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East Region – UConn cerca il repeat

Tristen Newton - Uconn
Autore: Raffaele Fante
Data: 18 Gen, 2024

Un incrocio pericoloso nel secondo turno probabilmente con Florida Atlantic, reduce dalle Final four dell’anno scorso, ma per il resto Uconn ha la strada tutto sommato spianata verso le Final Four, a caccia di un repeat che nessuno è riuscito a fare dal 2007. La squadra di Dan Hurley ha quindi un region tutto sommato semplice, ma se la dovrà comunque vedere con due squadre in forma come Iowa State e Illinois reduci dalle vittorie in due tornei di conference prestigiosi come quelli della Big12 e della Big Ten. C’è anche Auburn, che ha vinto il torneo della Sec, ma nessuna di queste squadre sembra al livello degli Huskies., Da tenere d’occhio San Diego State, cioè l’altra sorpresa delle Final Four 2023, e BYU che quando è in serata può sommergere di triple chiunque.

 

#1 Uconn

Campioni in carica, #1 overall del bracket, miglior squadra per efficienza offensiva e quella col miglior record assoluto arrivando al torneo: la favoritissima UConn punta al back-to-back dopo il titolo dell’anno scorso. Dan Hurley ha saputo reinventarsi una squadra se possibile ancora più dominante di quella guidata da Adama Sanogo: gli Huskies segnano 122.7 punti ogni 100 possessi e ne incassano solo 97.6. Tristen Newton è uno dei migliori giocatori della nazione, mentre Stephon Castle è tra i freshman che sono sembrati più a proprio agio sui parquet NCAA. Donovan Clingan, esploso nella sua stagione da sophomore, completa il terzetto di armi letali a disposizione. Al Torneo tutti punteranno alla testa di Connecticut, che ha dimostrato però di avere un gioco davvero difficile da contrastare: gli Huskies giocano senza fretta, sfruttando benissimo il collettivo e facendo girare tanto il pallone. Per batterli in gara secca serviranno 40 minuti di totale applicazione e un pizzico di fortuna.

 

#2 Iowa State

Una delle grandi sorprese della stagione con il secondo posto nella Big12 raggiunto senza perdere una sola partita in casa, e la clamorosa vittoria di 28 nella finale del torneo di conference contro Houston per un altro capolavoro di coach TJ Otzelberger che ha trovato in fretta la quadra giusta con una squadra praticamente tutta nuova. E’ rimasto Tamin Lipsey che ha confermato quanto di buono fatto vedere l’anno scorso mentre tra i volti nuovi Milan Momcilovic, freshman dal Wisconsin con chiare origini serbe, ha fatto la miglior imitazione del tiro su una gamba sola di Dirk Nowitzki che si sia vista da anni. Tendono a far giocare molto male gli avversari con una difesa da Final Four, l’attacco invece è tutt’altro che esplosivo ma sono chiaramente una delle squadre più in forma della Division I.

 

#3 Illinois

Solo nel 2021, quando in squadra c’erano Ayo Dosunmu e Kofi Cockburn, coach Underwood ha portato al Torneo una versione di Illinois più forte di quella di quest’anno. Gli Illini arrivano alla March Madness in grande forma, reduci dalla vittoria al torneo di conference. Tutto parte da Terrence Shannon, che sta giocando la miglior stagione in carriera (22.6 punti a gara), immarcabile in campo aperto e affidabile nei momenti topici del match. La vera sorpresa della stagione però è Marcus Domask, una guardia ala di quasi 2 metri che sa segnare in mille modi e il cui jumper (in corsa, sul ricciolo, in svitamento) risulta spesso un’arma letale.

 

#4 Auburn

Forti con le piccole, un po’ meno con le grandi, i Tigers sono comunque andati meglio del previsto con la sorprendente vittoria nel torneo della Sec, e hanno come al solito venduto cara la pelle, come il carattere del loro coach impone. Bruce Pearl è sempre uno dei più vulcanici allenatori della Division I e anche quest’anno ha allestito un roster competitivo ancora nelle mani del lungo Johni Broome, leader di quasi tutte le statistiche. Ha un po’ deluso invece Aden Holloway, che era uno dei freshman più attesi della stagione, mentre hanno funzionato i transfer, a partire da Chad Baker-Mazara. Non faranno molta strada ma mai dare per battuta in anticipo una squadra di Pearl.

 

San Diego State#5 San Diego State

Nella MWC l’aria è cambiata e non ha dominato come spesso successo in passato. Rimane però la solita squadraccia fastidiosa che ti costringe a ragionare più di quanto vorresti, sfiancandoti con una difesa d’élite (#9 per Adj. Efficiency). Jaedon LeDee, padrone del post basso con un tiro dalla media d’antan, è la stella. A supportarlo c’è il tremendo e collaudato backcourt duo nano composto da Darrion Trammell e Lamont Butler. Ha davanti a sé un percorso tosto, ma darà battaglia.

 

#6 BYU

Ma davvero niente male la stagione della squadra di Mark Pope che ha fatto un ottimo esordio nella Big12, grazie a un attacco scoppiettante basato sul tiro da 3 (secondi della nazione con oltre 32 triple tentate a partita) e ottima circolazione di palla (terzi della nazione negli assist). Esperti e profondi, i Cougars hanno un gran bel talento come Jaxson Robinson e tanti tiratori in tutti i ruoli del roster. Mina vagante se ce n’è una perché, quando il tiro entra, sono grossi dolori per chiunque.

 

#7 Washington State

È la rivelazione dell’ultima edizione di sempre della Pac 12. Dopo il calvario del tumore che l’ha tenuto fermo per due anni, Myles Rice è tornato a giocare e ha trascinato una versione di Cougars fisica e stazzata a giocarsi la conference fino alla fine. Il jolly dalla panchina è il macedone Andrej Jakimowski, l’X Factor dall’arco è Jaylen Wells e dalla panchina coach Kyle Smith orchestra tutto con grande sapienza. 24-9 il record di una squadra non talentuosissima, ma molto organizzata.

 

 

#8 Florida Atlantic

Cenerentola uscente, investita di tante (e col senno di poi, troppe) aspettative che non ha rispettato appieno. Gli Owls appaiono più sfilacciati e incostanti rispetto alla squadra magica dell’anno scorso, ma i sussulti e le individualità non mancano. Il gigante Vlad Goldin sta giocando il suo miglior basket di sempre su ambo i lati, Johnell Davis è un tiratore fenomenale sia dal palleggio che coi piedi per terra e Alijah Martin può spaccare le partite col suo atletismo.

 

 

#9 Northwestern

Li puoi battere, ma li devi battere. I Wildcats allenati da Chris Collins sono la classica squadra che se ti distrai, ti porta via la partita da sotto il naso. In stagione ne hanno fatto le spese sia Purdue sia Illinois, entrambe battute in OT. La stella polare della squadra (peraltro più propensa alla fase offensiva del gioco) è Boo Buie, guardia arrivata al quinto anno che tira con il 44% da 3 punti e ormai gioca con la maturità che deriva dall’esperienza. All’inizio di febbraio Northwestern ha perso per strada l’altra guardia titolare (Ty Berry), ma nonostante questo è riuscita ad arrivare alla March Madness forte di un quarto posto in Big Ten.

 

#10 Drake

Coach Darian DeVries e suo figlio Tucker rinverdiscono la tradizione di padre-coach e figlio-giocatore che giocano alla March Madness insieme. Il primo è uno dei giovani coach sulla rampa di lancio, il secondo un’ala di 203 cm che segna tantissimo, ha vinto gli ultimi due POY dell’Ohio Valley Conference e che piace all’NBA. È il terzo viaggio al torneo negli ultimi quattro anni, ci sono diversi pezzi esperti delle vecchie esperienze. Brutta gatta da pelare al primo turno 

 

#11 Duquesne

47 anni. Ecco quanto tempo era passato dall’ultima volta che era riuscita ad andare alla March Madness. Partita con un orrido 0-5 in conference, si è rimessa in sesto pian piano fino a sbocciare proprio ai primi di marzo, vincendo poi il torneo dell’Atlantic 10. Per i Dukes tutto passa dalla loro difesa asfissiante (#28 per Adj. Efficiency), da quel che Jimmy Clark crea dal P&R e dalle capacità balistiche del suo compagno di backcourt Dae Dae Grant.

 

#12 UAB

Nuova conference, vecchia storia: i Blazers di Andy Kennedy rimangono competitivi e balleranno a marzo per la seconda volta in tre anni. Può cucinare una ricetta per l’upset, ma non col solito ingrediente delle triple (da lontano tira poco e male). Piuttosto, una tonnellata di seconde opportunità, spesso con gli omaggi di Yaxel Lendeborg: difensore versatile e macchina da rimbalzi, arrivato dai JUCO per fare la voce grossa nella non poco atletica AAC viaggiando in doppia doppia di media.

 

#13 Yale

Una delle ultime a staccare il biglietto per la March Madness, letteralmente: infatti ha vinto il titolo della Ivy sulla sirena. August Mahoney è un cecchino d’élite, John Poulakidas uno shotmaker di livello ma la stella è Danny Wolf, guardia nel corpo di un centro misteriosamente sottoutilizzato da freshman. Ha passato l’anno a seminare terrore in coast-to-coast, segnando in post e da fuori con pari scioltezza, smazzando assist e facendo la differenza anche come rimbalzista e difensore.

 

# 14 Morehead State

Chissà per quanto altro tempo coach Preston Spraldin rimarrà sulla panchina degli Eagles. Quarta stagione consecutiva con 20+ vittorie, secondo viaggio al torneo, stavolta senza un talento del calibro di Johni Broome. Ohio Valley conference dominata grazie al duo di ali Riley Minix e Jordan Lathon. Il primo atletico sotto canestro, il secondo tiratore, attorno a loro un sistema che alterna small ball a 4-out-1-inside senza perdere efficacia in difesa. Difficile l’upset, ma si lasciano sempre vedere. 

 

#15 South Dakota State

Esiste una legge nella Summit League: in un modo o nell’altro Eric Henderson troverà un modo per far lottare South Dakota State. Stavolta il nome a cui appigliarsi è Zeke Mayo, elettrica guardia al terzo anno che unisce triple ed efficienza. Uno scorer che coinvolge volentieri i compagni che gli guardano le spalle in difesa. Non una delle versioni più talentuose dei Jackrabbits, ma con un chiaro comandate che vuole darsi una chance a marzo. 

#16 Stetson

Prima partecipazione assoluta al Torneo, la difesa è a livello campetto (#342 di Adj. Efficiency) ma può essere la low-major che becca la giornata di grazia e tira fuori l’upset. Segnare non è un problema, specie per il backcourt: Jalen Blackmon, 43 punti nella finale dell’ASUN, è uno scorer devastante sia on che off the ball mentre Stephan Swenson è il floor general dalla mano che non trema e che può pure mettersi in proprio se serve (29 punti e game-winner in semifinale).

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