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Michigan come al solito stupisce tutti

Autore: Stefano Fontana
Data: 30 Nov, 2019

A sorpresa è Michigan a portare a casa il prestigioso Battle 4 Atlantis, torneo NCAA che si svolge alle Bahamas. Nonostante la presenza di quattro college della Top 25 (#6 North Carolina, #8 Gonzaga, #11 Oregon e #13 Seton Hall) i Wolverines si sono mostrati la squadra più matura ed equilibrata, alzando il trofeo al termine di una tre giorni entusiasmante.

Isaiah Livers è stato il miglior marcatore con 16.6 punti di media nel torneo, ma il contributo del lungo Jon Teske (doppia doppia da 19 punti e 15 rimbalzi per avere ragione degli Zags 82-64 in finale) è stato essenziale come quello di Zavier Simpson, autore di 11 assist di media nelle tre partite giocate. I ragazzi di coach Juwan Howard sono ancora imbattuti (7-0) in stagione e assaporeranno la Top 25 lunedì prossimo. Inoltre, possono sorridere pensando alla cabala: le ultime due vincitrici del Battle 4 Atlantis (Villanova nel 2017 e Virginia nel 2018) hanno poi trionfato anche nel Torneo NCAA.

Non solo Michigan, però: le sfide nelle Bahamas hanno fornito diversi spunti di riflessione.

Cole Anthony è già pronto

Perdendo in semifinale dai Wolverines, North Carolina ha sporcato il suo record stagionale: i Tar Heels hanno lasciato andare la grande occasione di giocarsi il titolo contro Gonzaga, ma non sono mancati segnali positivi. Cole Anthony, ad esempio, ha dimostrato ancora una volta di poter essere un fattore in entrambe le metà campo, e non solo per stoppate come quella qui sotto.

 

Le sue letture ed il suo atletismo fanno girare molto bene la difesa di coach Roy Williams, che tuttavia non è riuscita a mettere un freno alla grande giornata di Eli Brooks (24 punti con 4/6 dall’arco) in semifinale. Importante comunque, ai fini del ranking ma non solo, aver battuto Oregon nella “finalina” per il terzo posto (78-74). Un segnale di buona tenuta mentale soprattutto da parte dei più giovani: 19 punti per il già citato Anthony, 23 con 12 rimbalzi per l’altro freshman Armando Bacot.

Le due (quasi) rimonte di Oregon

I Ducks, nonostante le due sconfitte su tre partite giocate, sono comunque stati una delle squadre più divertenti della rassegna. Tutt’altro che continui nel rendimento, gli uomini di Dana Altman hanno però mostrato grande resilienza. Nei quarti di finale, infatti, una grande prova di Payton Pritchard ha permesso a Oregon di rimontare 19 punti di svantaggio a Seton Hall negli ultimi 16 minuti, andando a vincere 71-69 con due giocate incredibili di Shakur Juiston sotto i tabelloni nei possessi finali. Impresa quasi ripetuta il giorno successivo, nella semifinale contro Gonzaga. Petrusev (che ha chiuso la gara con 22 punti e 15 rimbalzi) ha portato i suoi fino al +17, ma i Ducks sono riusciti di nuovo a cambiare marcia, sfruttando bene i 18 rimbalzi offensivi e arrivando a pareggiare l’incontro con i liberi di Duarte. Alla fine, però, sono stati decisivi altri liberi, quelli sbagliati da Juiston alla fine dell’overtime, che hanno di fatto consegnato la vittoria ai Bulldogs. Nell’ultima partita, comunque giocata punto a punto, Oregon è sembrata un po’ scarica mentalmente, e alla fine ha ceduto il passo a UNC.

Duarte in azione. Fonte: Oregon Man’s Basketball (twitter)

L’infermeria di Gonzaga

Gonzaga ha dovuto fare i conti con una brutta notizia già all’inizio della gara d’apertura del torneo: il freshman Anton Watson ha lasciato il campo dopo appena 45 secondi di gioco per una storta alla caviglia, presentandosi con un tutore nelle giornate successive. I Bulldogs si sono comunque liberati di Southern Mississipi (94-69 con una prova magistrale da 28 punti in 29 minuti di Corey Kispert), per poi fornire una prestazione bipolare (splendida nel primo tempo, molto meno nel secondo, in cui hanno collezionato un misero 28% dal campo) contro i Ducks.

 

La sconfitta in finale con Michigan fa male, ma una parziale giustificazione arriva dai problemi fisici: già citato Watson, il suo pari-ruolo Killian Tillie ha saltato la prima partita per non affaticare il suo ginocchio operato. Noie fisiche anche per le due guardie titolari, Admon Admon Gilder e Ryan Woolridge, che comunque sono scesi in campo anche nella finale persa in malo modo contro Michigan. Per Mark Few sarà importante ritrovare integrità fisica nel suo gruppo in vista dei impegni di dicembre: dopo Texas Southern, i Bulldogs affronteranno in serie Washington, Arizona e North Carolina.

La delusione di Powell e Seton Hall

Myles Powell è stato un altro degli argomenti di discussione del Battle 4 Atlantis. La sua Seton Hall ha pagato di nuovo dazio contro una squadra di Top 25 (come già successo a metà novembre contro Michigan State), venendo eliminata già al primo turno del torneo, nonostante la super point guard continui a fare quello che gli riesce meglio: tirare e segnare. I suoi score sono impressionanti (32 punti contro Oregon con 11/26 dal campo, 18 e 24 nelle comode vittorie del torneo di consolazione contro Southern Miss e Iowa State), ma anche stavolta, come contro gli Spartans, Powell non è riuscito a portare i suoi alla vittoria. Se contro gli Spartans, però, le sue triple erano servite a tenere in vita una partita altrimenti già chiusa, contro Oregon il suo contributo è totalmente mancato negli ultimi 6 minuti di gioco: 0/7 dal campo, con i soli 2 punti ottenuti alla linea del tiro libero, dopo una prima mezz’ora di gioco sontuosa.

Prendere tiri molto difficili e spesso contestati (e segnarli) è nel suo stile, ma la sensazione è che coach Kevin Willard debba trovare una soluzione per evitare di dipendere troppo da Powell nei finali testa-a-testa. In ogni caso, nonostante la buona crescita di Mamukelashvili (14 punti e 5.7 rimbalzi nelle tre partite) la sensazione è che ai Pirates manchi ancora un giocatore anche lontanamente in grado di prendersi le stesse responsabilità (con le stesse percentuali realizzative) nei momenti cruciali delle partite. Il prossimo banco di prova sarà la sfida in casa di Maryland del 20 dicembre.


Il piccolo inconveniente occorso durante la gara per il quinto posto tra Seton Hall e Iowa State.

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