Peyton Watson non è riuscito ad adattarsi al sistema di gioco di UCLA. Il ritorno in blocco del roster apparso alla Final Four dello scorso anno non è un fattore che ha semplificato la vita al prodotto di Long Beach Poly HS. Un paio di canestri a partita, qualche lampo qua e là, ma nemmeno un briciolo di costanza. Tra i pari ruolo a cinque stelle, difficile reggere il confronto con Kendall Brown, finora decisamente più convincente. Tutto sommato però, il periodo difficile non cancella né il talento, né la futuribilità di questo giocatore. Forse è per questo che gli scout NBA fanno fatica a dimenticarsi di lui.
Cresciuto nell’ombra
Nato l’11 settembre, ma del 2002, a Beverly Hills, Peyton Watson è cresciuto in California. Durante la sua permanenza a Long Beach Poly HS, si è fatto notare soltanto nell’ultima parte della sua carriera. I primi due anni li ha passati in uscita dalla panchina, mentre da junior e senior è stato in grado di prendere le redini della squadra e guadagnarsi tutti i principali showcase americani. Sul tavolo delle offerte si è presentata praticamente l’intera Pac-12, con l’aggiunta dei tentativi di alcuni college dall’altra parte degli Stati Uniti, come Michigan e Georgetown. La scelta è ricaduta sul fascino e sulla storia di UCLA.
A tratti brillante
203 centimetri per 91 chili, Peyton Watson è un giocatore estremamente dinamico. Esplosivo, rapido e con un wingspan da far invidia a diversi professionisti, è atleticamente a un ottimo livello. A un buona struttura fisica, unisce una tecnica rispettabile e una comprensione del gioco nella media. Intriga molto la sua capacità di portare palla, assumendo il ruolo della point forward.
Proprio considerate le buone qualità, preoccupa che finora non sia riuscito ad avere un vero impatto nella metà campo offensiva. Al momento è sempre nascosto dal gioco, slegato da ogni tipo di chimica. A limitarlo sono, senza dubbio, le difficoltà al tiro da lontano (21% da tre punti in stagione), debolezza che potrebbe rendergli la vita difficile anche in NBA. Nella propria metà campo, tralasciando qualche amnesia di troppo, recupera palloni con costanza e, in generale, sembra essere a suo agio.
Rimanere o andare?
L’impatto non agevole con il college basketball suggerisce l’idea di un ritorno a UCLA per l’anno da sophomore. Un anno in più di apprendimento per sviluppare comprensione del gioco e intangibles può fare soltanto bene al californiano. Le sirene di una possibile chiamata al Draft si faranno senza dubbio sentire, soprattutto quando caleranno i riflettori sul basket giocato, ma provare subito il grande salto sarebbe una scelta azzardata. Tra partite di conference e March Madness, Peyton Watson deve ancora migliorare e convincere, sia per UCLA che per sé stesso in ottica draft.