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Duke si salva ancora, fuori North Carolina

Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 30 Mar, 2019

North Carolina è la prima n.1 a lasciare il torneo, mentre Duke si salva ancora una volta all’ultimo secondo, con un altro pallone che si ferma sul ferro. Kentucky fatica tantissimo per battere Houston, molto meno Michigan State per superare LSU.

Vediamo cosa è successo nelle ultime 4 Sweet 16

East

#1 Duke – #4 Virginia Tech 75-73

No Cam Reddish, no problem. Duke passa un altro turno, ancora una volta senza convincere del tutto, ancora una volta con un pizzico di fortuna, ancora una volta con un grandissimo Zion Williamson. I Blue Devils hanno la meglio sugli Hokies dopo una partita combattuta, giocata punto a punto per larghissimi tratti e in cui nessuna delle due squadre è mai stata in vantaggio di più di 8 punti. Una fatica, ma anche una gara avvincente. L’iper riassunto del match è questo: Virginia Tech nel primo tempo è andata avanti con buone percentuali dall’arco, Duke nella ripresa grazie a Williamson e ai contropiedi di RJ Barrett ha ricucito e allungato. Chi ha fatto saltare il banco è stato Tre Jones, giocatore da 26% dall’arco che veniva da una serie di 1/10 da 3 al torneo e che invece ha messo a segno 5 delle 7 triple tentate (22 punti alla fine, con 8 assist).

 

Tutto questo però non è bastato. L’immenso sforzo di Zion (23 punti con 10/12 da 2) che ormai ha abituato a dare la sensazione di essere quasi immarcabile e di incidere profondamente sui piani-partita degli avversari, ma anche la buona serata di Barrett, silenzioso in avvio, letale in contropiede che ha compensato lo 0/7 da 3 con 11 assist, non sono bastate. Virginia Tech ha avuto la palla del pareggio a 1 secondo dalla fine: rimessa dal fondo disegnata perfettamente e Ahmed Hill (uno dei migliori in campo per gli hokies) che si è trovato da solo a pochi cm dal canestro. “Ho pensato: cavoli, andiamo ai supplementari“, ha detto Williamson a fine partita. L’han pensato tutti a dire il vero. Senonché la palla ha ballato sul ferro ed è uscita.

 

VT esce a testa alta, avendo preparato la partita per arginare Zion (piano riuscito a tratti, ma con la sensazione che non si potesse fare molto di più), sfruttare la pericolosità in area di Kerry Blackshear (18 punti, 16 rimbalzi, 5 assist e 2 stoppate) e dei suoi tiratori (9/26 finale, un po’ sotto le loro medie). Chi ha un po’ steccato la gara, tra piccoli errori e imprecisione al tiro, è stato il talento Nickeil Alexander-Walker, sembrato per tutto il match un po’ fuori dalla gara.

#2 Michigan State – #3 LSU 80-63

Michigan State batte LSU con un dominio quasi ininterrotto nel corso della gara: +12 a fine primo tempo, +17 a fine partita e nel mezzo solo una reazione dei Tigers a inizio primo tempo (toccato il -4) respinta però prontamente dagli Spartans.

I ragazzi di coach Izzo hanno vinto l’incontro tirando fuori il proprio meglio… e anche quello degli avversari. Correre e prendere rimbalzi d’attacco sono tratti tipici di LSU ma stavolta è stata Michigan State a fare la partita in questo modo, specie nel primo tempo: 10 rimbalzi offensivi a 3 nei primi venti minuti per una squadra che si mostrata perfettamente a proprio agio sia in transizione che contro la difesa schierata. La retroguardia dei Tigers è sembrata perlopiù una coperta corta e i campioni della Big Ten non hanno avuto troppi problemi nel punirla (47% dal campo), specialmente dalla distanza (13/32 da tre, ovvero il 40.6%).

Demoralizzata e spenta, LSU ha dato pochi segnali di vita durante il match: questi, tra l’altro, sono quasi tutti giunti da Tremont Waters (23 punti e 2 assist). Fra le fila di Michigan State, i freshmen Gabe Brown e Aaron Henry hanno sorpreso in positivo. Brown, in uscita dalla panchina, ha messo insieme la bellezza di 15 punti in appena 16 minuti. Henry invece ha disputato una partita totale che è sembrata un compendio dei vari lampi di classe mostrati durante la stagione (e che fanno molto ben sperare per il futuro prossimo): 20 punti, 8 rimbalzi, 6 assist, 1 recupero e 1 stoppata in 38 minuti.

 

Midwest

#1 North Carolina – #5 Auburn 80-97

Ci sono voluti 33 anni e una partita perfetta, ma alla fine Auburn è approdata alle Elite Eight condannando all’eliminazione North Carolina. I Tar Heels sono la prima #1 del torneo a cadere e la colpa è solamente loro e di un secondo tempo molle come poche volte in stagione. I Tigers hanno iniziato la partita sostenendo il ritmo di UNC dando vita ad uno dei primi tempi più atletici del torneo. Il punto chiave del match è sicuramente stata la difesa messa a punto da coach Bruce Pearl che non ha mai concesso facili penetrazioni o scarichi, ha sempre contestato ogni tiro dei giocatori avversari e alla lunga ha pagato. Un’altra mossa rivelatasi molto efficace sul finire dei primi venti minuti è stata quella di pressare Coby White così da rendere quasi impossibile coinvolgerlo nella costruzione dell’azione.

 

I Tar Heels sono rimasti in partita fino all’inizio del secondo tempo, ovvero sino a quando le triple di Auburn non hanno cominciato ad entrare. Se il 43% con 13-30 contro Kansas sembrava irreale, il 45.9% con 17-37 lo è ancora di più. Questo dato però non è solo merito dei Tigers, anzi in gran parte è colpa della difesa della squadra di coach Roy Williams, che è apparsa lenta e puntualmente in ritardo sui cambi dopo un blocco o sugli scarichi sul perimetro.

 

Una serata da dimenticare per lo storico coach, ma anche per tutte le stelle di UNC apparse appannate e – nei minuti decisivi – troppo egoisti, soprattutto Coby White autore di tiri forzatissimi con ancora molto tempo sullo shot clock. Parlando delle prestazioni singole, spicca su tutte quella di Chuma Okeke. Il sophomore di Atlanta ha messo assieme 20 punti, 11 rimbalzi, 2 assist, 2 rubate e 1 stoppata prima di lasciare il campo ad otto minuti dalla sirena per un infortunio al ginocchio. La sua assenza potrebbe pesare molto, ma nei minuti finali i Tigers hanno potuto contare su Danjel Purifoy scopertosi un grande tiratore da tre chiudendo a 4/6 e 14 punti. Per UNC, francamente, non si salva nessuno: i top scorer sono Cameron Johnson e Coby White con 15 punti ma insieme contano 2/14 dall’arco. Unica scusante per i Tar Heels: sia Cam Johnson che Nassir Little (solo 13′ in campo per il freshman) hanno giocato con la febbre.

#2 Kentucky -#3 Houston 62-58

“Quando ha preso la palla, gli ho detto ‘palleggia, palleggia’. Non mi ha ascoltato e ha tirato. ‘Gran tiro, Tyler, gli ho detto”. John Calipari ha tirato un enorme sospiro di sollievo quando ha visto la tripla di Tyler Herro riportare avanti i Wildcats a 25 secondi dalla fine.

 

E si è rilassato ancora di più nell’azione successiva quando finalmente Ashton Hagans ha fatto una cosa giusta nella sua partita e difeso bene sulla penetrazione di Corey Davis. Come Abilene Christian e Wofford, anche Houston si è fermata sotto i 60 punti e così, ancora con la difesa, Kentucky arriva alle Elite 8 dopo aver sofferto molto più del previsto. Fondamentale è stato il ritorno di PJ Washington, che ha stretto i denti, preso pillole su pillole, e poi ha giocato da PJ Washington: punto di riferimento in attacco e grande presenza in difesa, ecco cosa ha voluto dire averlo in campo nell’ultimo minuto

 

Decisivo con i suoi 16 punti in 26 minuti, ma senza Tyler Herro Kentucky sarebbe già a casa: miglior marcatore con 19 punti della sua squadra, il freshman ha reso la vita molto difficile a Corey Davis, cioè il miglior attaccante dei Cougars, dopo aver cancellato nel turno precedente Fletcher Magee, cioè uno dei migliori tiratori della Division I. Houston si è dimostrata però squadra tostissima e anche quando è finita sotto di 13, ha continuato a difendere alla morte senza mollare mai. Gran lavoro di coach Kelvin Sampson che anche in una serata da 5/16 per Davis e senza un solo punto dai suoi lunghi, ha trovato il modo per arrivare a un soffio dal colpaccio: grande merito va dato ad Armoni Brooks, che si è preso tante responsabilità in attacco e ha chiuso con 6/12 dall’arco e 20 punti, ma non è bastato. Alle Elite 8 va Kentucky, ai Cougars resta però una stagione da 33 vittorie, cifra mai raggiunta nella loro storia

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