Giocare in un palazzo dello sport moderno, funzionale e con servizi di ogni genere per gli spettatori è l’ambizione, o forse è meglio dire il sogno, di ogni società.
In Italia, il Basket Brescia ha da poco inaugurato il suo nuovo impianto da circa 5.000 posti che la Leonessa aspettava da anni, mentre a Tortona, anche grazie agli sforzi della famiglia Gavio, sta per iniziare la costruzione di una cittadella dello sport con un nuovo palazzo da 5.000 posti, un progetto con un costo stimato in oltre 10 milioni di euro che dovrebbe dare in un paio di anni una nuova casa al Derthona Basket, squadra di A2 con grandi ambizioni di salire presto nella massima serie.
La squadra piemontese si può paragonare a una mid-major in rampa di lancio. Diversi college non di primissima fascia negli ultimi anni hanno investito nei palazzetti, o costruendoli di loro proprietà o spostando le attività in nuovi e più grandi impianti. I benefici che porta giocare in arene di nuova concezione sono palesi, e vanno dalla possibilità di essere più attraenti per ospitare squadre più blasonate, all’incrementare gli introiti fino a diventare potenziali location per tornei ed eventi di postseason.
E inoltre, aspetto non secondario nel college basket, avere un impianto grande, moderno e attraente può dare sicuramente una mano in sede di reclutamento. Esempi in questo senso sono le università di South Dakota, Texas-Arlington, Evansville e Grand Canyon che negli ultimi anni stanno cercando di salire di livello.
South Dakota ha investito circa 70 milioni per un’arena all’interno del campus da circa 7.000 posti e, per poco, non è arrivata subito una partecipazione al torneo NCAA. UT Arlington invece ha sfiorato gli 80 milioni per un nuovo palazzo sempre da 7.000 posti. Evansville da 7 stagioni si è trasferita al Ford Center, impianto da 10.000 posti costato quasi 130 milioni.
Grand Canyon, sempre nel 2011, ha trovato una nuova casa nella GCU Arena, impianto di proprietà situato nel campus da circa 7.000 posti. Gli Antelopes di coach Dan Majerle hanno un record di 100 vittorie e sole 21 sconfitte giocando in casa e l’anno scorso, grazie anche a un ottimo Alessandro Lever, sono arrivati vicinissimi al torneo NCAA, sfuggito solo all’ultima partita della stagione nella finale della WAC persa contro New Mexico State.
Anche la neoarrivata in Division I Cal Baptist sta facendo le cose in grande presentandosi con una casa da oltre 5.000 posti costata 70 milioni.. Ma non sempre funziona: Texas-Rio Grande Valley University, dopo aver provato a giocare nella nuovissima Bert Ogden Arena appena inaugurata ad agosto, ha deciso di fare retromarcia e continuare a giocare nella vecchia UTRGV Fieldhouse, impianto da 2.500 posti costruito negli anni ’60.
Dopo attente valutazioni il vecchio impianto, rimodernato in alcune aree fondamentali come illuminazione e impianti audio, è stato ritenuto più a misura di tifoso e meno costoso per l’università. La partita contro Oklahoma in programma da oltre 3 stagioni finalmente si giocherà, ma non più come programmato per l’opening night della nuova arena, ma nella vecchia casa dei Vaqueros che nella scorsa stagione hanno avuto una media di 845 spettatori.
Spostarsi nei 9.000 posti della Bert Ogden Arena avrebbe molto probabilmente significato giocare in un palazzetto più che semideserto, vanificando il vantaggio di giocare in casa, e quindi l’impianto di Edinburg continuerà a essere solo la casa dei Rio Grande Valley Vipers, squadra della G League. Il programma è comunque in ascesa e anche all’interno della WAC si sta ritagliando il suo spazio, ma non è ancora abbastanza per poter sostenere una stagione con una arena così grande.
Non è l’unica squadra della WAC ad avere questo problema: gli UMKG Kangaroos hanno una arena da 10.000 posti, ma gli spettatori superano di media appena le 1.000 unità. L’università di Seattle gioca ormai da anni al Redhawk Center e non sembra essere intenzionata a tornare se non per qualche partita più di cartello, alla Key Arena, casa fino al 2008 degli scomparsi Seattle Supersonics.
Non tutti gli atenei sono pronti, ma la strada è la stessa per tutti: se si vogliono portare giocatori importanti e college di alto livello in posti poco attraenti e conosciuti, il primo passo è costruire arene capienti. E riempirle.