronte di soli 2 assist) ha parlato nel post partita di come la squadra fosse assolutamente esausta. E lo si è visto. C’è chi imputa questa fatica alle rotazioni corte di Arizona, ma d’altro canto anche Princeton ruota sette giocatori (pur giocando un basket meno dispendioso nell’arco della stagione, va detto). Lo stesso coach Lloyd non ha una risposta certa per questo quesito. L’unica cosa sicura è che i Wildcats chiudono in modo amaro un’annata davvero bizzarra, etichettabile sia al di sopra che al di sotto delle aspettative: stagione da top team e un trofeo in bacheca dopo aver perso giocatori importanti, ma anche diverse sconfitte strane e occasioni perse da mangiarsi le mani.

 

#8 MARYLAND 67
#9 WEST VIRGINIA 65

Primo tempo segnato da due parzialoni a testa e gara nel complesso molto fisica, tesa ma non eccessivamente appassionante a dire la verità. Alla fine ha vinto chi ha sbagliato di meno, ossia Maryland che guarda caso è la più anziana delle due (e una delle più esperte in assoluto: #10 in D1 Experience su KenPom con 3.19 anni) e che si è imposta con un quintetto titolare quasi tutto in doppia cifra.

Nell’ultimo minuto del finale punto a punto, un rimbalzo offensivo regalato a Donta Scott (in modo un po’ imbarazzante) e un canestro del -1 di Tre Mitchell creato usando decisamente troppo secondi sul cronometro hanno di fatto consegnato la vittoria ai Terps, anche se Kedrian Johnson ha avuto in mano il pallone del possibile sorpasso finale con un buzzer beater da lontanissimo che non ha trovato il canestro: eroico (career-high da 27 punti) ma non fino alla sirena.

 

#13 FURMAN 68
#4 VIRGINIA 67

La citata cattiva gestione del minuto finale di West Virginia non è nulla però in confronto a quanto combinato da Virginia. Un minuto o due d’orologio dopo il tiro finale di Kedrian Johnson che si spegneva sul tabellone a Birmingham, a Orlando c’era Kihei Clark che diceva: ora vi faccio vedere io come si perde una partita. 12.3 secondi da giocare, rimessa dal fondo Hoos sul +2: Clark riceve, viene ingabbiato in un angolo e, anziché cercare o aspettare il fallo, lancia un insensato pallone che viene intercettato a metà campo. Ne segue una tripla del sorpasso di JP Pegues con 2.4 secondi sul cronometro che infine risulterà decisiva per l’upset di Furman.

Nell’ingresso verso gli spogliatoi, è stato visto e filmato Jalen Slawson esclamare: “He just freaking threw the ball!”. Se era scioccato un giocatore dei Paladins, figuratevi i tifosi di Virginia nel contemplare una gara del genere e una parabola (pun intended) come quella di Clark, da freshman che lancia un passaggio da genio contro Purdue nelle Elite Eight 2019 a veterano che lancia un passaggio da scemo oggi nel primo turno 2023. Fotografia amara per un giocatore dal quale ci si aspettava un’esplosione, infine mai arrivata, nella seconda metà della sua carriera universitaria. Ma soprattutto di quanto Marzo possa essere spettacolarmente crudele.

Nelle ultime quattro March Madness, la squadra di coach Tony Bennett conta un titolo nazionale e tre uscite immediate contro formazioni dal seed in doppia cifra: tanti farebbero a scambio con un bilancio del genere, ovvio, ma non aiuta di certo a capire quale sia il valore reale di questo programma.

 

#1 ALABAMA 96
#16 TEXAS A&M-CC 75

Classica vittoria da seed numero 1 al primo turno: ventello di distacco nel primo tempo e ventello di distacco alla fine, bombardando come nella miglior tradizione Crimson Tide (15/33 da tre punti). Brandon Miller non c’era e al posto suo hanno messo una sagoma di cartone (0 punti in 19 minuti), il che non ha intaccato i piani di coach Nate Oats: dieci uomini ruotati e leading scorer di giornata in uscita dalla panca (Nick Pringle con una doppia doppia abbondantissima da 19 punti e 15 rimbalzi in soli 20 minuti).

 

#7 MISSOURI 76
#10 UTAH STATE 65

Vittoria d’autorità per Missouri la cui difesa ha messo la museruola a uno degli attacchi più pericolosi – sulla carta, almeno – di questa March Madness. Mizzou è scappata via nel punteggio solo negli ultimi cinque minuti eppure è sembrata sempre in controllo. Complice l’upset patito da Arizona, coach Dennis Gates – già osannato per il modo in cui ha rivoltato il programma come un calzino quest’anno – ha l’opportunità di fare una bella corsetta fino alle Sweet 16 (che ai Tigers mancano dal 2009) e, perché no, magari un po’ oltre.

Al netto dei meriti avversari, USU ha davvero di che mettersi le mani nei capelli: decima in D1 per percentuale da tre punti fino a questa gara, ha messo insieme un 4/24 (0/11 nel primo tempo) che grida vendetta. Aveva sparacchiato anche nella recente finale della MW. Tremendo bloccarsi così proprio sul più bello.

 

#5 SAN DIEGO STATE 63
#12 CHARLESTON 57

Altra partita in cui a fare la differenza è stato il dominio difensivo di una delle due squadre, anche se in questo caso a sorridere è una formazione della Mountain West, conference altrimenti malconcia in questa March Madness (Boise State, Utah State e Nevada tutte fuori alla prima gara). SDSU è la solita formazione brutta ma buona: poco estro e spesso poca lucidità in attacco, ma vince le partite chiudendosi in trincea e rendendo difficili anche quelle soluzioni offensive che gli avversari abitualmente sfruttano senza problemi.

Charleston ci ha provato (parità con 4 punti filati di Ante Brzovic con 3:27 da giocare), ha lottato, ma ha anche sbagliato una marea di conclusioni non propriamente complicate e che in genere realizza, tant’è stata la fatica nel mantenere i nervi saldi (32.1% dal campo) contro questi Aztecs, trascinati da un ottimo Matt Bradley (17 punti, 7 rimbalzi, 4 assist) decisivo nelle fasi più delicate del finale.

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