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Loyola-Michigan, Wagner decisivo

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 30 Mar, 2018

Benché si tratti d’uno scontro fra una high-major con seed #3 e una mid-major col #11, il fascino della sfida fra Michigan e Loyola sembra risiedere nei punti in comune fra le due squadre più che nei contrasti da Davide-contro-Golia.

Una difesa ottima (Ramblers) e una eccellente (Wolverines) che condividono alcuni concetti simili, e attacchi che stanno vivendo stati di forma differenti, ma che in entrambi i casi preferiscono far scorrere i secondi, pur sapendo come gestire un contropiede. Michigan e Loyola sono rispettivamente 171a e 178a in Division I per percentuale di azioni condotte in transizione (dati Synergy) , ma la prima è 11a e la seconda 28a in quanto a punti per possesso.

Le premesse per una sfida equilibrata, decisa da dettagli minimi, non mancano.

Un attacco da manuale contro una difesa asfissiante

La manovra offensiva di Loyola è una delle cose migliori che si sono potute ammirare in questa March Madness. I campioni della Missouri Valley presentano due assetti differenti, uno col centro Cameron Krutwig e un altro formato da cinque esterni: quel che non cambia mai è la fluidità del gioco, con spaziature equilibrate e un pallone che passa fra tante mani, tutte abili nell’innescare movimenti off-the-ball ben eseguiti, o in alcuni casi in grado di leggere adeguatamente la difesa per lanciarsi in area al momento giusto.

 

I Ramblers sanno centrare la retina con varietà di soluzioni ed efficacia che hanno pochissimi eguali (58% di eFG, quinto miglior dato della nazione) ma, fra i partecipanti a questa Final Four, sono nettamente quelli col più alto TO% (18.9). Semplificando al massimo, le palle perse derivano talvolta dalla ricerca del tiro migliore giocata eccessivamente sul filo del rasoio (per complessità di linee di passaggio), talvolta dal tentativo di tenere il passo di avversari che dettano ritmi alti per tempi prolungati. Quest’ultimo non sembra dover essere un rischio che correranno sabato ma, d’altra parte, Michigan sa creare molti problemi quando schiera la sua difesa.

Per tanto tempo, coach John Beilein ci ha abituati a squadre votate all’attacco ma in questa stagione è riuscito a plasmare una difesa d’élite grazie al lavoro svolto dall’assistente Luke Yaklich (arrivato quest’anno da Illinois State, quindi qualcuno che conosce molto bene lo stile di coach Porter Moser).

Quarta in assoluto per AdjDE (91.1) e stabilmente su livelli d’eccellenza da quasi due mesi a questa parte, quella dei Wolverines è una retroguardia versatile e capace di porre molta pressione sul perimetro, fatta di giocatori capaci in uno-contro-uno e che accettano cambi di marcatura in maniera tanto forsennata quanto efficace, grazie a una comunicazione fra le parti molto ben oliata. Risultato: gli avversari difficilmente trovano respiro e i tiri aperti sono una rarità. Fra i dettami introdotti da Yaklich, quello della difesa aggressiva sulla palla riveste una parte fondamentale e, fra i molti, interpretata in maniera esemplare da Zavier Simpson.

 

Loyola troverà davvero pane per i propri denti, ritrovandosi contro uno degli avversari meglio attrezzati per contrastare la sua versatilità, specialmente in assetto small. Riuscire a essere pazienti ed efficaci, stavolta, sarà difficile come mai prima in stagione.

Un attacco che balbetta contro una difesa arcigna

Se la difesa di Michigan è quasi priva di punti deboli e non ha mai perso un colpo in questa March Madness, altrettanto non si può dire del suo attacco. A parte la giornata di grazia vissuta contro Texas A&M (99 punti segnati col 61.9% dal campo), i campioni della Big Ten hanno faticato enormemente negli altri tre match del torneo, specialmente in quello contro Florida State.

 

Loyola non ha l’atletismo dei Seminoles ma, con una marcatura a uomo attenta e che di solito comunica bene sui cambi, concede pochi tiri facili (soprattutto lontano dal canestro) e sa produrre quel tipo di pressione che in teoria dovrebbe mettere in difficoltà i Wolverines.

 

In questo contesto, Charles Matthews potrebbe essere un elemento dirompente per le sue qualità fisiche e atletiche abbinate a grandi capacità d’attaccare il ferro dal palleggio, ma il vero “fattore x” dell’incontro dovrebbe essere Moritz Wagner.

Il tedesco è stata la stella più brillante dell’attacco di Michigan per tutta la stagione ma al Torneo finora ci sono state più ombre che luci nelle sue prestazioni, fra percentuali al tiro talvolta scadenti (2/6 dal campo con Montana, 3/11 contro Florida State) e frequenti problemi di falli. Contro i quintetti small di Loyola, potrebbe incontrare difficoltà contro un’ala undersized ma dinamica come Aundre Jackson; nei minuti con Krutwig in campo, però, potrebbe invece aprire la difesa col suo tiro da tre, attirando il lungo lontano da canestro, ovvero in una zona dove spesso non si trova a suo agio. Tornare ai livelli di efficienza precedenti alla March Madness potrebbe essere la chiave della partita.

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