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Edo Del Cadia, macchina da doppie doppie

Edoardo Del Cadia College of Central Florida
Autore: Riccardo De Angelis
Data: 17 Gen, 2020

L’Italia cestistica arriva ormai ovunque in America, dalle high school alla NCAA fino ai junior college: è proprio in quest’ultimo ambito è Edoardo Del Cadia l’azzurro che si sta mettendo maggiormente in luce. E il classe ’99 da Senigallia è anche quello che ha le chance più concrete di passare nella Division I della NCAA l’anno prossimo.

Figlio d’arte, da papà Danilo ha ereditato una certa stazza e quindi non è un caso se Edo Del Cadia, poco sopra i 2 metri ma coi suoi bei 100 kg di peso, sfiora la doppia doppia di media in stagione – 14.1 punti e 9.7 rimbalzi in 24.1 minuti – con College of Central Florida, attuale numero 14 del ranking NJCAA.

Le ultime uscite sono state particolarmente positive (e le università di D-I hanno preso nota, come potrete vedere qui). CF ha una striscia aperta di sei vittorie consecutive e ha iniziato la conference season con un bel 3-0 grazie a un Del Cadia dominante: 23.3 punti e 13.7 rimbalzi in 24.3 minuti nelle tre partite in questione. Intanto, il conto delle doppie doppie stagionali è salito a quota dieci su 18 partite disputate.

    Gli highlights di Edoardo Del Cadia nelle ultime tre gare

 

Stai avendo una stagione ottima a livello di risultati di squadra e dal punto di vista individuale. Nel secondo caso, cos’è cambiato rispetto all’annata con Cloud County? Perché di partite buone (anche ottime) ne avevi avute, ma il tuo andamento aveva avuto diversi alti e bassi.

In primis, è la fame che c’è nella squadra. La gente vuole andarsi a prendere ciò che vuole, ovvero The Championship e molto altro. Individualmente è un fatto di fiducia da parte dei miei compagni e allenatori. Ora abbiamo iniziato il campionato alla perfezione e dobbiamo continuare a lavorare come abbiamo fatto.

Le tue percentuali da tre sono salite tanto quest’anno (39% su 2.3 tentativi a partita). La fiducia non ti mancava già da prima: cosa c’è allora di diverso adesso?

Durante l’estate, visto che son dovuto venire a studiare qua per un mese, facevamo dai 500 ai 1000 tiri al giorno. Quello mi ha aiutato un sacco a perfezionare la mia tecnica. Poi la fiducia che mi danno fa cambiare tutto e si vede in campo.

Edoardo Del Cadia a rimbalzo (Photo by Chris Spears)

Anche se sei destrorso, in palleggio attacchi frontalmente a sinistra molto di più che a destra. È una cosa che ti hanno fatto notare e su cui pensi di lavorare?

Sì, è una cosa che ho avuto da sempre. Devo solamente essere più in fiducia con la destra. Io chiedo sempre agli allenatori che mi stanno reclutando ora che cosa pensano che io debba migliorare di più. E loro mi dicono che devo avere più fiducia con la mano destra. E ovviamente lavorarci. Al giorno d’oggi al college devi essere pronto a sapere far tutto, o non avrai così tanta possibilità di giocare.

Anche con l’arresto-e-tiro dalla media c’è un po’ questo tipo di discorso? Perché si vede che lo usi raramente.

È una cosa sulla quale sto lavorando dall’estate. Arriverà, non so se in questa stagione o nella prossima, ma arriverà. Sinceramente qua nel junior college ci sono un sacco di squadre che giocano a zona e quindi non hai neanche possibilità di fare palleggio arresto e tiro. Ho sempre trovato la possibilità di attaccare e trovarmi sotto al canestro o tirare. Anche questa è fra le cose in cui gli allenatori mi dicono che devo essere più fiducioso.

Adesso stai giocando spesso da 5 ma quello dei JUCO è un contesto un po’ particolare. Come vedi il tuo futuro prossimo a livello di ruolo in campo?

Gioco da 5 solo se abbiamo qualche problema con i lunghi nostri e quindi andiamo “piccoli”. Ma ci piace correre in transizione e quindi giochiamo sempre allo stesso modo. Il mio futuro dipende anche dalla lega dell’università che sceglierò. Ora non sto veramente pensando in che posizione dovrò giocare. Sono capace di giocare più o meno tutte le posizioni dal 3 al 5, quindi credo che mi troverò bene ovunque andrò.

    Un mixtape di Del Cadia tratto da alcune gare di fine novembre e inizio dicembre

 

Ci sono tanti college di D-I che ti seguono. Oltre l’offerta di Saint Peter’s, quali sono le università che si sono fatte vive nelle ultime settimane?

In queste ultime due-tre settimane mi sono sentito con UNLV, Sam Houston State, Portland State, North Texas, FGCU, Towson, UC Davis, Southern Illinois, Jacksonville, Arkansas State, Loyola Marymount, Mount St. Mary’s, Hofstra, Pacific. Poi anche varie D-II.

Per quale periodo dobbiamo aspettarci la tua scelta?

Credo di scegliere più o meno verso la fine del mio campionato. Oltretutto l’inizio della March Madness è un buon periodo per ricevere una buona scholarship.

Visto che ti rimarranno solo due anni di eleggibilità, qual è l’aspetto al quale dai più importanza nel tuo recruiting, nel valutare le proposte che ti arrivano?

Tutte le università parlano molto, facendoti credere cose che a volte non sono vere. Bisogna stare attenti sempre a quello che dicono in modo tale da non avere problemi futuri. Io voglio un’università con un ottimo coaching staff, che spenda tempo coi giocatori individualmente, in palestra e in campo. Voglio andare in una squadra con buoni obbiettivi, voglio vincere.

La stagione che stai vivendo è molto particolare anche a causa di alcuni fattori esterni. Ci riferiamo alla decisione di chiudere il programma di basket di CF. Com’è l’ambiente in squadra da quando è uscita la notizia? Dato che alcune persone si stanno muovendo per impedirlo, ti risulta che ci sia speranza di far cambiare questa decisione?

La speranza di far cambiare scelta al presidente credo ci sia, e l’unica è vincere tutto. Gli allenatori ora ci motivano molto di più sapendo che è l’ultimo anno insieme. A noi della squadra dispiace sempre dividerci e quindi ci spingiamo a lavorare di più insieme, visto che non avremo anni futuri per farlo. Tutti siamo sulla stessa pagina, che significa vincere il campionato. Questo è quello che conta.

Hai fatto un percorso raro per i giocatori italiani, passando dal Regno Unito prima di andare negli USA. Com’è stata quella esperienza per te?

È stato un percorso fantastico fino ad ora. Ho avuto alti e bassi ma siamo andati avanti.

Ti senti ogni tanto con Micheal Anumba, altro azzurro passato da quelle parti?

Mike è un mio grande amico, abbiamo giocato contro ma avremo anche la possibilità un giorno di rappresentare la nostra nazionale. Ci sentiamo spesso, mi piace interessarmi agli italiani in America. Anche con Guglielmo Caruso siamo rimasti molto in contatto dopo la Nazionale. [Del Cadia era al raduno iniziale della U20 nella scorsa estate, NdR]

E visto che lo conosci bene, quale qualità “ruberesti” ad Anumba?

Mike trasforma la sua energia in difesa. Vorrei difendere come difende lui.

Del Cadia nel match vinto per 81-79 con Eastern Florida State: per lui 29 punti, 14 rimbalzi, 3 recuperi (Photo by Chris Spears)

In diversi usano per te lo stesso soprannome di tuo padre (“The Chef”). Ci spieghi la storia di quel nomignolo e di come lo hai ereditato tu?

Allora, quelli dell’Inghilterra, sapendo che ero stato nella scuola per chef, mi hanno iniziato a chiamare così dicendo che in campo ero come dietro ai fornelli: facevo delle specialità. Invece a Senigallia a volte mi chiamano Chieffino. In ogni posto in cui vado, che sia in Italia, in Inghilterra o in America, ho un soprannome diverso.

Quand’è stata la prima volta che hai battuto tuo padre in un uno-contro-uno? E come l’ha presa? (Occhio però: se per caso ti faceva vincere da bambino, quello non vale!)

Mio padre sinceramente mi ha sempre battuto [ride]. Non mi dava mai chance di vincere in modo tale da spingermi ad allenarmi di più per batterlo. Credo abbia funzionato ad oggi. Se giochiamo 1-contro-1 ora, penso che gli farei pentire di aver accettato [ride].

Chiudendo il discorso padre-figlio, qual è il tipo di consiglio (o rimprovero!) che ti senti dare più spesso da Danilo?

Il tipo di consiglio è di studiare, prima, e di far canestro, poi. Un rimprovero è sul fatto di non aver studiato abbastanza in precedenza. Ma siamo sulla stessa pagina comunque. Il passato è passato, non c’è tempo per arrabbiarsi. Move on.

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