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Sweet 16, Houston sopravvive con una rimessa d’oro

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 29 Mar, 2025

Da MarzIzzo a Houston che si salva quasi all’ultimo secondo: ecco cos’è successo nella seconda tornata di gare di Sweet 16.

 

Il mese di Izzo – Ole Miss ha fatto tutto per poter vincere la partita: tirato col 50% dal campo, imposto un contesto fisico grazie alla sua difesa e ha fatto impazzire le guardie di Michigan State che non trovavano sbocchi in attacco. Come contro New Mexico, gli Spartans sono rimasti attaccati agli avversari dopo un primo tempo in cui questi avrebbero dovuto stare sopra di 10 (invece è finito con un +2) e poi sono saliti di livello nell’ultimo quarto di partita con una Ole Miss visibilmente stanca. La squadra di Chris Beard non ha praticamente più segnato (solo un meraviglioso Sean Pedulla con 24 punti all’ultima partita in carriera) mentre le guardiette atletiche di Izzo trovavano sempre più spazio sotto canestro.

Tom Izzo ha azzeccato tutte le scelte: fuori il lungagnone europeo Szymon Zapala, titolare per tutto l’anno, dentro Coen Carr per cercare di pareggiare la fisicità che i Rebels hanno imposto. La risposta del sophomore è stata fenomenale: 15 punti, 6/10 dal campo, anche una tripla pescata dal nulla. Ha lasciato Jeremy Fears in campo nonostante una brutta partita (1/5 e tre palle perse) e il freshman ha risposto con uno stop difensivo fenomenale in una transizione pericolosissima dei Rebels che poteva farli scappare. Ha disegnato una gran rimessa finale per scappare dalla pressione di Ole Miss e, infine, ha continuato a dare fiducia a Jase Richardson che, dopo la pessima partita contro New Mexico, è tornato a splendere: 20 punti, 6/8 dal campo, quattro triple, unica valvola di sfogo del difficilissimo primo tempo.

L’arroganza dei più forti – É servito toccare il massimo svantaggio della partita a 12 minuti dalla fine per svegliare Auburn che fino a quel momento aveva giochicchiato. Michigan, disciplinata e seria, ha eseguito il suo piano partita, forte di un Danny Wolf in modalità trascinatore sin dai primi minuti, soffrendo i centimetri e l’atletismo dei Tigers sotto canestro ma tutto sommato assorbendo bene l’impatto fisico e forzando una miriade di palle perse. Solo che poi la squadra di Bruce Pearl si è ricordata di essere una macchina da punti, ha smesso di essere pigra in difesa e sprecona in attacco, e ha piazzato un parziale di 20-2 che ha tramortito la partita. Prima Denver Jones con due triple e layup ha risvegliato il pubblico dei Tigers, poi Tahaad Pettiford ha deciso di mandare tutti a casa con un fadeaway fuori di testa, pochi secondi dopo aver già sparato una tripla. Venti punti a testa e tanti saluti ai Wolverines.

Troppo atletismo, troppi centimetri (48-33 la lotta a rimbalzo) troppe bocche da fuoco da provare ad arginare. Michigan ci ha provato ma ciò dai primi minuti si era visto una disparità abbastanza netta da capire dove la partita sarebbe andata. Solo che è emerso il tallone d’Achille di questi Tigers che, forse si o forse no, potrebbe costare caro ora che entriamo nelle fasi calde del torneo: si sono accontentati di tante triple e soluzioni estemporanee dal palleggio (Chad Baker Mazara, cintura nera di tentativi futili, ha chiuso con 2/9 al tiro, 4 falli e 3 palle perse), commettendo tante palle parse e mostrando svogliatezza in transizione difensiva, il che ha permesso a Michigan di comandare per lunghi tratti. Solo che Johni Broome (silenzioso con 22 punti e 16 rimbalzi) e compagni sembrano capaci di attivare il famoso bottone On/Off come fanno le grandi squadre.

Qualche minuto e la vendetta è servita – Kentucky aveva vinto due volte su due in stagione regolare contro Tennessee, ma si sa che chi ride bene ride per ultimo e i Vols, questa volta, si sono proprio sganasciati. 78-65 al termine di una gara sostanzialmente decisa da un primo tempo di grande risolutezza della squadra di Rick Barnes. Dominante non solo in difesa, per una volta, ma proprio su entrambe le metà campo. 43-28 all’intervallo lungo con un massimo vantaggio di ben 19 punti a 3’04” dalla fine della primo frazione. Le invenzioni dal pick-and-roll di Zakai Ziegler (per lui una gran bella doppia doppia da 18 punti e 10 assist con 2 sole perse a fine serata), una certa puntualità nel muovere palla per scoprire le non poche lacune avversarie e alcuni rimbalzi offensivi strappati di prepotenza (14 carambole in attacco contro le 7 avversarie) han fatto una gran bella differenza per Tennessee in attacco, mentre in difesa si sono mostrati come i soliti mastini che, durante la prima frazione, hanno tenuto Kentucky a un magro 10/26 al tiro, col solo Amari Williams capace di mettersi davvero in luce: 14 punti alla fine per il lungo inglese, 4 in meno di un Lamont Butler che però è risultato efficace più che altro nella ripresa, inutilmente.

Houston col colpo di codaVe lo avevamo detto. Beh, quasi. Contro Purdue, il fattore x di Houston ha finito per essere Milos Uzan, anche se non esattamente nel modo in cui avevamo prefigurato. Parità a quota 60 e 29 secondi da giocare, i Cougars giustamente decidono di far scorrere i secondi e mettere il junior, fin lì bello in palla, in condizione di colpire in isolamento. Quello che ci aspettavamo, sì, però la conclusione di Uzan trova solo il ferro (e anche la benevolenza degli arbitri che hanno chiuso un occhio e mezzo su una sua evidente spintarella in allontanamento) e Houston si salva solo col parapiglia a rimbalzo che li premia con una rimessa dal fondo e 2.8 secondi sul cronometro. Tempo più che sufficiente per eseguire una bella rimessa, di quelle così stupendamente efficaci da far sembrare gli avversari dei polli (ma solo in apparenza, dai). Chi la conclude è, toh, proprio Uzan, che finisce dunque il match da leading scorer (22 punti con 8/17 dal campo più 6 assist) ma soprattutto con la vittoria dei suoi per 62-60, visto che il tiro della disperazione a 0.9 dalla fine preso da Braden Smith in avvitamento da metà campo non riesce nemmeno a dire ciao al ferro. Finale amaro per lui (terza volta in carriera che registra un career-high da 15 assist) e per una Purdue tenace che, dopo aver visto gli avversari scappare un po’ via, aveva passato tutto il secondo tempo a inseguire fino a tallonare e poi raggiungere Houston durante gli ultimi 5 minuti.

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