Isaiah Hicks ha vinto il duello sotto canestro contro Przemek Karnowski e Joel Berry quello lontano dal canestro contro Nigel Williams-Goss. Sono le due chiavi del successo di North Carolina, anche se il piano partita di Mark Few ha tolto ai Tar Heels le loro armi principali.
Vediamo uno per uno come hanno giocato i ragazzi di Roy Williams e Mark Few. Senza dimenticare gli arbitri, purtroppo anche loro protagonisti della finale.
North Carolina Tar Heels
Joel Berry: questa volta i coriandoli cadono sulla sua testa e se li è meritati tutti. Mvp senza dubbio e senza rivali, unico giocatore dopo Bill Walton a segnare più di 20 punti in due finali consecutive, sue le uniche 4 triple segnate da UNC in tutta la finale e dal basso del suo metro e 80, si permette il lusso di stoppare un 2.10 come Tillie. Litiga ancora ai liberi (4/8) ma aggiunge 6 assist ed è il padrone assoluto della sua squadra e della partita anche con due caviglie malconce.
Theo Pinson: un gran casino la sua partita, inizia con una bella schiacciata e poi rincorre Nigel Williams-Goss per gran parte del tempo, perdendo lucidità in attacco. La ritrova quando inventa un assist difficile e importante per il 2+1 di Jackson e aggiunge 9 rimbalzi, dando alla fine anche lui il suo contributo per la vittoria.
Justin Jackson: i ferri dell’University of Phoenix Stadium si ricorderanno di lui visto che prende solo quelli ogni volta che tira da 3: 40% in stagione, 0/9 in finale. Avrebbe potuto essere l’imputato numero 1 in caso di sconfitta e invece segna 6 degli ultimi 8 punti di North Carolina e fa la scelta giusta anche quando dà la palla a Hicks invece di tirare a 27 secondi dalla fine. Attaccante naturale che, anche in una pessima serata, ne mette 16 e per questo finirà in Nba.
Kennedy Meeks: con la prima palla toccata, mette un jumper morbido da 5 metri e allora viene proprio il dubbio che a Phoenix abbia bevuto qualche pozione magica. Sarà quello il suo unico canestro dal campo e quindi non ripete la meravigliosa semifinale da 25+14, ma Przemek Karnowski se lo sognerà di notte perché gli ha oscurato letteralmente il canestro. Anche Nigel Williams-Goss se lo ricorderà a lungo, visto che prende da lui la stoppata decisiva e non poteva mancare la specialità della casa, cioè il rimbalzo offensivo (10 in tutto) che dà a UNC un extrapossesso chiave nel minuto finale.
Isaiah Hicks: anche lui sembra iniziare da dove aveva finito contro Oregon, cioè sbagliando tiri su tiri e invece stavolta la sua partita è positiva. Soprattutto finisce nelle sue mani l’attacco decisivo di North Carolina, sul +1 a 30 secondi dalla fine, e la sua penetrazione è tanto elegante quanto efficace. 13+9 le cifre della sua più che discreta finale, in cui riempie l’area chiudendo le penetrazioni dei piccoli e riempie di falli i lunghi di Gonzaga.
Luke Maye: il suo l’ha fatto nelle Elite 8, con il buzzer della vittoria contro Kentucky. I 2 punti segnati contro Oregon restano gli unici delle sue Final Four, e anche in finale gioca 10 minuti tirando un paio di mazzate e basta.
Nate Britt: difende su Mathews e si prende una tripla in faccia con fallo, difende su Williams-Goss e viene scherzato in post basso. Non esattamente la sua partita e infatti Williams lo usa il minimo indispensabile.
Tony Bradley: il jumper frontale è ancora tutto da costruire e per questo sarebbe davvero senza senso qualsiasi scelta diversa dal tornare almeno per un altro anno al college. Ha ottimo fisico, buona propensione a rimbalzo (7 in finale) ma appena deve costruirsi un tiro i rischi diventano altissimi: 2/8 nella sua finale vinta da freshman
Roy Williams: rimbalzi e gioco in velocità, cioè le armi principali della sua squadra, funzionano molto meno del solito; il tiro da 3 non ne parliamo visto che i suoi giocatori non arrivano al 15%; il contributo della panchina è minimo ma, alla fine, in qualche modo la porta a casa perché tutti i suoi leader non sbagliano la giocata decisiva. Terzo titolo con North Carolina, il più difficile visti i tempi che corrono per reclutare qualcuno a Chapel Hill a causa delle infinite indagini dell’Ncaa, il più desiderato vista la sconfitta dell’anno scorso.
Gonzaga Bulldogs
Nigel Williams-Goss: in lacrime alla sirena, porta Gonzaga fino in fondo giocando in modo strepitoso ma, dopo aver segnato 8 punti di fila, sbaglia tutto negli ultimi 100 secondi: fallo su Jackson per il 2+1, tiro sbagliato, stoppata presa da Meeks. In mezzo una caviglia che gli si gira e che lo condiziona negli ultimi tiri, ma la palla nei 5’ finali è sempre e solo nelle sue mani. Giusto per quanto fatto vedere in tutto l’anno, sbagliato per come è finita la gara.
Josh Perkins: nel primo tempo è semplicemente un’ira di dio, il fratello fortissimo di quello che ha chiuso senza un canestro la semifinale contro South Carolina: con 13 punti è un incubo per i difensori di Roy Williams, peccato che nella ripresa non ne aggiungerà neanche mezzo, scomparendo completamente dal campo con una metamorfosi tanto rapida quanto dannosa per gli Zags.
Jordan Mathews: un altro che entra e esce dal match con velocità impressionante, una tripla per tempo è tutto quello che combina anche perché è l’unica cosa che sa fare davvero. Un accenno di vita a inizio ripresa, quando risveglia gli Zags tornati in campo senza il giusto spirito, ma rimane troppo ai margini di una partita che un senior al quinto anno come lui doveva giocare in modo diverso.
Johnathan Williams: il semigancio con la sinistra è la sua arma migliore, combatte come può contro gente più grossa di lui senza riuscire a sfruttare la sua maggiore elevazione. Poteva essere la sorpresa e la chiave tattica della finale, e invece è solo uno dei rimpianti di Mark Few.
Przemek Karnowski: grande la delusione a Spokane e in Polonia per la peggior partita giocata al torneo e forse in tutta la stagione dal centrone di 215 cm e 140 chili che litiga per 40’ con il ferro, sbagliando tiri che di solito segna comodamente: 1/8 con 4 palle perse e 9 rimbalzi sono il fatturato di una gara in cui viene condizionato troppo dall’emozione, da Isaiah Hicks e dai falli, non esattamente in quest’ordine.
Zach Collins: anche su di lui si abbatte la vaporiera dei fischietti che spezzettano la gara con chiamate non sempre corrette. Mette insieme comunque 9 punti e 7 rimbalzi nei 14 minuti in cui riesce a stare in campo ed è quindi importante ma non decisivo come in semifinale. Il suo futuro sarà probabilmente in Nba e quest’anno ha dimostrato di meritarselo.
Silas Melson: una tripla e nient’altro per quello che viene considerato uno dei killer silenziosi degli Zags. Questa volta si alza (poco) dalla panchina perché poco incide quando è in campo e Few avrebbe avuto bisogno di ben altro apporto da lui, visto il secondo tempo di Perkins.
Killian Tillie: la voglia e la grinta ci sono, un po’ meno la tecnica ma il freshman francese porta comunque il suo contributo con 9 rimbalzi in 14 minuti contro giocatori più grossi ed esperti di lui.
Mark Few: il suo piano partita funziona perché blocca la transizione offensiva di UNC e vince la battaglia a rimbalzo. Tradito da Karnowski per 40 minuti e Williams-Goss+sfortuna negli ultimi due, arriva a un passo da un titolo storico ma la sua stagione è comunque un successo. Perché Gonzaga è arrivata per la prima volta fino in fondo e non potrà più essere considerata solo la più forte delle mid-major.
Gli arbitri
Michael Stephens, Verne Harris e Mike Eades: la domanda è una sola, perchè? 44 falli in tutto, 27 nel solo secondo tempo con entrambe le squadre in bonus a 13 minuti dalla fine, un metro arbitrale senza senso che ha spezzettato una partita già non meravigliosa di suo. Assurdo il quarto fallo di Zach Collins, bizzarro e ai limiti dell’incomprensibile il contemporaneo fallo a Joel Berry (che non c’era) e il flagrant a Przemek Karnowski (che non c’era), decisiva la svista sulla mano oltre la linea di Kennedy Meeks a 50 secondi dalla fine. Non hanno forse favorito nessuno (22 falli e 26 liberi per squadra), hanno di sicuro scontentato tutti.