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Jaden Ivey, la scossa elettrica di Purdue

March Madness Jaden Ivey
Autore: Paolo Mutarelli
Data: 30 Nov, 2021

Dopo l’esplosione da freshman e le fanfare estive dei Mondiali U19, Jaden Ivey si sta imponendo come uno dei maggiori protagonisti NCAA nell’autorevole inizio di stagione di Purdue. Nell’arco di sei partite ha posto le basi per un’annata da acchiappa tutto: un posto in Top 5 al prossimo Draft, uno nei quintetti All-American e la forte candidatura dei Boilermakers alle Final Four.

 

Nel nome della madre

Come da tradizione, Purdue è una squadra dalla spiccata dimensione interna. Si appoggia su un tandem di centri fenomenale, composto da Zach Edey e Trevion Williams, affidando loro il 70% dei propri possessi. Il resto del roster sarebbe di contorno, sennonché Purdue è la squadra con l’arsenale offensivo più vasto della Division I, grazie soprattutto all’intelligenza di Jaden Ivey, che è cresciuto nel mondo del basket.

Infatti sua madre Niele è stata una leggenda di Notre Dame, la condottiera All-American che ha portato alle Irish il primo titolo della loro storia. Scelta in WNBA, ha interrotto la sua stagione da rookie con le Indiana Fever perché incinta di Jaden, portandoselo poi in giro per gli States perché, essendo single, non sapeva a chi affidarlo. Quando il figlio ha compiuto 5 anni, ha deciso di tornare a casa, a South Bend, per dedicare più tempo alla crescita di Jaden e per fare da assistente a coach Muffett McGraw. In campo con loro, mentre Notre Dame si allenava, c’era sempre questo scricciolo sugli spalti ad osservare.

Niele Ivey

Niele Ivey in maglia Notre Dame con la sua coach Muffett McGraw ad inizio millennio

Le radici del gioco di Jaden Ivey affondano quindi a Notre Dame. La sua intelligenza lo rende perfetto per condividere il campo con altre stelle. L’ha fatto con Chet Holmgren e Kennedy Chandler ai Mondiali U19, riuscendo comunque ad imporsi come il migliore della spedizione. Lo fa adesso con Edey, Williams e il tiratore Sasha Stefanovic (47.5% da tre). Ad Ivey non piace accentrare il gioco su di sé, anzi: in perfetto stile Purdue, lascia il proscenio ai lunghi e li aiuta tenendo sulle spine gli esterni per non mandarli in raddoppio. La sua attività lontano dalla palla, unita alla grande velocità e ai blocchi puliti dei suoi lunghi, lo rendono un interessante tiratore in uscita dai blocchi (37.5% da tre, quasi tutte triple assistite).

 

Quando la palla arriva nelle mani di Ivey, tutte le opzioni sono aperte. Spesso gli arriva mentre la difesa è già mossa e, se ha spazio, che sia dal mid range o da tre, può sparare il tiro o sfruttare la propria velocità per mettere giù palla e attaccare il ferro. I miglioramenti più grossi osservati finora arrivano però dal playmaking dove, rispetto allo scorso anno, è diventato molto più bravo nel coinvolgere i compagni in attacco e a servirli con molta calma e precisione nelle letture (dal 15.4 di Ast% del 2020-21 al 25.4 di questo inizio di stagione) nonostante giochi sempre in coppia con un play più classico (Isaiah Thompson o Brandon Newman) che porta su la palla e dà inizio agli schemi.

La rimonta contro Villanova nasce e si conclude con suoi cinque assist fatti nei modi più disparati: dal passaggio in spazi stretti dopo aver letto il raddoppio allo snake dopo il pick and roll con conseguente fucilata in angolo, fino ad arrivare a soluzioni creative e spettacolari in transizione o in semi-transizione. Il tutto condito con una tripla, una stoppata e diverse giocate da hustler puro.

 

Nuovi modelli

Jaden Ivey sta al campo da basket come l’elettricità sta ai tralicci. L’atletismo è la caratteristica con la quale plasma tutto il proprio gioco. Nasce come un fulmine da transizione pronto ad esplodere su entrambi i lati del campo con schiacciate o stoppate da highlights senza essere, però, uno di quei cavalli pazzi che vanno fuori controllo. Sa decelerare, aspettare che si crei il varco giusto o crearselo attraverso il ball handling e guizzi incredibili di visione di gioco, come questo che dà il là al parziale decisivo contro North Carolina.

A proposito dei Tar Heels, mamma Niele, oltre ad avergli trasmesso la passione per la pallacanestro, voleva trasmettere al figlio anche il culto di Michael Jordan, suo personale mito. Ma Jaden non voleva sentire storie: per lui il modello di ispirazione era e rimane Skylar Diggins, giocatrice reclutata dalla madre a Notre Dame, ora guardia delle Phoenix Mercury vice campionesse WNBA. “Feroce all’inverosimile, dotata di una grandissima competitività. Una killer. Spero che in campo gli avversari mi guardino come i suoi avversari guardavano lei” ha detto Jaden, che era il ragazzo sotto il canestro a raccogliere il rimbalzo durante le sessioni di tiro di Diggins.

Dalla cinque volte All-Star ha preso un paio di cose: la capacità di assorbire i contatti al ferro e l’importanza di giocare su entrambe le parti del campo. L’imprevedibilità di Ivey scombussola le difese, le quali devono mandare in aiuto giocatori sotto al ferro per poterlo fermare, anche quando va a sinistra. Non sposta nessuno con il suo fisico longilineo, ma grazie a lunghezza e agilità riesce ad infilarsi in spazi molto ristretti. Unendo questo alla sua capacità nello spezzare i raddoppi e alla minaccia che è in transizione, Ivey al ferro ci va spesso (il 37.5% delle conclusioni arriva da lì) e segna praticamente sempre perché conclude con un irreale 75%.

 

La difesa è una delle due aree in cui deve migliorare, secondo Matt Painter. Non perché sia ancora indietro o manchi di comprensione del gioco, ma perché il coach vuole che impari ad usare la sua mobilità per diventare un difensore d’élite. Già oggi è una minaccia impressionante sulle linee di passaggio o nello scegliere il tempo per rubare la palla in aiuto per poi scatenarsi in contropiede, ma in queste prime apparizioni abbiamo visto i primi di lampi di quello che Ivey potrebbe diventare.

 

La seconda area in cui deve migliorare è il tiro dal palleggio, ancora troppo ondivago, soprattutto dal mid-range o negli ultimi tre metri (tira con 31.2% da questa mattonella di campo). Dopo aver conquistato il vantaggio con il primo passo, a volte si trova con il corpo sbilanciato o con le spalle non in linea con il canestro. È come se non riuscisse a frenare (soprattutto nel posizionamento con i piedi) l’estrema velocità con la quale batte l’avversario. Il rilascio però è rapidissimo e in questa stagione ha messo anche perle come questa qui sotto.

Un canestro molto simile a quello decisivo che l’ha messo sulla mappa del college basket lo scorso anno contro Ohio State, sotto gli occhi di mamma Niele che aveva conquistato proprio lì il suo primo titolo da assistente allenatore nel 2018 con Notre Dame, quando Arike Ogunbowale pose fine alla stagione perfetta di UConn. Sono giocate che, quando era solo un giocatore di high school, aveva provato spesso a The Pit, il vecchio impianto in cui giocavano gli Irish, contro giocatori Nba come Pat Connaughton o sbarcati in Europa come l’attuale Olimpia Milano Jerian Grant.

A suon di giocate come questa, Jaden Ivey è, a mani basse, uno dei cinque migliori giocatori della nazione in questo momento della stagione e Purdue è alla #2 della Top 25 dell’AP Poll. Matt Painter ha raggiunto una sorta di equilibrio aureo nella rotazione e nella distribuzione dei possessi che sembra poterlo guidare alla prima Final Four in carriera (a Purdue manca dal 1980). E ha un asso nella manica come il figlio di Niele, che ha tutto per diventare la migliore guardia della NCAA.

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