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LSU, la nuova regina della NCAA femminile

Autore: Isabella Agostinelli
Data: 11 Apr, 2023

Nell’ultimo ranking della AP LSU si trovava al nono posto. Insomma, non era così scontato immaginare che potesse arrivare alle Final Four, men che meno che potesse vincere un titolo. E invece, guidate da coach Kim Mulkey e dalla sua stella Angel Reese, le Tigers ce l’hanno fatta. Le finali del 2023 però, oltre a una nuova regina, hanno regalato tante storie che si sono intrecciate sul campo di Dallas. Ecco quali.

La prima volta di LSU

Quella delle Tigers è stata un’ascesa davvero fulminea. Nel 2020-21 la squadra aveva chiuso la stagione con solo 9 successi; poi è arrivata in panchina Kim Mulkey e qualcosa è cambiato. Le vittorie sono diventate 26 a fronte di 6 sconfitte ed è arrivata la qualificazione al Torneo che mancava dal 2018. Quest’anno è arrivata la consacrazione. LSU ha terminato con appena due sconfitte, una delle quali contro South Carolina che è valsa alle rivali il titolo della SEC. Per il resto, solo vittorie.

Non c’è dubbio che le armi migliori di LSU siano la difesa e i rimbalzi; ma la squadra di Baton Rouge ha potuto contare anche su giocatrici offensivamente interessanti, a partire dalla loro stella, Angel Reese, miglior rimbalzista di questa stagione con una media di 15.6 ma anche quarta per punti (23.3).

La vittoria in finale contro Iowa per 102 a 85 è stata solo una conferma per la strategia di gioco di LSU: 36 rimbalzi (di cui 14 offensivi) contro i 26 delle avversarie e un attacco molto preciso sia dalla media sia dalla lunga distanza. Nonostante il tiro da tre non sia infatti una delle specialità della casa (le Tigers erano 42esime con il 34.64%) in finale sono state proprio le triple a fare la differenza e a scavare il divario di 17 punti del primo tempo che ha di fatto sancito la vittoria.

Paradossale perché il tiro dalla lunga distanza doveva essere l’arma letale della super star della finale, ossia Caitlin Clark, che invece è stata obbligata a stare molti minuti in panchina a causa dei falli, che sono stati una variabile importante della gara. Alla fine Clark ha chiuso con 30 punti, ma la scena le è stata rubata da Jasmine Carson, che uscita dalla panchina per le Tigers, ha messo un 7/7 dal campo incluso il buzzer beater del + 17 del primo tempo. Alla fine per lei 22 punti in 22 minuti di gioco.

La finale dei record

La stella di Iowa si è potuta “consolare” con un nuovo record stagionale: dopo essere stata la prima giocatrice – sia nel Torneo maschile che femminile- a siglare 40 triple-doppie in stagione, grazie ai punti conquistati contro LSU, ha raggiunto quota 191 punti al Torneo, massimo di sempre. Sull’altro fronte invece Kim Mulkey è diventata la prima allenatrice a vincere un Titolo prima come giocatrice, poi come assistant coach (entrambi a Louisiana Tech) e infine come capo allenatrice.

Ma non sono stati gli unici due record ad essere infranti in finale. La partita infatti ha anche registrato il punteggio più alto di una finale femminile. Nessuna squadra prima aveva mai superato la soglia dei 100 punti, né era riuscita a chiudere il primo tempo sopra quota 50. LSU ci è riuscita al suo primo tentativo.

La partita si è svolta davanti a un pubblico da tutto esaurito e ha tenuti incollati allo schermo 9.9 milioni di spettatori (esattamente come una delle gare delle finali NBA dello scorso anno). Due dati che non si erano mai visti nel college basket femminile. Tutto questo grazie a quello che in molti hanno definitoeffetto Caitlin Clark“.

Bayou Barbie

Nonostante tutti i riflettori fossero puntati su Clark, a vincere il premio di miglior giocatrice è stata Reese, in una rivalità che per la prossima stagione si preannuncia già infuocata. Nativa del Maryland e cugina della star di UConn Jordan Hawkins, all’inizio aveva scelto di giocare con le Terrapins di cui è stata una delle migliori giocatrici a rimbalzo della nazione già nel suo sophomore year a suon di doppie-doppie. Nel maggio 2022 però Reese ha deciso di trasferirsi a LSU. Il motivo? Dopo la seconda sconfitta consecutiva alle Sweet 16, sentiva che voleva di più. E manco a dirlo, quest’anno le doppie-doppie sono persino aumentate.

Per la comunità locale è diventata una regina. A Baton Rouge è stato persino eretto un cartellone con la scritta “City of Angel” e le è stato assegnato il soprannome Bayou Barbie. Bayou è il nomignolo francese con cui viene chiamata affettuosamente New Orleans (il piccolo fiume); Barbie perché Angel ama il colore rosa, scende in campo con i capelli ben fatti, le unghie curate e le ciglia finte.

Angel Reese Manifesto

Il manifesto dedicato a Angel Reese all’entrata di Baton Rouge.

Il soprannome ora è diventato un trade mark. Sì, perché Angel, oltre ad essere una grande giocatrice, è anche un fenomeno commerciale. Ha all’attivo ben 17 contratti NIL (tra cui quello con Amazon e la catena di fast food Sonic) per un valore compreso tra i 485 e gli 876 mila dollari secondo le stime di On3’s. Solo quattro atleti Ncaa guadagnano più di lei, e nessuno di questi gioca a basket.

You Can’t See Me

Elegante fin che si vuole, ma anche un bel caratterino. Oltre alle gesta in campo, la finale del Torneo è stata contraddistinta anche da un bel po’ di pepe e da un gesto di Reese che ha fatto discutere.

Per capire cosa sia successo bisogna però riavvolgere il nastro e partire dal match di semifinale tra Iowa e South Carolina. Raven Johnson delle Gamecoks ha la palla in mano e dispone le compagne per l’azione d’attacco, ma viene ignorata da Clark che anzi muove la mano come a dire “fai pure, non mi spreco a difendere su di te”. Il gesto è molto strafottente, il video diventa ovviamente virale e irrita anche Reese e compagne che, già nella conferenza stampa prima della finale, fanno sapere di essere pronte a vincere “anche per Raven”.

 

Arriva così il momento della finale, nella quale LSU riesce effettivamente a “vendicare” la giocatrice di South Carolina. Lo fa proprio Reese con il gesto “You can’t see me” – reso famoso dal wrestler John Cena – proprio ai danni della Clark, fatto in più mostrando il dito sul quale avrebbe poi infilato l’anello del titolo.

 

E vai di polemiche. Reese ha ovviamente difeso il gesto.

 

Il riferimento evidente è sempre a Clark che aveva riservato lo stesso gesto (“you don’t see me”) a Hailey Van Lith di Louisville pochi giorni prima. Il clima però si è infuocato e come se non bastasse si sono aggiunte le polemiche sui festeggiamenti.

La First Lady, Jill Biden, complimentandosi con LSU a sorpresa ha allargato l’invito alla Casa Bianca anche alle atlete di Iowa, come a dire che andasse premiato lo spettacolo nel complesso. Reese se l’è presa e ha annunciato che allora LSU non sarebbe andata a Washington, poi in realtà il presidente Biden ha specificato che l’invito sarà rivolto solo alle due squadre vincenti (UConn maschile e LSU femminile) e intanto l’università della Louisiana ha fatto sapere che comunque sarebbe andata.

A calmare le acque è stata proprio Clark che in un’intervista a ESPN ha detto: “Non penso che Angel debba essere criticata. Io sono molto competitiva, come lo è lei. Come lo siamo tutte. Semplicemente mostriamo le nostre emozioni in maniera diversa. Ma nel basket femminile c’è il trash talking, esattamente come nel basket maschile. Ed è giusto che le ragazze possano continuare a farlo senza polemiche

 

Un Torneo terribile per le big 

Va detto che la March Madness 2023 è stata atipica. Prima Stanford, poi UConn e infine South Carolina. Le squadre più attese all’inizio della stagione non hanno retto la pressione. La sorpresa più grande è stata indubbiamente l’uscita delle Cardinal al secondo turno, superate da Ole Miss per 54 a 49. A nulla è valsa la doppia doppia di Cameron Brink (20 punti e 13 rimbalzi).

Poi è stata la volta di UConn alle Sweet 16 contro Ohio State per 73-61. Un risultato che ha di fatto sancito la fine di un’era: per la prima volta, negli ultimi 14 anni, le Huskies infatti non hanno raggiunto le Final 4. Certo, la squadra di coach Auriemma è stata funestata dagli infortuni (prima quello di Bueckers, poi quello Fudd e infine quello di Juhasz), ma è dal 2017 che UConn non riesce più a vincere un titolo e questo ulteriore passo falso ha creato qualche mal di pancia.

Infine la citata South Carolina superata da Iowa in semifinale per 77 a 73. Una partita che verrà sicuramente ricordata negli annali della NCAA come l’incoronazione di Caitlin Clark. Nessuno prima di lei aveva messo a referto 41 punti in una semifinale di un torneo; nessuno aveva mai  raggiunto i 1000 punti in una sola stagione o aveva fatto registrare 40 punti in due partite consecutive. Per le Gamecocks, è stato fatale il rimbalzo preso da Warnock a 18 secondi dalla sirena. E pensare che per tutta la partita South Carolina aveva dominato sotto canestro (49 rimbalzi contro i soli 26 delle avversarie) e nel pitturato. Ma Iowa ha saputo prendere e sfruttare al meglio quello che più contava.

 

La Golden Age del college basket femminile

Dopo le accuse di doppio standard della scorsa edizione, per il torneo femminile è stato finalmente il momento di splendere. Di sicuro ha aiutato la decisione di inglobarle la parte femminile sotto il brand “March Madness”. Da lì sono arrivati gadget, materiale, strutture e l’allargamento a 68 squadre come per il torneo maschile.

Restano però ancora vari nodi da sciogliere, a partire dai diritti televisivi. Il Torneo maschile ha un accordo stratosferico con la CBS (contratto appena esteso per altri 8 anni per quasi 8 miliardi di dollari). Quello femminile, nonostante i numeri, rientra invece nel calderone degli “altri sport minori” con un accordo di appena 34 milioni. Il prossimo passo che secondo molti potrebbe far crescere il valore del prodotto sarebbe quello di avere le Final Four nella stessa città e nello stesso weekend di quello maschile. Di sicuro la Ncaa femminile sembra sulla strada giusta.

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