Come stanno andando i coach al loro primo anno? L’estate scorsa abbiamo dedicato un focus ai principali cambi in panchina nella Division I e, nel complesso, molti dei nuovi allenatori hanno poggiato le basi per un futuro roseo, anzi alcuni potrebbero già mettersi in luce quest’anno. A partire dai tanti esordienti in Big 12. Ecco chi ha brillato.
Tim Jankovich; SMU Mustangs 24-4 (14-1)
Ok, Jankovich non è proprio un “nuovo” coach perché già lo scorso anno aveva allenato i Mustangs durante la sospensione di Larry Brown. Ma questa, a seguito dell’addio di Brown e della sua promozione, è la prima vera stagione da head coach e i fatti dicono che SMU sta giocando alla grande. Certo, si è ritrovato un Semi Ojeleye in grande spolvero per le mani, che insieme a Sterling Brown e Shake Milton ha fatto cambiare marcia ai Mustangs, però più o meno è la stessa rosa che aveva in mano un santone del gioco come Larry Brown, il quale non era riuscito a farla giocare meglio.
In Texas quindi si attribuisce grande merito a coach Jankovich che in fondo è alla sua prima stagione in una squadra competitiva, dopo aver costruito il programma di North Texas e aver esaltato quello di Illinois State. Il prossimo passo potrebbe essere la partecipazione al Torneo, che però quest’anno sembra molto probabile. Coach Bill Self ha speso bellissime parole per il suo vecchio assistente definendolo “una delle migliori e più creative menti di pallacanestro” che ha conosciuto e anche Deron Williams (Jankovich è stato assistente a Illinois), ha tessuto le sue lodi. La sostanza è che i Mustangs sono al momento una delle migliori squadre della nazione con grande bilanciamento fra attacco e difesa e potrebbero presentarsi come darkhorse al Torneo. Grazie a Tim Jankovich..
Greg Gard; Wisconsin Badgers 22-6 (11-4)
Da un “non-nuovo” a un altro visto che coach Greg Gard è alla prima e intera stagione in sella a Wisconsin dopo esser stato promosso ad interim nel corso della stagione precedente a causa del ritiro dell’inimitabile coach Bo Ryan. Il nuovo allenatore ha sfruttato la sua prima occasione portando a casa una partecipazione alle Sweet Sixteen e ha convinto l’athletic director ad affidargli la panchina dei Badgers..
I tratti della squadra sono rimasti quelli instillati da coach Ryan: difesa, passing game e ritmi bassi. A sorpresa, però, il go-to-guy della squadra è diventato, in sordina, Ethan Happ lungo bianco dagli ottimi fondamentali che si sta rivelando un gran giocatore, mentre quello designato in estate, Nigel Hayes, si è un po’ perso forse facendosi distrarre un po’ troppo da argomenti extra-cestistici e perdendo un po’ di posizioni anche nei mock draft. Attualmente Wisconsin è ancora in corsa per il titolo in Big 10, pur avendo perso una serie di partite sanguinosissime.
Brad Underwood; Oklahoma State 19-9 (8-7)
In estate avevamo assegnato la palma della migliore assunzione tra i coach ad Oklahoma State e in effetti Brad Underwood sta facendo di tutto per dimostrare che avevamo ragione. Certo l’esordio in Big 12 è stato brutale, con 6 sconfitte nelle prime 6 gare, poi però la squadra si è rimessa in carreggiata grazie ad un attacco atomico, che secondo i dati di Kenpom è secondo della nazione, vincendo sette delle ultime otto partite e portando a casa anche lo scalpo di West Virginia. In America definiscono “on the bubble” le squadre che in questo periodo hanno un record positivo ma non troppo e che cercano un biglietto per il Torneo a suon di prestazioni. Ecco i Cowboys sono “on the bubble” ma al momento a meno che non disputino un grande torneo di conference, hanno un piede fuori dalla porta del Torneo.
Anche senza big dance il lavoro di Underwood può però considerasi già buono. Sta facendo giocare un buon basket offensivo a una delle squadre più giovani della conference, e ha messo in risalto il gioiello di casa, Juwan Evans. Il futuro sembra essere dei migliori in casa Cowboys, visto che Underwood ha già reclutato tre prospetti 4-star per il prossimo anno, mentre i migliori giocatori di questa stagione rimarranno quasi tutti, tolti Phil Forte e Leyton Hammonds. Se Evans dovesse rimanere, Oklahoma State potrebbe dare fastidio a Kansas.
Chris Beard; Texas Tech Red Raiders 17-11 (5-10)
Da una squadra della Big 12 a un’altra. Quella di Chris Beard è stata la storia dell’estate con ben due trasferimenti di panchina (è stato per qualche giorno coach di UNLV prima di cambiare idea). Trovata casa alla fine a Texas Tech, l’allenatore ha iniziato la stagione con un buon record 11-1, falsato però da un calendario incredibilmente facile, che ha permesso ai Red Raiders di battere quasi tutte squadre che ora hanno un record negativo perdendo l’unico match un po’ attendibile contro Auburn. I guai sono iniziati con la conference dove TT ha perso nettamente diverse partite (ci sta contro Kansas, ci sta meno contro questa Oklahoma) ma ha anche portato via uno scalpo non indifferente, battendo all’overtime West Virginia.
La scossa, in termini di gioco, è avvenuta nella sconfitta contro Baylor, dove i Red Raiders hanno dato filo da torcere all’allora numero 5 della nazione rischiando di vincere. Da lì hanno iniziato a giocare meglio, soprattutto in attacco, vendicandosi di Oklahoma, collezionando il secondo scalpo, quello di Baylor, sfiorando la terza grande vittoria (perso di 1 punto contro i Jayhawks) e forzando a ben due overtime i Mountaineers. I due migliori giocatori di Texas Tech, Justin Gray e Zach Smith, entrambi junior, torneranno anche il prossimo anno e coach Beard può sorridere in vista della prossima stagione.
Jamie Dixon; TCU Horned Frogs 17-11 (6-9)
Terminiamo questa carrellata in Big 12 con Jamie Dixon che tornato alla sua alma mater ha già eguagliato il numero di vittorie in conference ottenute negli scorsi tre anni e gliene mancano due per eguagliare il record degli ultimi quattro.
Coach | Stagione | Overall Record | Conference Record |
Trent Johnson | 2012-13 | 11-21 | 2-16 |
Trent Johnson | 2013-14 | 9-22 | 0-18 |
Trent Johnson | 2014-15 | 18-15 | 4-14 |
Trent Johnson | 2015-16 | 12-21 | 2-16 |
Jamie Dixon | 2016-17 |
19-12 (proiezione finale) |
8-10 |
Questa è la grande differenza tra avere o non-avere un coach di livello. TCU è tornata ad essere rilevante dopo anni di anonimato e tutto grazie all’ordine portato da Dixon. Di sicuro non è ancora la sua squadra e deve ancora mettere mano al recruiting, però ha già trovato qualcuno su cui fare affidamento come il freshman Jaylen Fischer e il lungo slovacco al terzo anno Vladimir Broadzianski. L’obiettivo stagionale era quello di essere almeno presentabili e non essere la vittima sacrificale di turno come negli anni passati. Obiettivo raggiunto. Next step: centrare il Torneo. Traguardo che con un coach del calibro di Dixon potrebbe realizzarsi in un breve spazio di tempo.
Josh Pastner; Georgia Tech Yellow Jackets 16-12 (7-8)
L’allievo di Lute Olson e delfino di John Calipari ha in mano una squadra pazza. Arrivato ad Atlanta per sostituire Brian Gregory (reduce da un quinquennio deludente) ha subito trasformato il team in uno dei più indecifrabili del college basketball, capace di perdere contro Ohio, Penn State o Georgia ma anche di battere meritatamente North Carolina, Florida State e Notre Dame. Gli Yellow Jackets sono un’altra squadra “on the bubble”, che forse ha qualche possibilità in più di giocare al Torneo proprio grazie a questi upset. Anche perché, diciamolo, una squadra pazza alla March Madness fa sempre bene.
Il punto su cui ha lavorato coach Pastner è la difesa, che è stabilmente tra le migliori 10 della nazione. Tolta la sonora batosta contro Duke, dove hanno preso 110 punti, hanno tenuto il quarto miglior attacco della nazione, UNC, a 63 punti. Pastner ha potuto contare sulla solidità (inaspettata) del freshman Josh Okogie, un’interessante ala sulla quale puntare per le prossime stagioni. Okogie, insieme a Justin Moore, Tadric Jackson e Ben Lammers, saranno il nucleo per il prossimo anno e, forse, potranno portare un’po di stabilità in questa pazza squadra.