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Keyontae Johnson, dal collasso ai fari della NBA

Autore: Manuel Follis
Data: 16 Feb, 2023

Mi ricordo che Florida State aveva chiamato time out, stavo tornando in panchina e dopo non mi ricordo più nulla. Ricordo solo che mi sono svegliato in ospedale“. Quella di Keyontae Johnson è una storia di quelle fatte apposta per diventare un film. Due stagioni fa, il 12 dicembre 2020 la guardia di Florida dopo 4 minuti di partita è collassato in campo. Il video è terribile: Johnson cade a terra a peso morto come un sacco di patate. Panico e paura, cosa è successo? È morto? Poi il ragazzo viene portato via in barella, ma è chiaro che nessuno pensa che potrà mai tornare a giocare. E invece.

 

A distanza di due anni Johnson aveva una scelta: incassare 5 milioni di assicurazione o rinunciare ai soldi e provare a tornare a giocare. Ha scelto la seconda opzione. I medici di Florida University non ritenevano che il ragazzo potesse tornare in campo, quelli di Kansas State sì. Nel pre-stagione sono stati girati molti video celebrativi (qui il servizio di 4 minuti “Walking Miracle” trasmesso dal canale ufficiale della Ncaa March Madness), molte interviste, tanti riflettori. Ovviamente erano tutti felici che un giocatore un tempo considerato da NBA potesse tornare sul parquet. Nel frattempo il ragazzo di Norfolk (Virginia) è passato a giocare con i Wildcats di Kansas State, squadra tutta nuova, con un allenatore al primo anno in panchina. Tutti pensano: ma sì, va già bene così, è bello che Johnson possa tornare a giocare qualche minuto. E invece.

Keyontae Johnson articolo NYT

La storia di Keyontae Johnson sul New York Times

Keyontae sta giocando la migliore stagione in carriera. Le statistiche parlano di 17.5 punti di media con il 40% da tre punti, 2.2 assist e 7.5 rimbalzi a partita, entrambi career-high, nella conference più tosta della Ncaa. Non è solo tornato, sta stupendo tutti. Il ragazzo è una guardia di 196 cm per oltre 100 kg. Grinta, sorrisi, un fisico da buttafuori con la parte alta del corpo che sembra uscita da un manga giapponese e un’energia che se possibile è anche superiore a quella che aveva già mostrato ai tempi di Florida.

Scommessa vinta, perché la verità è che all’inizio, una volta che i medici avevano deciso che Johnson poteva tornare a giocare, molte squadre erano dubbiose sul fatto che potesse davvero essere ancora un atleta competitivo. “È stata dura perché molte squadre erano scettiche ed è stata dura in quei momenti aspettare che un team scommettesse. Coach Tang ci ha creduto, mi ha detto di aver già gestito una situazione simile e per questo ho scelto Kansas State”.

Qui ci vorrebbe una parentesi, perché Jerome Tang, serio candidato al premio Coach of the Year, già dopo un anno ha mostrato di essere uno di quei personaggi da raccontare. Lo faremo, prima o poi. La parte importante nel reclutamento di Keyontae riguardava il suo esserci-già-passato. Tang quando era assistente a Baylor ha allenato due giocatori con problemi cardiaci: Jared Butler e King McClure. Entrambi hanno continuato a giocare dopo che gli è stata diagnosticata una cardiomiopatia ipertrofica e Butler è finito in NBA. Proprio quello che Johnson voleva sentirsi dire.

 

E così il toro è tornato. In una squadra piena di volti nuovi arrivati dal transfer portal, allenata da un coach esordiente assoluto. Una storia da film che è finita come nei film, con Keyontae a disputare la miglior stagione in carriera. Poche settimane fa Espn gli ha dedicato un servizio e pochi giorni giorni fa il ragazzo ha siglato un accordo NIL con Heartfelt, azienda che fornisce (questo il claim) “screening cardiaci per salvare vite umane da tragedie prevenibili”.

 

La cosa bella è che il film non è ancora finito. Kansas State, nonostante sia in un momento di flessione, a meno di disastri andrà al Torneo e una eventuale corsa alla March Madness renderebbe ancora più magica la storia di Keyontae Johnson. Lui sta giocando, sta segnando e sempre più persone considerano il suo mix tra fisico, talento e atletismo perfettamente adatto alla NBA, dove per ora è dato principalmente al secondo giro. Ma i miracoli in casa Johnson sono di casa.

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