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Week 10: Cooper Flagg dà spettacolo, Florida fa sul serio

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 13 Gen, 2025

Cooper Flagg rasenta la perfezione, Florida si lancia fra le grandissime e Mick Cronin fa una figuraccia in sala stampa. Le pagelle della Week 10.

 

Cooper Flagg (Duke). Sembra che il biondino di Duke abbia letto il nostro ultimo articolo e abbia detto “Ora vi faccio vedere io”. È stato semplicemente sbalorditivo il trattamento che ha riservato a Notre Dame: 42 punti, 11/14 dal campo, 16/17 ai liberi e una forza della natura nei pressi del ferro per segnare il record di punti per un freshmen in ACC. Ma non solo perché Scheyer l’ha utilizzato molto in uscita dai blocchi o in attesa di uno scarico sul perimetro e si è vista tutta la qualità da playmaker secondario di Flagg, veloce nel trovare il centro sotto canestro dopo lo short roll o quando raddoppiato. Semplicemente dominante.

Florida. I Gators fanno tremendamente sul serio. L’amara sconfitta contro Kentucky poteva lasciare delle scorie velenosissime per come era arrivata, ma rialzarsi rifilando trenta punti di scarto alla #1 della nazione e imbattuta Tennessee è stata una dichiarazione di forza non indifferente. Raramente si è vista una squadra capace di arrivare al ferro con continuità contro i Vols e il merito è stato di un backcourt che ha dominato fisicamente Zakai Ziegler e Chaz Lanier, apparsi molto stanchi. Non paga, la squadra di Todd Golden ha battuto sabato in trasferta Arkansas alimentando le ambizioni di una versione dei Gators dal forte potenziale difensivo non sempre al passo con l’attacco fulminante.

 

Curtis Jones (Iowa State). Se Iowa State resta stabilmente alla numero 3 del ranking lo deve al fatto che quest’anno oltre alla difesa c’è un attacco che funziona, e se l’attacco funziona è perché i Cyclones si permettono di fare uscire dalla panchina una bocca da fuoco come Curtis Jones, giocatore che quando conta sa sempre come rendersi utile. Anche nella sofferta vittoria in casa della tostissima Texas Tech, Jones ha mostrato il suo vasto repertorio fatto di corse sui blocchi, jumper e triple. Per lui 26 punti, alcuni dei quali pesantissimi nella rimonta. Insostituibile.

Mark Sears (Alabama). Ci ha messo del tempo per carburare, ma questo è il Mark Sears che ci aspettavamo in questa stagione. Accentratore, nel vivo del gioco, sempre in campo, capace di comandare l’attacco di Alabama su e giù per il campo e nella tosta trasferta contro Texas A&M essere anche decisivo nel finale. In questo weekend è arrivato anche il record: è il secondo giocatore dei Crimson Tide a toccare quota 1500 punti, 300 assist e 200 triple in carriera. In una SEC dal livello così alto, avere un Sears che, passato dicembre, non è mai sceso sotto i 20 punti potrebbe essere decisivo.

 

Vlad Goldin (Michigan). Settimana monstre per il gigante russo: rollante incontenibile (e pericoloso anche spalle al ferro) contro UCLA con un bottino finale di 36 punti, poi di nuovo top scorer dei suoi con 19 punti in 26 minuti (quasi senza errori) contro Washington, per due vittorie d’autorità che lanciano i Wolverines in cima alla Big Ten (5-0) in compagnia dei cugini di Michigan State. Per non farci mancare niente, il centrone ha anche segnato una tripla in ciascuna delle due gare (e non a babbo morto). Così è ingiocabile.

Jemel Jones (CSU Bakersfield). 48 punti in una partita NCAA non si vedono spesso. E 48 punti in 27 minuti dalla panchina sono qualcosa d’incredibile. Aggiungiamo che la sua squadra era anche sotto di 23 nella partita contro Cal State Northridge ed ecco qui che si è creata la storia più folle della settimana. Il sesto uomo dei Roadrunners è uno a cui si scalda la mano facilmente (già cinque volte sopra quota venti in stagione) ma il 14/23 dal campo e il 6/11 da tre sono stati qualcosa di impensabile.

 

Villanova. La sconfitta di domenica con St. John’s è arrivata un po’ come una doccia fredda, ma è innegabile che i Wildcats sembrino un’altra squadra adesso. Certo, tutto continua a iniziare e finire con Eric Dixon (il che è un limite non da poco), ma il contorno è finalmente più affidabile e Wooga Poplar in particolare è stato un secondo violino tremendamente efficace durante le ultime settimane. 4-2 in Big East con una vittoria su UConn: nessuno ci avrebbe scommesso a fine novembre.

Arizona. E zitto zitto, Tommy Lloyd ha rimesso in piedi Arizona dopo un inizio di stagione dove ogni big match si era concluso con una sconfitta. Ora i Wildcats sono imbattuti in Big 12 e in settimana hanno smantellato la buonissima West Virginia in trasferta grazie ad una prova corale su entrambi i lati del campo. Il coach ha sistemato le rotazioni spostando in panchina sia KJ Lewis che Henri Veesaar, introducendo in quintetto Anthony Dell’Orso: il risultato è stato che anche Caleb Love è diventato più efficace, con molti meno minuti a disposizione e meno palla in mano. Il test arriva sabato a Lubbock in un palazzetto caliente come quello di Texas Tech.

 

Jaxson Robinson (Kentucky). Ogni tanto esplode Lamont Butler, ogni tanto Koby Brea, ma il vero motore dell’attacco di Kentucky è Jaxson Robinson, pretoriano di Mark Pope che il coach si è portato dietro da BYU. Se si ferma lui, si fermano i Wildcats. Il suo jumper morbido ed elegante e la sua versatilità difensiva (è praticamente 2 metri) sono una delle chiavi della buona stagione della squadra. Contro Mississippi State ha sostanzialmente eseguito un clinic offensivo: 27 punti con 2/2 da 2, 7/10 da 3 e 2/2 dalla lunetta. Letale.

Primo Spears (UTSA). Viaggia a 21.4 punti di media ed era stato tremendamente costante fino a capodanno, ma nelle ultime due settimane ci ha regalato delle vere montagne russe: prima 6 punti con 3/14 al tiro con Tulane, poi 40 in un losing effort contro Tulsa e infine giù di nuovo con 8 punti contro Wichita State, ma in quest’ultima i suoi hanno vinto a sorpresa e l’ex Florida State ha pure distribuito 6 assist a fronte di una sola persa. Ecco, magari allora non serve che faccia tutto lui in attacco.

 

Tennessee. Se il fortissimo Chaz Lanier (ve ne abbiamo parlato) si ferma, o viene fermato dagli avversari, allora si ferma quasi tutta Tennesse, o almeno il suo attacco. Ed è così che le ultime due partite dei Volunteers si sono trasformate in una faticaccia per coach Rick Barnes. Una sconfitta di 30 punti in casa di Florida e una vittoria strappata nel finale in casa di Texas, grazie a una tripla di Jordan Gainey e a una scorribanda di Zakai Zeigler. Ma la sensazione è che le avversarie stiano trovando antidoti contro Tennessee.

Jaland Lowe (Pitt). La guardia al secondo anno dei Panthers rimane un giocatore molto interessante, ma lui e la sua squadra hanno sprecato un’occasione perdendo in casa contro Louisville. Da molti indicati come la vera seconda forza della ACC dietro Duke, hanno fallito alla prima prova del 9 e Lowe ha un po’ sofferto la difesa arcigna dei Cardinals che gli ha regalato molti liberi (13/13 per lui alla fine), ma gli ha tolto fluidità in attacco (4/10 da 2 e 1/5 da 3). Una scelta che alla fine ha pagato.

 

DJ Wagner (Arkansas). I Razorbacks non hanno mai davvero convinto contro le grandi ed ecco infatti che il loro 2025 inizia malissimo, con tre L rimediate da Tennessee, Ole Miss e Florida (le ultime due in casa). Il dito è puntato innanzitutto verso coach Calipari – com’è giusto che sia – ma serve anche che qualcuno dia la scossa. Wagner è il giocatore più importante della squadra e non lascia quasi mai il campo: il 7/24 dal campo nelle ultime due uscite è un qualcosa che i suoi evidentemente non si possono permettere.

Il ciapanò di Kansas-Cincinnati. Se ve la siete persa, buon per voi. Kansas alla fine ha vinto con relativa scioltezza (+14) visto che Cincinnati ha quasi completamente smesso di segnare durante gli ultimi sette minuti abbondanti, in una gara in cui sono stati messi a referto 94 punti in totale con percentuali oscene da oltre l’arco dei tre punti: 2/21 per i Jayhawks e 3/22 per i Bearcats.

 

BYU. Aveva chiuso il 2024 benissimo (+20 con Arizona State) ma il 2025 è stato un calvario fin qui. Una batosta con Houston e poi, in settimana, due mancate occasioni di riscatto con Texas Tech (punita da troppe triple e liberi sbagliati) e TCU (troppe palle perse). I Cougars già rischiano di non sganciarsi dalla metà bassa della Big 12: imperativo vincere almeno tre delle prossime quattro, tutte con squadre alla portata sulla carta (Oklahoma State, Utah, Colorado e Cincinnati), altrimenti sarà naufragio.

Butler. Sembrava brutto lasciare DePaul sola soletta in fondo alla Big East, quindi i Bulldogs hanno deciso di farle compagnia. Stanno lì appaiate con record 0-6 ma Butler è se possibile anche più malridotta, visto che al momento conserva la striscia negativa più lunga fra le formazione di P5 (9 sconfitte). Con Creighton se l’è giocata per buona parte del match ma questa è davvero l’unica, magrissima nota positiva che si può trovare. La squadra che aveva fatto fuori Mississippi State e Northwestern a fine novembre semplicemente non c’è più.

 

Green Bay. Abbonata alla parte più bassa delle nostre pagelle e non potrebbe essere altrimenti per la squadra che “vanta” la striscia negativa più lunga di tutta la D1. Ultimissima nella Horizon con 0 vittorie e 7 sconfitte, le L consecutive per i Phoenix ora sono ben 13 (record 2-16 in stagione). Dopo i -23 e -28 rimediati nelle due gare precedenti, in settimana hanno perso soltanto di 11 con Milwaukee. Stappate lo champagne.

Mick Cronin (UCLA). A Roma direbbero “ma che davero?”. Il coach della prima squadra losangelina dopo la sconfitta contro Michigan ha regalato uno show davvero imbarazzante, superando il collega Dan Hurley per il titolo di “peggiori dichiarazioni post partita”. Cronin, non nuovo a uscite di questo genere, ha scaricato tutta la responsabilità della sconfitta sui suoi giocatori. “Io sono quello che mette più passione e più energia di tutti negli allenamenti e sono stanco. È ridicolo, la verità è che è davvero difficile allenare un gruppo cosi deludente”. Ha aggiunto altre critiche, ma al di là dei dettagli stupisce vedere un coach prendersela con atleti giovani, non professionisti e peraltro scelti da lui. Verrebbe da dire: “caro Cronin è una squadra difficile da allenare? Beh servirebbe un coach, ne conosci qualcuno bravo?”.

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