Da fenomeno locale a internet sensation a stella inesplosa. Mac McClung non ha mai smesso di divertire ma, arrivato al college, non ha mai iniziato a vincere. I suoi due anni a Georgetown, fra ricostruzioni e disfacimenti, sono stati complicati. Ora però il suo approdo a Texas Tech potrebbe restituirci un giocatore molto diverso.
Un destino sbagliato
Highlight machine ben al di sotto del metro e novanta, biondino di un piccolo centro della Virginia, sorriso da bimbo fuori dal campo e ghigno beffardo sul parquet: questi gli ingredienti alla base della bestia strana che, un paio di anni fa, spopolava sui social e i cui video facevano sgranare gli occhi agli appassionati americani. Specie quelli che tifano Georgetown, i quali non vedevano l’ora di vederlo all’opera.
Il buzz intorno a McClung era abbastanza potente, anche perché arrivava a Washington DC forte di un doppio record che gli dava un’aura da predestinato, cioè quello di miglior scorer liceale in Virginia, sia per punti accumulati in carriera che in una singola annata. Record infranti superando un certo Allen Iverson, l’ultimo grande Hoya e una delle migliori point guard mai viste in assoluto.
Niente di meglio per stimolare le fantasie di una nobile decaduta come GTown. McClung doveva arrivare lì, formare un backcourt da urlo con James Akinjo, schiacciare tutto lo schiacciabile e rivoluzionare la cultura della squadra, ovvero restituirle un’anima vincente che oramai non le apparteneva più dai tempi della vecchia Big East. Facile, no?
Delle tre, McClung ne ha realizzata una sola, ovvero la seconda. In questi due anni ci ha regalato salti impossibili e giocate elettrizzanti, ma l’intesa col compagno di reparto non è mai sbocciata (eufemismo) e la squadra di Pat Ewing non ha mai iniziato a fare sul serio. L’ultima stagione prometteva bene, ma si è rivelata davvero nefasta fra lo scandalo LeBlanc-Alexander e la partenza di Akinjo, col quale ora condivide a distanza un destino curioso: andare in una high major con ambizioni forti per sostituire un italiano che se ne va.
Un nuovo inizio
Akinjo ad Arizona per Nico Mannion e McClung a Texas Tech per Davide Moretti: la diaspora delle PG di Georgetown si è risolta così, sotto l’ombra di un tricolore. A onor del vero, non è detto che McClung finisca per sostituire il Moro: è da vedere se la sua richiesta di waiver per essere immediatamente eleggibile verrà accolta. In tal caso, Chris Beard si ritroverebbe fra le mani un sostituto degno del neo acquisto Olimpia, ma anche un giocatore dal profilo radicalmente diverso.
Estremamente più atletico, con più punti nelle mani (e i Red Raiders, mai troppo brillanti offensivamente, hanno bisogno di uno così), ma anche molto meno maturo e disposto a darsi da fare in difesa. Almeno finora, perché a Texas Tech è inconcepibile tenere le gambe dritte: o le tieni piegate in campo, o lo fai accomodandoti gentilmente in panchina. A Lubbock non si fanno eccezioni e la tanto celebrata capacità di coach Beard di tirare fuori il meglio dai suoi potrebbe restituirci un giocatore rinato da qui a un anno. Del resto, Moretti non era esattamente arrivato lì con la fama del difensore: nulla vieta di pensare che anche McClung possa rendersi protagonista di una trasformazione simile.
I mezzi sono lì per essere sfruttati e l’ex Hoya potrebbe contribuire a creare qualcosa di speciale in un reparto guardie che conterà sul 5-star Nimari Burnett e su Kyler Edwards che pare prossimo ad esplodere.