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Arriva la famiglia Ball, rivoluzione al college

Autore: Manuel Follis
Data: 15 Mag, 2017

Giovedì 11 maggio sulla prima pagina di Forbes.com si poteva leggere un articolone in apertura che parlava dei risultati deludenti di Snapchat, il colosso dei social, le cui azioni a causa di conti sotto le attese erano in predicato di perdere valore a Wall Street. Forbes è uno dei siti di riferimento per la comunità economico-finanziaria mondiale, ed è la rivista che stila ogni anno la classifica degli uomini più ricchi del pianeta (nel 2017 c’è ancora in testa Bill Gates tallonato da Warren Buffett, così per la vostra curiosità).

Bene, sulla medesima prima pagina di Forbes lo scorso marzo è uscito questo articolo “LaVar Ball: genio del marketing, padre fuori controllo o entrambe le cose? (“LaVar Ball: Marketing Genius, Out Of Control Dad, Or Both?“). Il che, prima ancora del senso dell’articolo, peraltro molto chiaro fin dal titolo, ha spinto alcuni osservatori a tornare sul tema college-soldi, tanto dibattuto nel corso degli ultimi anni.

Nella sostanza, in un mondo in cui lo storytelling è fondamentale per vendere qualsiasi cosa, dall’uscita di un nuovo film, a una mostra fotografica, a un’idea politica fino, ovviamente, a qualsiasi prodotto commerciale, LaVar Ball ha iniziato uno storytelling legato ai suoi tre figli, giocatori di basket, iniziando dal liceo e passando per il college.

Ncaa basketball - LaVar e Lonzo Ball

LaVar e Lonzo Ball

Il primo e più grande dei tre figli, Lonzo Ball, nella passata stagione è stato “la” star di UCLA e non a caso ve lo abbiamo raccontato in tutte le salse. Lui, peraltro è risultato un giocatore di quelli che non passano inosservati, non solo per l’immediata leadership tecnica impressa sulla squadra (che ha portato ai risultati sul campo che tanto mancavano ai tifosi Bruins), ma anche per la naturalezza nello stare in campo, per le sue movenze feline e per la spettacolarità di alcune giocate.

Il tutto condito da un tiro bizzarro per meccanica ma efficacissimo per gran parte della stagione. E il tutto a Los Angeles, che forse è la piazza americana più “vetrina” che esista: il che vuol dire che le schiacciate al volo, i passaggi immaginifici e i tiri clutch uniti alle vittorie si sono trasformati in una pubblicità clamorosa. E così Lonzo sarà una delle star anche del prossimo draft dove probabilmente verrà scelto alla chiamata numero 2, ma che qualcuno non esclude possa addirittura essere prima scelta assoluta.

 

Nell’intervista con BN, Rick Fois (che fa parte dello staff tecnico di Gonzaga University) aveva detto che secondo lui Lonzo Ball potrebbe avere le stimmate del campione, quello capace di essere uomo franchigia di una squadra Nba. È sicuramente presto per avere la risposta definitiva in merito, ma è chiaro che l’hype intorno al ragazzo è enorme e, anche se ci sono detrattori (non mancano mai), al momento ci sono più estimatori del ragazzo. Gente convinta che potrebbe essere un grande giocatore.

Lonzo è il primo.

Poi ci sono i fratelli. LiAngelo, che la prossima stagione vestirà la maglia di UCLA come già fatto dal fratello e infine il più piccolo, LaMelo, quello che quest’anno durante una partita di liceo ha segnato 92 punti in 32 minuti con 37 su 61 dal campo. LiAngelo, dei tre fratelli, sembra quello meno dotato mentre LaMelo (anche lui destinato a UCLA, nulla è lasciato al caso) sembra un altro predestinato con il dono del canestro facile.

 

LaVar, il padre, ha deciso che da tanto talento devono derivare tanti soldi e prima ha chiesto a Nike, Adidas e Under Armour di mettere sotto contratto i figli per 1 miliardo di dollari, poi ha lanciato un marchio d’abbigliamento (Big Baller Brand) chiedendo a questi colossi di fare da senior partner per il lancio. Ricevendo come risposta ben più che un semplice “no”. George Raveling, il responsabile internazionale basketball di Nike, ha definito LaVar Ball “the worst thing to happen to basketball in the last hundred years“. Il che, onestamente, sembra fin troppo esagerato.

Cosciente o no, e sul tema è in corso un dibattito serrato, questo padre-pazzoide è riuscito a sfruttare a suo favore ogni pertugio esistente nel mondo della comunicazione. Il solo fatto che questo articolo esista ne è una prova. Ha detto che Lonzo Ball è più forte di Steph Curry, sfruttando di rimbalzo tutta la pubblicità che un’affermazione così palesemente demenziale ha generato. Non ha pagato per avere commenti sui social, li ha provocati. Dopodiché è finalmente uscito il primo paio di scarpe griffato BBB. Costo? 500 dollari. E giù grasse risate dei detrattori.

Scarpe copiate, scarpe di m…, scarpe troppo costose. Eppure qualcuno le ha già comprate. E qui si dirà: c’è sempre uno stupido in libertà che compie azioni stupide. No, tra chi ha pubblicamente annunciato che avrebbe comprato le scarpe c’è ad esempio il defensive-end dei Seattle Seahawks (football) Michael Bennett che ha consapevolmente difeso tutte le scelte dei Ball e, a chi accusava LaVar di “sfruttare” i figli, ha risposto: “No, sta dando loro la chance di non essere schiavi del sistema” e liberi dalle imposizioni delle grandi compagnie. Per chi volesse leggere tutte critiche e le contro-argomentazioni di Bennett o quelle di Chad “Ochocinco” Johnson, ex giocatore NFL, qui c’è un articolo abbastanza completo.

 

Tornando ai Ball, stabilito che se avesse prodotto sneakers da 50 dollari non le avrebbe comprate quasi nessuno, gli è bastato annunciare scarpe da 500 dollari per garantirsi una pubblicità che a Nike-Adidas-UA sarebbe costata milioni. Ecco il motivo per cui questa folle strategia ha iniziato a guadagnarsi anche l’attenzione degli esperti e non solo il biasimo generale.

Il cerchio si chiude con il college basketball. Papà Ball ha mostrato che, utilizzato in maniera adeguata, il mondo universitario può essere una vetrina pazzesca per il lancio o la preparazione di un giocatore, non solo dal punto di vista della pallacanestro ma anche del business. Come a dire: se non posso vedere i miei figli guadagnare mentre giocano al college, posso almeno sfruttare la visibilità che il college garantisce. Una visibilità, quella delle università Usa, molto superiore a quella di una sperduta squadra di professionisti in Cina. Lì pagano soldi contanti, ma la eco internazionale è quasi zero.

Ma come? Il college non era quel posto in cui non si guadagnano soldi e in cui vige il più severo dilettantismo? Sì e infatti la Ncaa non è felice di tutto il cancanaio montato dai Ball. Il Los Angeles Times di recente ha approfondito l’argomento (leggi qui l’articolo originale) chiedendosi se questa campagna non violi le regole universitarie. Qualcuno dice di sì, ma è più probabile, alla fine, che semplicemente papà Ball abbia trovato un modo per aggirarle, quelle regole, e questo (molto italiano) alla Ncaa non piace. Di fatto però Lonzo Ball non ha preso un soldo (ancora), né autografato nulla quando era al college. Insomma, Lonzo andrebbe punito perché ha un papà che dice che sarà più forte di Curry e che sostiene che le scarpe da 500 dollari della BBB sono da sballo. Una tesi complessa da difendere.

E così, per i prossimi anni, almeno due, vedremo il college basket anche nel ruolo sui-generis del più gigantesco showroom della storia. Una passerella (gratis) che l’anno prossimo sarà calcata da LiAngelo e tra due anni da LaMelo. Se Lonzo troverà spazio e riuscirà a dimostrare di essere un giocatore da Nba e i due fratelli dovessero dimostrare di essere anche solo la metà di quanto ci si aspetta, c’è chi scommette che la BBB farà parlare di sé ancora a lungo.

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