A un mese dalla March Madness, Michigan State era virtualmente fuori dal torneo con un record in Big Ten di 2-7. Da lì in poi gli Spartans si sono appoggiati ad un roster quasi infinito (12 giocatori per davvero) per mischiare quintetti e soluzioni tattiche e uscire dalla buca nella quale si erano ficcati. Non che l’esperimento sia pienamente riuscito, ma il finale di stagione si è chiuso con un record di 7-4 e vittorie contro Illinois, Ohio State e Michigan, ossia tre fra le squadre più forti della nazione.
Riassumendo, sulla carta il materiale per fare male anche alle squadre più forti c’è, ma la squadra non ha mai dato segnali di continuità, anche all’interno delle stesse partite. Resta che entrerà alla March Madness con un seed alto e nessuno sarà felice di incontrarla. Aaron Henry è il leader della squadra cui coach Tom Izzo ha chiesto di fare un passo avanti. Un passo che il ragazzo al terzo anno ha anche cercato di fare, riuscendoci però più dal punto di vista emotivo che tecnico.
Attorno a Henry hanno ruotato davvero in tanti, anche se i quintetti con più minuti hanno visto in campo la guardia Rocket Watts (il più efficace sul perimetro ma abbastanza inaffidabile), il senior Joshua Langford alla sua prima vera stagione dopo due anni segnati da infortuni, Malik Hall, che in assoluto è uno dei giocatori di maggior talento in squadra con la posizione di 5 equamente divisa fra Marcus Bingham, ex prospetto d’élite che ha finalmente trovato un ruolo stabile a protezione del ferro e Joey Hauser, che ha molte caratteristiche della stella ma che non è mai esploso per davvero.
Come quasi tutte le altre che sono arrivate al Torneo dalla Big ten, l’impostazione è principalmente difensiva, con il vantaggio che Izzo (noto per chiedere grande intensità ai suoi giocatori) può contare su tanti uomini, molti centimetri e molti chili. Per la prima volta dopo 3 stagioni, Michigan State non è la prima nel rapporto assist/canestri di squadra. Gli Spartans sono “solo” sesti, a testimonianza però di quanto la circolazione di palla sia importante per l’attacco.
Quintetto
G – Rocket Watts
7.7 PTS, 1.6 REB, 2.7 AST
G – Joshua Langford
9.6 PTS, 3.4 REB, 1.7 AST
F – Aaron Henry
15.3 PTS, 5.7 REB, 3.5 AST
F – Malik Hall
4.8 PTS, 4.1 REB, 1.3 AST
C – Julius Marble
3.9 PTS, 2.2 REB, 0.2 BLK
Giocatori chiave
- AARON HENRY – Jr. – SF – 198 cm, 95 kg
Come si riassume il termine “fondamentale”? Così: Henry è il miglior marcatore della squadra ma anche il primo per rimbalzi, assist, recuperate e stoppate. E’ dotato di un fisico straordinario, che gli permette salti da controfigura di un film d’azione e in difesa è un incubo per gli avversari. Gli manca però il tiro, che anzi è peggiorato rispetto alle scorse stagioni (28.2% da tre), anche se va detto che oggi gode di molte più attenzioni dalle difese e gestisce molti più possessi in attacco.
- MALIK HALL – So – PF – 201 cm, 97 kg
A volte fa gesti tecnici da lasciare strabiliati. Partenze in palleggio con crossover, lasciando sul posto l’avversario, o conclusioni in acrobazia. Più spesso però si fa notare per il suo attivismo sotto i tabelloni, sia in attacco sia in difesa. Come molti degli Spartans, il potenziale è lì da vedere ma sembra non abbia ancora trovato una sua identità e collocazione.
- JOEY HAUSER – Jr. – PF – 206 cm, 99 kg
Era uno dei transfer più attesi dell’intera conference. Parte dalla panchina e considerando quanti minuti gioca (21.7) il fatto che sia il secondo miglior marcatore della squadra e il miglior rimbalzista a pari merito con Henry la dice lunga su quale sia il suo potenziale. Certo, non ha il fisico esplosivo o le doti difensive di altri componenti del roster e per questo coach Izzo però lo usa quasi come arma tattica. Anche perché la sua mano dall’arco è spesso utile.