Atleti accusati e mai sospesi; transfer accettati nonostante le denunce delle vittime; allenatori che preferiscono non rispondere e atenei che chiudono un occhio sui casi riguardanti le proprie stelle. Quello degli scandali sessuali è il “segreto di Pulcinella” della NCAA: tutti sanno, ma nessuno ha mai fatto un passo decisivo per contrastare attraverso leggi chiare e univoche la questione.
In alcuni casi, le conseguenze degli scandali non solo hanno avuto ripercussioni sull’immagine delle università, ma anche e soprattutto sui risultati sportivi. Il college che forse più di ogni altro ha patito sul campo le turbolenze del dietro-le-quinte è Michigan State, i cui risultati sportivi degli ultimi anni, soprattutto nel basket (e qualcuno sostiene non sia un caso) sono stati al di sotto delle aspettative. Ne ha parlato di recente con BN anche Kevin Willis, ex star Nba ed ex alunno di MSU.
Dopo che il movimento #metoo ha messo in luce il problema delle molestie sessuali a livello mondiale, denunciandolo come un “sintomo di un certo tipo di mascolinità tossica che è allevata da privilegi maschili istituzionalizzati” (per usare le parole con cui l’Independent lo descrisse nel 2018), il silenzio e l’omertà di molti degli atenei statunitensi di fronte alle denunce delle proprie studentesse è sembrato anche più assordante.
Il caso più eclatante rimane quello di Larry Nassar, dottore del programma di ginnastica artistica di Michigan State e della nazionale statunitense. Nell’inchiesta condotta da ESPN (un report dettagliatissimo del format “Outside the Lines”), si mette in luce come quello che è successo a Michigan State è un serio caso di “negazione, apatia e soppressione di informazioni”; uno scandalo di grandi proporzioni che ha portato alle dimissioni del capo dell’ Athletic Department degli Spartans, Mark Hollis, e che ha investito anche il programma di basket.
Secondo le accuse, la principale responsabilità dell’ateneo e del dipartimento è stata quella di mettere a tacere le accuse delle vittime piuttosto che perdere alcune delle proprie star. O peggio, piuttosto che coinvolgere membri dello staff, ossia coloro che avrebbero dovuto insegnare ai propri ragazzi i valori del rispetto e della responsabilità. È stato questo il caso di Travis Walton, ora assistant coach degli Agua Caliente Clippers (Ontario) nella NBA G League. Walton era stato uno dei fautori del titolo NCAA degli Spartans nel 2009 ed era stato nominato miglior difensore dell’anno nella Big 10. Finita la carriera da giocatore, era rimasto nello staff come “undergraduate student assistant coach”.
Nel gennaio 2010 si è però reso partecipe di una violenza contro una ragazza in un bar di East Lansing. Quando Ashley Thompson ha rifiutato l’approccio in un bar, Walton ha prima proferito la frase “tu non sai chi sono io”, per poi colpire la giovane al volto fino a lasciarla priva di sensi sul pavimento del locale. Nonostante l’accusa della ragazza fosse confermata anche da due testimoni, all’epoca dei fatti nessuna azione legale venne presa contro Walton che potè continuare a viaggiare con la squadra per il resto del campionato. “La decisione del giudice mi ha spezzato il cuore – avrebbe poi commentato Ashley – Non è possibile che solo perché questa persona era un giocatore e che adesso fa parte dello staff della squadra di basket, può fare quello che vuole e cavarsela in questa maniera”.
A rendere ancora più grave la vicenda fu il fatto che membri interni al dipartimento avessero suggerito alla donna di non riportare la violenza e di non parlare ai media dell’accaduto, secondo quanto lei stessa ha raccontato a ESPN. Ad aprile le accuse sono cadute e del file, secondo l’inchiesta, non vi è più traccia nell’archivio di MSU. Due mesi più tardi però, il nome di Walton è ricomparso in una denuncia da parte di un’altra studentessa, sempre di Michigan State, assieme a quello di due giocatori di MSU (di cui non è mai stato fatto il nome). Questa volta l’accusa rivolta all’ex giocatore è violenza sessuale.
La ragazza non aveva denunciato immediatamente la violenza alle autorità, ma ne aveva parlato al consulente dello sportello per le violenze sessuali. La ragazza si è decisa a parlare dopo aver letto che lo stesso uomo aveva cercato di violentare anche un’altra ragazza. Questa volta la lettera arriva dritta nella mani del direttore Hollis che dichiara immediatamente di voler avviare lui stesso delle indagini. Molte settimane dopo, Hollis comunica però alla ragazza e ai genitori di avere parlato con la squadra di basket, ma che non sarebbero stati presi provvedimenti contro nessuno dei giocatori o membri dello staff: “Non c’è molto che possiamo fare contro i giocatori tranne che aumentare la loro consapevolezza sul tema e intensificare il programma di sensibilizzazione”.
In realtà, finalmente questa volta Walton viene licenziato, ma poco o nulla viene fatto contro i due giocatori. Peraltro, l’allenatore accusato in tutti gli anni a MSU aveva vissuto in casa di coach Tom Izzo, un dettaglio che ha poi messo ancora più in cattiva luce l’allenatore degli Spartans il quale, interrogato sulle vicende, ha sempre preferito glissare (come riportato non solo da ESPN, ma anche dall’ Huffington Post e dal Wall Street Journal) .
Non finisce qui. Il 30 agosto 2010 Carolyn Schaner e un’amica si recano all’ufficio della polizia del campus per denunciare un episodio accaduto la sera precedente. Due giocatori, i top recruits Adreian Payne e Keith Appling, l’hanno approcciata nel dormitorio e invitata nella loro stanza. I tre hanno iniziato a giocare al “minature basket”, ma i due giocatori hanno deciso di rendere più piccante il gioco: ogni volta che uno dei tre sbagliava un tiro, questi doveva togliersi un capo d’abbigliamento. La ragazza ha spiegato che, dopo essersi tolta solo la maglietta sotto la quale indossava un reggiseno sportivo, si è rifiutata di proseguire. I due giocatori allora, dopo aver spento la luce, hanno violentato ripetutamente la giovane donna che non è riuscita a fuggire dalla stanza se non la mattina seguente.
Anche in questo caso, al momento della denuncia, alla vittima viene suggerito di non portare avanti le accuse, dato che “non avrebbe retto la pressione di aver denunciato dei giocatori di basket di MSU”. Gli annuari dimostrano che entrambe le matricole giocarono quella stagione (Payne 6 partite da titolare, Appling 19) e secondo quanto riportato da ESPN nessuno dei due ricevette punizioni o ammonimenti da parte dell’ Athletic Department . Il caso Payne-Appling fece molto clamore e numerose furono le proteste nel campus, tanto che l’università comunicò pubblicamente l’intenzione di attivare delle indagini interne secondo le indicazioni del Title IX, un emendamento della costituzione americana che tratta anche il tema della violenza sessuale e di come gli atenei si debbano comportare, anche e soprattutto quando sono interessanti degli studenti/atleti.
Così, dopo che nel 2014 un’altra studentessa ha denunciato una violenza sessuale sempre a carico di un giocatore di basket, l’US Department of Education’s Office for Civil Rights ha avviato un’ indagine formale contro l’università. L’agenzia, dopo aver preso in considerazione 150 denunce dal 2011 al 2014, ha confermato il 20% dei casi. E assieme alla reputazione, a colare a picco sono anche i risultati sul campo. L’eco dei ripetuti scandali ha avuto degli effetti devastanti sui risultati degli Spartans che, dopo aver vinto il titolo nel 2009, non hanno più saputo ripetersi né raggiungere gli obiettivi fissati a inizio stagione, nonostante abbia quasi sempre avuto a disposizione roster di tutto rispetto.
Nel 2016 sono stati eliminati al primo turno da Middle Tennessee e nei due anni seguenti non sono riusciti ad andare più in là del secondo turno. All’ultimo Torneo NCAA hanno perso contro una squadra come Syracuse che non aveva certo brillato in regular season (23-14 e 8-10 in conference), senza contare la sconfitta contro Michigan nelle semifinali del torneo di conference. È dal 2015 che l’obiettivo Final Four non viene raggiunto e, dopo 23 stagioni, qualcuno inizia a pensare (e suggerire) che ci sia bisogno di aria fresca nel programma degli Spartans.