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Trayce Jackson-Davis svetta in una Week 11 da mostri

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 23 Gen, 2023

Settimana colma di prestazioni impressionanti da parte di giocatori di prima fascia: Trayce Jackson-Davis riesce a distinguersi persino fra Zach Edey, Oscar Tshiebwe e Brandon Miller grazie ai suoi due trentelli consecutivi. Le pagelle della Week 11.

 

Kansas State. Battuta Kansas all’overtime e Texas Tech in rimonta: nella Piccola Mela di Manhattan non si sta a corto di emozioni. Coach Jerome Tang arringa la folla come in un film, balla in mezzo agli studenti e fa miracoli: per esempio trasforma un tiratore mediocre come Ismael Massoud in un sesto uomo quasi perfetto sui due lati del campo e soprattutto rivoluziona un ambiente sonnecchiante in una bolgia entusiasta. Il tutto ricorda molto Chris Beard al secondo anno sulla panchina di Lubbock. E lì andò a finire con un titolo Ncaa sfiorato.

Trayce Jackson-Davis (Indiana). Mvp contro Wisconsin, mvp contro Illinois ed mvp contro Michigan State. Gli ultimi 10 giorni di Trayce Jackson-Davis sono stati mostruosi. Un mix fatto di tecnica, atletismo ma anche tanta grinta arrivato quando sembrava che gli Hoosiers avessero perso un po’ il filo della Big Ten (sempre competitiva). Nella gara contro gli Spartans sembrava che in campo fossero in due: 31 punti, 11/13 dalla lunetta, 15 rimbalzi, 4 assist e 5 stoppate. Immarcabile. Se tiene questi ritmi Indiana è un’altra squadra.

 

Zach Edey (Purdue). Domina dal lunedì (32 punti e 17 rimbalzi con Michigan State) alla domenica (24 e 16 con Maryland) ma anche dio si riposò un giorno e il canadese l’ha fatto giovedì con la debole Minnesota. Insomma, Purdue continua a vincere (8-1 nella Big Ten) e a distinguersi in una conference altrimenti piena d’incognite mentre i numeri del lungagnone fanno arrossire: nella classifica POY di KenPom ha oltre 0.5 punti di rating di vantaggio sul secondo, cosa che non si vedeva dalla gloriosa annata da senior di Frank Kaminsky.

Oscar Tshiebwe (Kentucky). Già ottimo nella sorpresona in casa di Tennessee (15 punti e 13 rimbalzi), il congolese ha poi demolito Georgia con una prestazione da record: 37 punti e 24 rimbalzi, un tipo di quota raggiunta da soli altri tre giocatori nell’ultimo quarto di secolo (Kevin Durant, Blake Griffin e Brice Johnson). Non prende 10 qui un po’ perché poi è stato normale con Texas A&M (che per lui significa 7 punti e 17 rimbalzi) e un po’ per via di una brutta gomitata rifilata di punto in bianco a un avversario nell’ultima gara.

 

Arizona. Con UCLA giocava in casa, ma il terreno tecnico della gara era quello preferito dai Bruins. Una partita brutta, sporca e cattiva in cui i Wildcats hanno giocato da Wildcats solo in alcune fasi della ripresa e in cui hanno rischiato seriamente di sciupare tutto nel finale. La W conquistata conserva però un valore che va al di là del record di stagione regolare, perché battere in un match a basso punteggio una formazione d’élite votata alla difesa significa compiere un passo in avanti importante a livello di maturità.

Brandon Miller (Alabama). Due trentelli con il 60% dal campo contro LSU e Vanderbilt mostrando tutta la fluidità e la precisione del suo jumpshot. Alabama è così forte da riuscire ad andare oltre anche all’aggressiva difesa di Missouri che ha provato a limitare il freshmen tutta la partita (“soltanto” 15 punti per Miller). Potrebbero essere la nuova #1 della nazione, vista l’imbattibilità in SEC, e molto del merito passa dalle mani del numero 24, proiettato sempre più in alto nei vari mock draft.

 

Duke. Un voto che, quasi quasi, più che la squadra se lo merita Jeremy Roach. Il floor general dei Blue Devils è tornato in campo e i ragazzi di coach Jon Scheyer hanno iniziato a giocare diversamente. Per Duke una vittoria importante, anche se tirata, contro una squadra del ranking e una diretta concorrente come Miami. E soprattutto un messaggio: a ranghi completi – quest’anno, una rarità- con i diavoli blu non si scherza.

DePaul. Quasi ogni volta che la tiriamo in ballo è per prenderla in giro, ma stavolta c’è poco da scherzare. Dopo lo sgambetto a Villanova, ecco che ne rifila uno clamoroso a Xavier. Gli avversari ci hanno messo del loro, con Souley Boum e Colby Jones che han fatto a gara a chi sdenga di più, ma tanto di cappello a questi Blue Demons che, pur non avendo punti di forza particolari o individualità di spicco (a parte Umoja Gibson), sembrano lontani parenti di quelli capace di beccare 38 punti da Northwestern a metà dicembre.

 

Wake Forest. La sua settimana si può riassumere in un “bene, ma che peccato”. I Demon Deacons hanno prima rifilato a Clemson la prima sconfitta nella ACC ma poi hanno perso l’imbattibilità casalinga inseguendo invano Virginia per tutta la partita. Manico, talento e spirito ci sono tutti: quest’annata sa più che altro di trampolino verso la prossima, ma bisogna anche approfittare adesso di un giocatore al quinto anno come Tyree Appleby. Il finale di mese con Pitt, NC State e Duke fornirà una risposta definitiva circa le ambizioni che può coltivare.

Gianmarco Arletti (Delaware). Non segna molto e ogni tanto ci scappa qualche persa di troppo, eppure gioca sui trenta minuti da un paio di settimane. Non solo per via di un infortunio qui e uno là, ma soprattutto perché si sta reinventando come arma difensiva dei Blue Hens. La guardia/ala bolognese ha piazzato 3 o più stoppate in quattro delle ultime sei gare ed è 4° nella CAA per Blk% oltre che 19° in Stl%. Se il tiro ricominciasse a entrare, potrebbe dare una gran spinta a una mid-major potenzialmente discreta ma che stenta a decollare.

 

Tyrese Hunter (Texas). Tornato ad Ames, è stato bersagliato per tutto il tempo dalla sua vecchia student section che poi gli ha festeggiato anche la vittoria in faccia: la feroce difesa di Iowa State ha messo la museruola a lui e a Carr senza dargli la possibilità di gestire l’attacco come volevano. Decisamente meglio contro West Virginia dove Hunter è stato un pezzo cruciale nel clinic difensivo dei Longhorns che hanno forzato 20 palle perse ai Mountaineers.

Gonzaga. A forza di giocare finali tirati, prima o poi la sconfitta arriva. Gonzaga la trova nel più beffardo dei modi. In casa, dove non perdeva da 75 partite consecutive, contro una Loyola Marymount che non vinceva a Spokane dal 1991. La difesa rimane sempre il punto debole dei Bulldogs, come dimostrano anche i 90 punti presi nella vittoria successiva contro Pacific. Coach Mark Few sembra ormai a corto di soluzioni per questa stagione.

 

Gradey Dick (Kansas). Le sue polveri bagnate portano inevitabilmente due sconfitte per Kansas in questa settimana. 1 su 8 da tre nel tiratissimo derby contro Kansas State seguito da un 2 su 8 nell’ancor più atroce sconfitta contro TCU. Quest’anno i Jayhawks ballano su un confine labile: Jalen Wilson li trascina, ma ha bisogno di una mano che spesso ha trovato nel freshman. Nella settimana in cui il suo tiro non entra, nessun altro è riuscito a fare un passo in avanti per sopperire. Bill Self in pratica ha bisogno che Dick non lo tradisca mai.

Mick Cronin (UCLA). L’allenatore ha diversi pregi, ma la grazia in caso di sconfitta non è fra questi. Nel post gara con Arizona c’è un pizzico – ma giusto un pizzico – di credito agli avversari e un po’ di assunzione di responsabilità, ma non ha resistito alla tentazione di chiamare in causa gli arbitri. La verità però è che ha perso un match di cartello in condizioni tecniche magari non ottimali ma di certo favorevoli: la sua UCLA infatti aveva record 63-2 in gare in cui gli avversari non segnavano più di 65 punti.

 

Houston. Ouch, questa fa male. Temple è la rivale più vicina in AAC e nel big match a Houston scompare il tiro in ogni sua forma, anche dalla lunetta. Il risultato è una partita brutta, sporca e tirata che porta la prima sconfitta dei Cougars in conference. Una giornata storta in cui tutte le armi a disposizioni di coach Sampson hanno deciso di non funzionare: backcourt impreciso, Jarace Walker che non è mai esploso e un apporto nullo della panchina. Passaggio a vuoto comprensibile per la più solida tra le contendenti al titolo.

Penn. La parità è bella, ma dipende: quella della Ivy League quest’anno è al ribasso e i Quakers ne sono un esempio lampante. Eletti primi (per un pelo) nella preseason poll, sono penultimi con record 2-4 e l’ultima vittoria è stata con Columbia, il punching ball della conference. In settimana Penn ha subito una sconfitta casalinga con Princeton senza segnare una sola tripla e senza trovare anche solo una vaga risposta a Tosan Evbuomwan; poi con Yale le triple sono arrivate, ma senza impedire agli avversari di segnarne (10 a testa).

 

Isaiah Wong (Miami). Il giocatore forse più atteso di una squadra che pure ha molto talento, ha steccato la partita più importante delle ultime settimane, la sfida con Duke che avrebbe proiettato gli Hurricanes ai piani alti del ranking. Wong è rimasto a 1 punto a referto fino a 6 minuti dalla fine, poi ha segnato due triple portando a 7 un tabellino scarno: 0/5 da due, 2/3 dall’arco 1/2 ai liberi, 1 solo assist e 2 perse. Troppo poco e troppo tardi per un giocatore che in settimana aveva già sparacchiato con Syracuse (1/8 dal campo).

UC San Diego. Aveva iniziato la Big West con una vittoria all’OT su Long Beach State. Ora però ha record 2-6 e l’ultima sconfitta è arrivata proprio per mano di LBSU, sempre all’overtime (triplo stavolta) e con uno dei finali più atroci immaginabili. +2 con 8.2 secondi da giocare, libero avversario sbagliato, rimbalzo offensivo e pareggio. Ok, nervi saldi che l’ultimo possesso ce l’abbiamo noi e… invece no, rimessa buttata via senza pressione addosso e dopo un rimpallo saponato: gli avversari ringraziano, segnano e infine vincono.

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