[nextpage title=” “]Sono uno degli aspetti più interessanti del college basketball. Parliamo dei freshman ovviamente, le nuove leve che ogni anno vanno a rimpolpare le squadre della Ncaa, molti dei quali staranno all’università solo un anno prima del salto verso la Nba. Dopo le prime settimane chi ha deluso? Chi invece ha fatto meglio di quanto ci si aspettasse? Ecco una carrellata di quello che hanno mostrato finora i giovani talenti con una postilla: non sono menzionati Harry Giles e Jayson Tatum visto che a causa di infortuni il primo non è ancora sceso in campo mentre il secondo ha giocato solo due partite.
PROMOSSI
Lonzo Ball (PG – UCLA, 14.6 punti, 9.3 assist, 5 rimbalzi, 1.4 recuperi, 1 stoppata)
Forse il più atteso di questa classe freshman perché da losangelino è chiamato a trainare UCLA. E Ball si è fatto trovare prontissimo, regalando azioni spettacolari e rispettando tutto ciò di buono che di lui si diceva. Crea gioco sia per sé sia per gli altri, ma sa anche defilarsi e vestire i panni del tiratore prontamente posizionato sull’arco per il catch and shoot. Sta viaggiando quasi in doppia-doppia di media, ne ha già piazzate realmente quattro in sei partite e all’esordio ha sfiorato addirittura una tripla doppia con 13 punti, 8 assist e 7 rimbalzi contro San Diego. Nell’upset dei Bruins contro Kentucky ha fatto vedere qualche limite fisico, soffrendo un po’ l’atletismo di De’Aaron Fox e in generale di tutte le altre guardie (6 perse per lui), anche se senza perdere la testa e con una calma incredibile è uscito dalla Rupp Arena comunque con 14 punti, 7 assist e 6 rimbalzi.
Markelle Fultz (PG – Washington, 22.7 punti, 6.6 assist, 6.7 rimbalzi, 2.1 recuperi, 1.4 stoppate)
Il playmaker ha iniziato piuttosto lanciato la stagione, dimostrando di essere uno dei migliori prospetti del prossimo draft. Possiede uno skill set invidiabile quasi per tutti, che si abbinano ad un fisico pazzesco. Ha esordito con due trentelli prima di andare vicinissimo alla tripla doppia contro Western Kentucky con soli 9 punti ma 10 assist e 8 rimbalzi. Straordinario se si pensa che è stato presente in cinque voci statistiche (punti, rimbalzi, assist, recuperi e stoppate) in sei delle sette partite sin qui disputate, solo con Yale gli è mancata una steal. A parte le statistiche però, il talento degli Huskies sta facendo vedere una gran fluidità del gioco, nel senso che non è un mangia palloni e tiene la palla giusto il minimo indispensabile per vedere se può attaccare. Altrimenti la cede, tentando a volte anche qualche passaggio spettacoloso. Unico neo, finora con Washington non ha raccolto troppi successi.
Tony Bradley (C – North Carolina, 9.9 punti, 5.8 rimbalzi, 17.3 minuti, 68% dal campo)
Oltre le più rosee aspettative l’impatto di Tony Bradley, chiamato a dare manforte al reparto lunghi dei Tar Heels. Tra i veterani Meeks ed Hicks bisogna sgomitare per conquistare spazio e minuti, e lui ci sta riuscendo egregiamente. È andato in doppia cifra in sette delle nove partite fin qui giocate, mettendo a segno anche due doppie doppie contro Hawaii (10 punti e 13 rimbalzi) e Radford (10 punti e 11 rimbalzi). Sempre in movimento, in ogni parte del campo, prova a fare qualcosa e a rendersi utile alla squadra. Lo ha fatto anche nei 15′ di utilizzo nella sconfitta rimediata contro Indiana, dove è stato penalizzato dai 4 falli commessi che lo hanno estromesso anche mentalmente dalla gara. Guardarlo giocare, comunque, è davvero un piacere.
[/nextpage]
[nextpage title=” “]
BOCCIATI
Jarrett Allen (PF – Texas, 10.6 punti, 6.7 rimbalzi, 1.3 stoppate, 1.1 assist, 2.6 perse)
Il giocatore molto probabilmente con più talento tra le fila dei Longhorns al momento non sta del tutto convincendo. A parte i numeri – e la capigliatura con annesso baffetto che sta sfoggiando – che per qualsiasi freshman non sono affatto da buttare, è il linguaggio del corpo che sta lasciando a desiderare. In attacco il più delle volte si limita a fare da appoggio, e quando prova invece a prendere il centro dell’area in avvicinamento finisce per perdere il controllo del pallone. In difesa invece assomiglia tanto a un telepass, in ritardo e spesso poco reattivo. Così ripiega sulla stoppata atletica per mettere una pezza alle sue lacune. Coach Shaka Smart in alcuni frangenti di partita gli preferisce addirittura il ben più motivato, ma non talentuoso, Banks. Quattro volte in doppia cifra nelle sette gare disputate e due doppie doppie con 12 rimbalzi.
Udoka Azubuike (Kansas, 4.9 punti, 4.9 rimbalzi, 1.5 stoppate, 33% ai liberi)
Il sette piedi nigeriano sta producendo molto meno di quanto si credesse. E non è soltanto una questione di statistiche, sia chiaro. Pur avendo conquistato il quintetto e maggiore fiducia nelle ultime uscite tre uscite dei Jayhawks, Azubuike continua a non soddisfare per l’atteggiamento che ha. Oltre a qualche schiacciata perentoria, fin qui con il suo fisicaccio non ha fatto assolutamente la differenza pensata nelle due aree colorate. Inoltre ha un rapporto con i falli commessi molto complicato, dato che ha sempre almeno raggiunto le due penalità negli otto match giocati. Coach Self dovrà lavorare molto con lui se vorrà farlo migliorare.
Joshua Langford (Michigan State, 5.1 punti, 1.8 rimbalzi, 0.9 assist, 51% dal campo)
Parte del puzzle di una delle recruiting class più importanti dell’anno (e della storia degli Spartans), per adesso Langford sta faticando e non poco a calarsi nella realtà di Michigan State. Si nota poca intensità in ambedue le metà campo, e questo sicuramente non può far contento un coach esigente come Tom Izzo. Mentre in attacco – dove il suo apporto lo si aspettata decisamente più incisivo – tende a stazionare sulla linea dei tre punti pregando per uno scarico, visto che i compagni in effetti lo coinvolgono poco, in difesa svolge il suo compito in maniera accettabile sulla palla preoccupandosi che il diretto avversario non segni, ma facendo poca attenzione a ciò che gli succede intorno. La speranza degli Spartans è che le ultime prestazioni (più positive) siano un segno di miglioramenti in arrivo.
[/nextpage]