C’è un motivo se Tom Izzo è chiamato Mr. March. Ogni sua classe di senior a Michigan State (tranne quella del 2014) è arrivata alle Final Four almeno una volta. Otto Final Four in 25 anni di carriera, ma un solo titolo, nel 2000, per un coach già nell’Hall of Fame di Springfield da quattro anni. Quel titolo, però, è rimasto nella storia per i componenti di quella squadra, ovvero i famigerati Flintstones, il cuore della squadra di cui vi racconteremo la storia.
La genesi dei Flintstones
Izzo arriva sulla panchina di Michigan State nel 1983 come assistente ed eredita da Jud Heathcote, allenatore che ha vinto l’unico titolo fino ad allora nel 1979 con Magic Johnson, la panchina nel 1995. Oltre al posto da capo allenatore, eredita anche la tradizione del bacio del logo al Breslin Center da parte dei senior nella Senior Night e la classe di reclutamento 1995 che porta ad East Lansing i primi due Flintstones: Antonio Smith e Morris Peterson. Flint è, secondo Forbes, una delle città meno vivibili degli USA, a causa di diverse crisi finanziarie negli ultimi decenni, ma ha dato i natali ad una delle squadre più leggendarie della storia del college basketball, oltre ad un regista premio Oscar come Micheal Moore.
Smith viene da Northern HS, Peterson da Northwestern HS e scocca la scintilla tra Izzo e i ragazzi di Flint: “Smith (che divenne un’icona a Flint) è colui che ha influenzato Peterson ad andare a MSU. Peterson ha influenzato Mateen Cleaves che ha influenzato me” ha dichiarato Charlie Bell in un’intervista. Infatti, nei due anni successivi, arrivano prima Mateen Cleaves, amico di infanzia di Peterson che viene da Northern HS, e poi nel 1997 Charlie Bell da Southwerstern, la terza ed ultima HS della città. Fin dal primo anno insieme, diventano l’anima della squadra: grintosi, cattivi, determinati, la loro mentalità si inserisce benissimo all’interno dell’ambiente Spartans.
"The Flintstones" My brothers!!!!! #TBT #SpartanNation #MSU #FlintTown #1Goal1Passion pic.twitter.com/hTBnR9Y1dO
— Mateen Cleaves (@Mateen_Cleaves) May 12, 2016
Cleaves, un McDonald’s All-American, sembrava destinato a Michigan, ma nel febbraio del 1995 un’incidente stradale con i giocatori dei Wolverines a Detroit durante una visita ufficiale solleva un polverone. Detroit è lontana più di 30 miglia da Ann Arbor e quindi è un’infrazione per l’Ncaa, che circoscrive le visite alla zona limitrofa al campus. L’università cerca di rimediare, diramando le scuse ufficiali nei confronti di Ncaa e Cleaves, che si vendica, scegliendo i rivali. È un evento così particolare perché darebbe il via ad un’altra storia, ovvero quella di Ed Martin, booster che stava in macchina con Cleaves, e lo scandalo che portò all’eliminazione delle stagioni dei Fab Five.
Nei primi due anni dei Flintstones al completo arrivano due titoli della Big 10, i primi dal 1990, ma arrivano anche due grandi delusioni al torneo con le squadre del North Carolina: nel 1998 con la UNC di Vince Carter, la prima del dopo Dean Smith, e nel 1999 in semifinale contro la Duke di Shane Battier ed Elton Brand.
Infortuni, sconfitte
“Non saremmo diventati campioni senza quella sconfitta contro Duke. I ragazzi, in estate, fecero del titolo la loro ragione di vita. Si allenarono tutti i giorni durante l’offseason” così ricorda Izzo in un pezzo del Detroit News per il ventennale del titolo. Quella semifinale doveva essere l’ultima partita della classe di reclutamento del 1995, ma non per Morris Peterson, che era stato redshirt nella prima stagione e quindi ancora eleggibile. A sostituire Smith, c’è AJ Granger, lungo bianco che giocherà anche a Milano, per il resto Cleaves, Bell e Andrè Huston completano il quintetto. Gli allenamenti estivi diventano il tempio in cui si forgiano le anime di una squadra da titolo: “Abbiamo lavorato non stop tutta l’estate. Abbiamo messo su massa, affinato la chimica di squadra, ci siamo spinti l’un l’altro per tre mesi”, ha spiegato David Thomas, junior in quell’anno e attuale DOBO di Michigan State.
Spingono così tanto che il piede di Mateen Cleaves crolla: il responso medico è due mesi fuori e arrivederci all’anno nuovo. Insieme al suo piede, crollano anche le ambizioni di Michigan State. Cleaves è il leader della squadra, l’estensione di Izzo in campo, tanto che alcuni lo consideravano suo pari. Il coach, poi, è solito preparare delle non-conference schedule mortali e gli Spartans avrebbero dovuto giocare, in sua assenza, contro diverse squadre del ranking come Texas, North Carolina, Kansas, Arizona e Kentucky. Un potenziale massacro per la #3 del preseason ranking.
“Quando Mateen s’infortunò, capimmo che avremmo dovuto fare un passo in avanti, in quanto a responsabilità. Lo so che è un cliché, ma fu fondamentale. Ci diede fiducia”, ricorda Charlie Bell. David Thomas è il sostituto designato di Cleaves e dalla panchina assume un ruolo decisivo un freshman del Michigan che, nonostante venisse da Saginaw (città che darà i natali anche a Draymond Green, altro grande Spartans), diventa un Flint d’adozione: Jason Richardson.
Le tredici partite senza Cleaves si chiudono con un record 9-4, ma non sono le sconfitte contro Texas, Arizona e Kentucky a far saltare i nervi ad Izzo, bensì quella del 28 dicembre in casa di Wright State, squadra che poi finirà la stagione con il record 11-17. Il giorno dopo, nel campo di allenamento di Michigan State, Izzo porta i ragazzi in guerra, ovvero gli fa giocare il cosiddetto War, una partita 5 contro 5 a tutto campo, senza falli o infrazioni con le protezioni da football americano. Forse, la vera sconfitta propedeutica fu proprio quella con Wright State.
Baci e vittorie
Con il ritorno di Cleaves, la squadra domina la concorrenza in Big Ten, perdendo solo due volte in volata in trasferta contro Purdue e Indiana e un’altra volta nettamente contro Ohio State, con cui condividerà il titolo della regular season. A febbraio, riescono a strapazzare anche la UConn campione in carica, tanto che Calhoun a fine partita commenta stupito: “Sono sbalordito per l’intensità e l’energia che hanno messo in campo. Sono stati fenomenali, non ci hanno dato il minimo spazio per potere vincere la partita. Un pochino li odio”.
Ma non è la migliore prova che gli Izzo’s Boys versione Flintstones propongono in regular season. Quattro giorni prima della partita contro gli Huskies, Morris Peterson aveva posto le basi per il titolo di Player of the Year della Big 10, mettendo 32 punti in trasferta nel derby contro Michigan. Ma nella Senior Night, sempre contro Michigan, c’è il capolavoro assoluto: 114-63, +51, cinque giocatori in doppia cifra con Bell che ne mette 31 e Cleaves che segna il record (ancora imbattuto) di assist smazzati in una partita di Big Ten (20).
Il torneo della Big Ten è solo una formalità con gli Spartans che eliminano in tre giorni Iowa, Wisconsin e Illinois. Si presentano al torneo come #1 del Midwest Regional, la #1 overall è Duke e c’è la Cincinnati di Bob Huggins e Kenyon Martin che può dire la sua per il titolo. Nelle prime due partite non c’è storia: +27 a #16 Valparaiso e +12 alla #8 Utah di Majerus. Da Cleveland, sede delle prime due partite, si passa ad Auburn Hills, distante 80 miglia da East Lansing. Per la prima volta nella loro storia, gli Spartans sentono il sostegno di tutto lo stato: “Ogni hotel, ogni pompa di benzina, aveva una sciarpa, una maglietta o uno stendardo di Michigan State attaccato all’ingresso. Era la prima volta che vedevo una cosa del genere. Faceva impressione”.
Un titolo per la storia
La pressione s’inizia a sentire e i Flintstones si ritrovano sotto di 10 all’intervallo contro la poco talentuosa ma sempre rognosa Syracuse. All’intervallo, Izzo rientra negli spogliatoio e trova Peterson, 5 punti nel primo tempo, appiccicato al muro con il pugno stretto a tenere la maglietta e la faccia di Cleaves, che aveva fatto virgola nella casella punti, a due centimetri dalla faccia. Il coach li guarda, la situazione si sistema, dà le indicazioni tattiche e si torna in campo. Nessuno fiata sul fatto appena accaduto. David Thomas dirà anni dopo: “In estate, diventammo uno responsabili dell’altro. Mateen era quello che aveva lavorato più di tutti e stavamo andando fuori in quel momento. Quella reazione era nell’ordine normale delle cose”. La reazione c’è e si vede: 51 punti nel secondo tempo, 16 per Peterson e 10 di Cleaves, +17 a Syracuse e dritti alle Elite Eight, dove anche Iowa State fa soffrire gli Spartans. Meno 7 a sei minuti dalla fine, prima del parzialone finale di 20-2 che riporta, a distanza di un anno, Michigan State alle Final Four.
Gli Spartans arrivano ad Indianapolis, sede della Final Four, avendo battuto tutti i miglior seed che potevano incontrare: #16, #8, #4 e #2. Dall’altra parte, hanno una squadra che conoscono bene: la Wisconsin allenata da Dick Bennett, inventore della Pack Line Defense che suo figlio Tony metterà a punto negli anni successivi. I Flintstones hanno un record stra positivo contro di loro, 7-1, ma quella sconfitta brucia: anno 1998-99, Michigan State rimedia l’unica sconfitta dell’anno in Big Ten. Brutta, sporca e a basso punteggio la semifinale, ma il verdetto è quello che si aspetta, Michigan State batte di 12 Wisconsin e vola in finale, dove affronterà la sorpresa dell’anno, la Florida di un rampante Billy Donovan che ha battuto Duke alle Sweet 16.
Lo stile di gioco dei Gators è peculiare per gli stili della Big Ten: ritmi alti, difesa allungata su tutto il campo e tiri da tre. Quindi Izzo prepara una due giorni di allenamenti intensissima per prepararsi all’appuntamento con la storia, ma la sera dopo la semifinale sente bussare alla porta della sua camera di hotel. È Mateen Cleaves, in veste di capitano: “Gli dissi ‘Coach, i ragazzi sono stremati. Penso che un solo allenamento basta per giocare alla grande lunedì”. Izzo lo guarda e acconsente alla giornata di riposo. Il risultato è un primo tempo da favola nella finale. Undici punti di Cleaves, undici punti di distacco tra le due e una squadra carica per chiudere la faccenda nella ripresa.
Ma, per la seconda volta, la troppa carica degli Spartans si rivela fatale. Dopo quattro minuti della ripresa, Cleaves, per prendere un rimbalzo, cade sul piede di Teddy Dupay e si storce la caviglia del piede rottosi in estate. Cade il gelo sugli Spartans, che però si ricordano di quelle tredici partite giocate senza il loro leader, del passo in avanti che hanno dovuto fare e salgono in cattedra AJ Granger, 19 punti, e Morris Peterson, 21 punti, per tenere a distanza i Gators. Quando Cleaves torna, con una caviglia incerottata e fasciata, suona la carica per vincere il titolo: 89-76, MOP per Cleaves, secondo titolo per gli Spartans, primo per Izzo, che riceva la chiamata del presidente Clinton al telefono.
15 febbraio 2020. Breslin Center, East Lansing. Michigan State si gioca la possibilità di agguantare la vetta della Big Ten contro la capolista Maryland. Tutta la squadra del 2000 è presente per festeggiare il ventennale del titolo. La partita non è delle migliori per la squadra di Izzo: sotto di 15 a fine primo tempo, riescono ad inizio secondo tempo a rimontare e a portarsi sul +7, prima della rimonta e vittoria finale dei Terrapins. A guidare gli Spartans, c’è Cassius Winston che, giusto un mese prima, contro Wisconsin, ha superato il record di assist nella storia dell’università di Mateen Cleaves e lo omaggerà nella sua Senior Night con il bacio del logo. A fine stagione, Michigan State conquisterà il terzo titolo consecutivo della Big Ten, in ex-aequo, proprio come quei Flintstones lì vinsero il loro terzo titolo della Big Ten nel 2000 in ex-aequo. Chissà come sarebbe andata a finire la March Madness 2020.