Kansas entra nel secondo tempo con una faccia diversa e domina Miami centrando la quarta Final Four degli ultimi quattordici anni, nell’altro scontro delle Elite Eight North Carolina mette fine in maniera brusca alla favola di Saint Peter’s e ora per la prima volta affronterà Duke in un Torneo Ncaa.
#1 Kansas – #10 Miami 76-50
#8 North Carolina – #15 Saint Peter’s 69-49
I principi hanno cacciato cenerentola dal ballo
Da una parte una squadra dal sangue blu, North Carolina e dall’altra una cinderella, Saint Peter’s. Le Elite Eight però sono state giocate metaforicamente dopo la mezzanotte e la carrozza dei Peacocks si è improvvisamente ri-trasformata in zucca. I Tar Heels non hanno avuto problemi per regolare i pavoni che all’improvviso non sono sembrati più incidere né in attacco né in difesa. Tra le fotografie della partita c’è il set offensivo che Saint Peter’s aveva usato più volte al Torneo per segnare punti facili in alley-oop. Nel primo tempo la conclusione è finita malamente sul ferro, nel secondo il passaggio era troppo lungo ed è stato intercettato. Serata no.
Il trio formato da Caleb Love, Brady Manek e Armando Bacot non ha mai avuto problemi. Bacot ha chiuso con 20 punti e 22 rimbalzi (career high) diventando il sesto giocatore negli ultimi 40 anni a registrare un 20+20 (ci sono anche Akeem Olajuwon e Tim Duncan nella lista). Love non è stato il giocatore della partita contro UCLA, ma pur tirando malino (6/17, per 14 punti) continua a sembrare in fiducia mentre Manek è il giocatore che vorrebbe ogni squadra: 19 punti con 3/5 da 2, 4/6 da 3 e 8 rimbalzi. Un martello pneumatico.
Saint Peter’s è sembrata per tutta la gara una squadra inferiore, ha pagato costantemente a rimbalzo, non è mai riuscita a frenare l’attacco di North Carolina pur cambiando diverse difese e ha tirato male sia da 3 (4/16) sia da 2 (14/44). Nessuna difesa tosta di Matthew Lee, nessun jumper clutch di Daryl Banks, poca presenza sotto canestro di Clarence Rupert e partita anonima per l’idolo delle folle Doug Edert. C’è stato solo l’impegno, la corsa sui palloni vaganti, ma poco altro. E così negli ultimi 10 minuti di gara i telecronisti si sono concentrati più sulla sfida tra Duke e North Carolina alla Final Four. Le due rivali si sono incontrate 257 volte nella loro storia, ma mai al Torneo Ncaa.
Il cuore di acciaio di Kansas
Per venti minuti c’è stata la sensazione che anche l’ultima No.1 rimasta in campo potesse salutare prima di arrivare alla Final Four. Poi Kansas è tornata in campo e ha dimostrato tutta la differenza di talento che può esserci tra una #1 e una #10 come Miami. La squadra di coach Bill Self ha fatto quel salto di qualità che tutti stavano aspettando da inizio della Madness: alla difesa granitica vista sin dalle prime partite ha aggiunto un attacco fisicamente dominante che non ha avuto bisogno delle invenzioni di un singolo per sopravvivere.
Vi ricordate la scena dei Predatori dell’Arca Perduta nella quale Indiana Jones cerca di scappare dal masso rotolante? Ecco, Kansas ha indossato i panni del masso e Miami è stata un’Indiana Jones meno fortunata. 47-15 il parziale nel secondo tempo con Kansas ad imporre la propria forza fisica in difesa che si è poi tradotta in transizione e attacchi al ferro che hanno aperto in due la difesa di Miami. Dopo un primo tempo in cui avevamo visto il solito attacco stagnante e una difesa di livello battuta però dal talento realizzativo di Kameron McGusty molto ispirato (18 punti alla fine, ma 14 nel primo tempo), Kansas è uscita dallo spogliatoio in assetto Juggernaut.
In the first 10 minutes of the second half, Kansas' win probability went from 47% to 97%. A complete flip of the script.
— Rock Chalk Blog (@RockChalkBlog) March 27, 2022
Stavolta non è servito Remy Martin per sbloccare l’impasse. Prima David McCormack ha spazzato via Sam Waardenburg, poi Jalen Wilson (1-8 FG ma con un impatto fisico che va al di là dei numeri) e Christian Braun hanno iniziato a martellare il ferro con una ripetitività degna di un trapano e poi Ochai Agbaji si è svegliato finalmente dal torpore per dimostrare cosa significa avere un primo quintetto All American in campo: 18 punti messi quasi tutti nel secondo tempo, con 8/12 dal campo, 2/2 da tre e 4 assist, oltre al solito dominio difensivo. Gli Hurricanes hanno perso rapidamente la fiducia con cui hanno giocato per tutto marzo, sbagliando tutto quello che solitamente gli entrava.
Ochai Agbaji in 3.5 games this tournament: 15-for-41 from the floor (37%), 2-for-14 from three (14%), and 31 total points in seven halves.
He needs to go into alpha mode. If they lose with him taking 20 shots, you can live with it. Ride or die with your All American.
— Rock Chalk Blog (@RockChalkBlog) March 27, 2022
Coach Bill Self centra così la quarta Final Four della sua carriera, seconda nelle ultime quattro edizioni, e i Jayhawks affronteranno proprio quella Villanova che li distrusse nell’ultimo viaggio del 2018. Stavolta Kansas ci arriva da favorita a causa dell’infortunio di Justin Moore e Bill Self spera di ritornare in finale, un traguardo che a Lawrence manca dal 2012.