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A fine agosto, mesi prima che iniziasse la stagione del college basketball, avevamo cercato di individuare un papabile candidato per il player of the year, indicando una top 5 che vedeva Grayson Allen (Duke) al primo posto, seguito da Jaron Blossomgame (Clemson), Nigel Hayes (Wisconsin), Josh Hart (Villanova) e dalla scommessa Justin Jackson (North Carolina). Da allora come sono andate le cose?
Come sempre accade, le classifiche (soprattutto quelle pre-stagionali) sono fatte per essere messe a confronto con i fatti. Un buon indicatore per capire chi al momento può considerarsi un serio candidato al player of the year (anche se poi in realtà esiste più di un riconoscimento di questo tipo, come vi abbiamo spiegato qui) è la speciale graduatoria stilata ogni anno da Kenpom.
Ovviamente rispetto ad agosto è cambiato tutto e ci sono quasi solo new entry. Ecco qui di seguito come è cambiata la classifica e quali sono i giocatori più accreditati.
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5. Ethan Happ, centro (So), Wisconsin Badgers
Vi abbiamo parlato a inizio stagione di Nigel Hayes perché l’ala di Wisconsin era (ed è) effettivamente il giocatore con più potenziale dei Badgers e quello su cui si concentra l’attenzione degli scout Nba. L’inizio di stagione però (non ce ne voglia il buon Nigel, che rimane un personaggio ‘sui generis’ e molto simpatico fuori dal campo) non è stato all’altezza delle attese, mentre chi ha brillato in tutti i sensi è il lungo Ethan Happ che ha iniziato a spiegare il post basso a chiunque gli passasse a tiro.
Parliamo di uno che forse in Nba non finirà mai, perché non è un lungo che spara triple e scarta gli avversari a suon di crossover. In compenso se giocate contro Wisconsin e c’è lui sotto canestro, il rimbalzo difensivo è assicurato da un banale quanto efficacissimo tagliafuori. In attacco invece il senso della posizione e le braccia lunghe gli consentono parecchi rimbalzi offensivi. Se poi provate a servire il centro avversario un po’ pigramente, per Happ è quasi un dovere morale la palla rubata e la partenza in contropiede.
Parlando della fase offensiva, essendo dotato di buon gioco di piedi, di solidi fondamentali e buone mani (non troppo ai tiri liberi), Happ tira con il 70% dal campo (senza triple). Insomma, se avete mai amato il post basso e le sue mille sfumature, se siete un lungo che non ha mai amato tirare da 3, guardare Happ giocare fa bene al cuore. Detto tutto questo le sue cifre lo collocano bel al di sopra di pari ruolo ben più blasonati.
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4. Frank Mason, play (Sr), Kansas Jayhawks
Se c’è un motivo per cui Kansas è la n. 3 del ranking Ncaa si chiama Frank Mason. I Jayhawks hanno un pacchetto lunghi in cui solo Landen Lucas può considerarsi affidabile. Per il resto sono dolori: il talentuoso Carlton Bragg è stato sospeso (come vi abbiamo raccontato qui) mentre il freshman Udoka Azubuike sta facendo fatica (come vi abbiamo spiegato qui). Morale, la squadra è sulle spalle della coppia formata dal junior Devonte’ Graham e soprattutto da Mason.
Al momento è possibile che coach Bill Self ogni sera accenda un cero in chiesa perché Mason continui a godere di buona salute, visto che il senior di Petersburg (Virginia) ha deciso di giocare una stagione da urlo tirando con il 54% da 3 punti, con il 60% abbondante da 2, subendo più falli di sempre e con il miglior assist-rate della sua carriera.
In almeno metà delle gare disputate da Kansas, Mason è stato l’mvp. Una delle quali è il match contro Duke (che vi abbiamo raccontato nel dettaglio), vinto con un proprio con un suo buzzer beater.
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3. Luke Kennard, guardia/ala (So) e Amile Jefferson, ala grande (Sr), Duke Blue Devils
Ne mettiamo due insieme perché i due giocatori occupano rispettivamente la posizione 4 e 3 della classifica di Kenpom. Non è Grayson Allen dunque e non sono nemmeno i freshmen delle meraviglie a tenere alta la bandiera di Duke. In compenso coach K, dall’emergenza infortuni che ha tenuto fuori squadra per qualche tempo Jayson Tatum e Marques Bolden e che sta ancora bloccando Harry Giles, ha tirato fuori l’annata finora strepitosa di Kennard e Jefferson.
Il primo è un killer per come interpreta la fase offensiva. Gioca quasi al rallentatore ma fa sempre la scelta giusta, ha un tiro mortifero (se è libero devi solo capire se è da 2 o da 3) e una capacità di subire fallo quasi unica a livello collegiale (poi dai liberi converte con l‘88%). Attualmente è senza se e senza ma il miglior attaccante dei Blue Devils, con piste di vantaggio rispetto ad Allen in tutte le voci statistiche nonostante il compagno di squadra gestisca più possessi.
Jefferson invece è stato seduto (redshirt) quasi tutta la scorsa stagione e probabilmente ha accumulato una voglia di giocare tale da esplodere in questo inizio di campionato. È chiaro che l’assenza di Giles e Bolden (e la discontinuità di Chase Jeter, il cui minutaggio sta nuovamente calando) ha responsabilizzato molto Jefferson, sostanzialmente l’unico punto di riferimento sotto canestro. Il lungo di Philadelphia ha però risposto presente, portando una concretezza in post basso, in entrambe le fasi di gioco (con prevalenza per quella difensiva) che lo ha reso fondamentale in più di una partita e mvp nelle due ultime uscite contro squadre di prima fascia come Michigan State e Florida.
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2. Jock Landale, centro (Jr), Saint Mary’s Gaels
Qui andiamo sul difficile. Nel senso, il buon Landale è sicuramente il giocatore meno noto tra quelli citati finora. Fino all’anno scorso era quello che giocava minuti quando riusciva a ricavarsi spazio, mettendo insieme cifre assolutamente rispettabili. Il classico lungo che si impegna e di cui non puoi dire niente di male, ma che non ti rimane impresso. Nei suoi primi tempi al college era anche un po’ cicciottello (il fisico è andato asciugandosi col tempo) e si portava dietro l’aria di quello un po’ nerd (anche se i nerd non ci sono nel basket, ma quell’aria lì, avete capito).
Ecco. Spazzate via tutto, perché nel suo anno da junior Landale è diventato uno dei cardini della squadra che fino all’anno scorso aveva una trazione decisamente perimetrale. Chiariamo, i Gaels continuano a essere efficaci sul perimetro (quasi 40% da 3 di squadra) ma è in area che fanno la differenza, sfiorando il 60% dal campo prendendo quasi il 38% delle conclusioni “at the rim” e convertendo di queste più di una su due. Parte del merito è di Landale che tirando i liberi con il 76% risulta essere tra i migliori della nazione per effective-FG-% e true-shooting-%. La morale, per vederla con numeri più “banali” sono 18,4 punti e 8,5 rimbalzi per partita.
Tra le varie caratteristiche che sta mettendo in mostra il centro australiano c’è anche il fatto di non “scomparire” quando la palla pesa e la partita si fa combattuta, come accaduto nella vittoria contro Dayton.
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1. Josh Hart, guardia (Sr) Villanova Wildcats
Di Hart scriviamo un po’ meno. Primo perché vi avevamo già detto che era un papabile candidato al player of the year award, secondo perché lo abbiamo celebrato di recente dopo la vittoria dei Wildcats contro Notre Dame (vi abbiamo raccontato il match qui). Dovendo fare un veloce riassunto, se dobbiamo fare un confronto tra le aspettative e la resa di un giocatore, nessuno al momento è al livello di Hart.
Aveva tutti i riflettori puntati addosso, nella squadra campione Ncaa in carica dalla quale però venivano a mancare guardia e centro titolari. C’era di che venir spazzati via e invece Hart ha reagito alla grande. Peraltro registrando il suo career-high nella gara finora più difficile (e più bella) della stagione. Chapeaux. Se il premio si assegnasse oggi, la corsa sarebbe solo per il secondo posto.
\V/ @JoshHart_3 career-high
vs Notre Dame (74-66)
37 PTS
10/14 FG
14/14 FT
11 REB
4 AST#NCAAB #NovaNation pic.twitter.com/5M5jzWaGrp— BasketballNcaa (@BallNcaa) 11 dicembre 2016
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