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Un Oliva playmaker per un falco ferito

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 1 Dic, 2017

Se vogliamo prendere in parola il motto di Saint Joseph’s (“The Hawk Will Never Die”), c’è da credere che la squadra di Philadelphia non si lascerà travolgere troppo facilmente dai mille intoppi che da ormai oltre un anno la scuotono senza sosta. Le ferite però ci sono e non mancano di condizionare gli equilibri interni.

Quattro vittorie e tre sconfitte: questo il record della squadra al termine delle prime tre settimane di stagione. Un bilancio che difficilmente migliorerà per l’inizio dell’Atlantic 10 (il 30 dicembre sul campo di George Washington), con Villanova, Temple, Maine e St. John’s ancora da affrontare.

La squadra del nostro Pierfrancesco Oliva, campione di conference nel 2015-16, naviga in acque sempre piuttosto agitate sin dalla scorsa annata. Il rebuilding inaugurato dopo gli addii di DeAndre Bembry e Isaiah Miles è stato funestato da infortuni che hanno pesato enormemente sui risultati della scorsa stagione e che ancora adesso non vogliono lasciar in pace gli Hawks.

Coach Phil Martelli, infatti, non ha ancora visto in campo il suo miglior freshman dell’anno scorso (Charlie Brown) e dovrà fare a meno del play titolare (Lamarr Kimble) per tutta la stagione per via di un infortunio al piede sinistro, lo stesso che lo aveva tenuto out nella parte finale del 2016-17.

Alla prima palla a due, Saint Joseph’s era accreditata fra le principali antagoniste di Rhode Island per la corsa al titolo nell’A10. Il potenziale della squadra è sempre considerevole, ma non si può negare che la situazione attuale sollevi dei punti interrogativi sui gesuiti di Philly, chiamati a far fronte a diverse difficoltà.

Oliva va a schiacciare contro Princeton

Il vuoto lasciato da Kimble

Dei due infortuni, proprio quello occorso a Kimble è il più pesante, non solo per l’entità del riposo forzato che ha determinato, ma anche per l’impatto negativo che sta avendo sulla squadra in termini di opzioni.

St. Joe’s infatti ha un roster abbastanza profondo ma in cui gli uomini che si stanno rivelando maggiormente affidabili sono più che altro quelli che ricoprono gli spot 3 e 4. L’assenza di Kimble – capitano e floor general designato – sta limitando la squadra sotto due aspetti in particolare: playmaking e tiro da tre.

Shavar Newkirk si sta difendendo bene coi suoi 3.3 assist di media ma, al di là dei numeri, è una scoring point guard che non ha mai brillato particolarmente in quanto a doti di regia. Fra gli altri esterni, James Demery e Chris Clover sono lontanissimi da quella dimensione di gioco. Insomma, gli Hawks necessitano in primis d’uno sforzo corale in quanto a bontà di letture e magari di qualcuno che possa rimpiazzare Kimble anche solo parzialmente. I due che si stanno distinguendo in questo senso sono il sophomore Nick Robinson (agile guardia poco sotto i due metri d’altezza che sta viaggiando a 2.4 assist in 24.7 minuti) e soprattutto Pierfrancesco Oliva (3.1 assist in 30.1 minuti, aggiungendo anche 7.4 punti e altrettanti rimbalzi).

Oliva in azione contro Sacramento State

Per chi non lo conosce, potrà sembrare strano che il miglior play della squadra sia al momento un’ala di 2.03 metri. Il tarantino, però, ha da sempre le sue armi migliori in visione di gioco e abilità di passaggio: da point forward, sta vivendo adesso una sorta di ritorno alle origini – quelle in cui giocava da play vero e proprio per la Virtus Siena di coach Umberto Vezzosi – chiamato non solo a distribuire palloni ma, spesso e volentieri, anche a portare palla e dare indicazioni ai compagni.

Con l’aumentare dei minuti (quasi raddoppiati rispetto al primo anno) c’è anche quello di iniziative individuali e responsabilità – ora più che mai deve ricoprire una vasta gamma di ruoli in entrambe le metà campo. A Saint Joseph’s non si era mai visto prima un Oliva così centrale nell’economia del gioco offensivo. In quanto a playmaking, colpisce soprattutto per tempismo e precisione nell’innescare i compagni sui tagli a canestro ma sa anche sfruttare le buone capacità di palleggio per attaccare l’uomo dal perimetro e cimentarsi nel penetra-e-scarica dal cuore dell’area così come dal gomito.

A livello realizzativo, sta dando il meglio nell’attaccare il canestro dal palleggio e ancor più muovendosi lontano dalla palla, il che lo rende molto utile in situazioni di contropiede. Meno frequenti i tiri in sospensione, anche perché le percentuali sono ancora molto basse (2/12 da tre in totale). Nella partita con Sacramento State sembrava poco in fiducia e troppo incline a rifiutare tiri aperti, impressione prontamente smentita nel match successivo (che è anche l’ultimo disputato), quello contro Bucknell. La meccanica appare in genere più fluida rispetto al passato e dunque la speranza è che la sua efficacia dalla distanza migliori in qualche misura col passare delle settimane.

A cronometro fermo, le cose non vanno molto meglio (52.2%). Quella dei liberi è una vera croce per Saint Joseph’s (66.2% di squadra), la quale al momento conta solo due giocatori affidabili dalla linea della carità: il top scorer Shavar Newkirk (17.4 punti a partita) e Taylor Funk, giocatore che fin qui ha rappresentato la miglior notizia per Phil Martelli.

Taylor Funk e Charlie Brown

A ritmo di Funk

Accennavamo prima a problemi col tiro da tre: Kimble non è esattamente un cecchino ma il suo più che rispettabile 34% dall’arco messo insieme nelle due stagioni da underclassman avrebbe di certo fatto comodo agli Hawks, una squadra che senza Funk al momento tirerebbe col 29.1%.

Il freshman di Lancaster è davvero una manna dal cielo: col suo tiro stilisticamente ammirabile, di precisione mortifera (48.9%) e difficile da marcare dall’alto dei suoi 2.05 metri, è al momento il terzo miglior realizzatore di Saint Joseph’s (14.9 punti) e, in misura variabile, è stato protagonista in tutte le vittorie ottenute fin qui, in particolare quella contro Princeton in cui mise a segno 23 punti in 24 minuti con un 5/6 dall’arco.

Nonostante l’altezza, è un giocatore molto mobile e impiegabile su più fronti: non è stato raro vederlo ricoprire gli spot 2 e 3 oltre al più “naturale” ruolo di 4. Con le difficoltà che Newkirk sta incontrando in quanto a percentuali dal campo (37% col 28.2% da tre) e la scarsa incisività offensiva di Clover (sbloccatosi però contro Bucknell: 17 punti con 6/11 dal campo), la duttilità di Funk è stato ossigeno puro per Saint Joseph’s.

Il ritorno sempre più prossimo di Charlie Brown – ala piccola da 12.8 punti e 5 rimbalzi da freshman – dovrebbe finalmente restituire un numero di opzioni elevato, almeno nella metà campo offensiva. Brown però non scenderà sul parquet prima dell’incontro con Temple e nel frattempo c’è da ospitare l’arcirivale Villanova (sabato alle 23:30 italiane). L’Hagan Arena sarà come sempre un fattore ma l’ostacolo da fronteggiare è durissimo, specialmente nelle condizioni attuali. Gli Hawks sono riusciti a battere i Wildcats solo due volte negli ultimi 13 anni, l’ultima nel 2011. Servirà un’impresa.

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