Tutti aspettano Cooper Flagg e Johni Broome, giustamente, ma saranno davvero loro i protagonisti assoluti di questa Final Four? Passiamo in rassegna qui il principale indiziato di ogni squadra ancora a caccia del Titolo Ncaa 2025.
Cooper Flagg – Duke
Ci sono tanti modi per definire Cooper Flagg ma più che “giocatore totale” quello più azzeccato è “giocatore naturale”. Flagg non ha doti particolarmente fuori dal comune, non salta come un canguro e non ha la mano di Steph Curry, non è veloce come Usain Bolt e non palleggia come Kyrie Irving. Però è capace di fare tutto ad altissimo livello ed è ovvio che a dotare di tutto ciò un ragazzo di neanche 18 anni e mezzo non è stato solo il lavoro in palestra ma il talento naturale che lo porta a muoversi su un campo da pallacanestro nel modo più semplice e nello stesso tempo più efficace. Chi lo vedrà giocare in queste Final Four per la prima volta rimarrà deluso solo se si aspetta numeri da circo e fuochi artificiali: no, non è Zion Williamson, è arrivato con lo stesso hype del giocatore dei Pelicans ma ha uno stile di gioco completamente diverso e comunque non sarà la classica scelta numero 1 al Draft. Perché Flagg può anche essere invisibile ma funzionare lo stesso facendo tante cose utili per la squadra, così come può essere protagonista e trascinarla di peso alla vittoria.
Questa sua capacità di fare un passo indietro e innescare i compagni, o fare un passo avanti e diventarne il leader in modo assolutamente fluido e naturale è quello che lo rende unico nel mondo del college basket. Le sue statistiche sono anche migliorate al torneo e Duke è arrivata in scioltezza alla Final Four grazie ai suoi 19.5 punti, 7.8 rimbalzi, 5.3 assist e 1.8 stoppate nelle 4 gare giocate finora, cifre ridicole che danno la perfetta idea della sua totale padronanza di tutti gli aspetti del basket, nessuno escluso. Ha migliorato nel corso della stagione tiro da tre e ball handling e ha imparato a usare meglio il suo fisico vicino a canestro, ma quella che è rimasta sempre uguale è la sua capacità di leggere le partite e di condizionarle facendo tante cose utili sui due lati del campo. È parte fondamentale infatti di una difesa che ha sorpreso tutti per la sua efficacia. E dopo 10 anni, Duke può davvero tornare a vincere il Torneo.
Johni Broome – Auburn
La prima notizia è che sarà in campo ed è stato lo stesso Johni Broome a rassicurare i tifosi: “I’ll be ready to go for Saturday with no limitations”. Un’ottima notizia, per tutti gli appassionati fatta eccezione per i tifosi di Florida, perché con Broome davanti le cose si fanno molto più dure per gli avversari. La palma di MVP della stagione se la giocheranno lui e Flagg e alcune piccole somiglianze tra i due ci sono. Broome non è un centro potente, non è il più veloce del lotto o il più verticale, non è nemmeno molto appariscente. Eppure alla fine di ogni partita ci si accorge che è stato il migliore in campo. Giocatore al quinto anno effettivo di college, ha iniziato nella piccola Morehead State e dopo due anni si è trasferito a Auburn, per la gioia dei fan dei Tigers. Il suo rendimento è cresciuto anno dopo anno fino a diventare, nel corso di quest’ultima stagione, LA stella del college basket, con una media in doppia cifra di 18.7 punti e 10.9 rimbalzi.
La parola d’ordine è “versatilità”. Alto 208 cm, gioca in post basso con competenza, uso sapiente del piede perno e delle finte (quasi old school) ed è capace di concludere con entrambe le mani, anche se quella letale è la sua mancina. La sua abilità però sta proprio nel riuscire a mixare le sue capacità vicino a canestro con quelle lontano dal ferro. E anche se in stagione non ha tirato benissimo da tre, il fondamentale gli piace e sta diventando sempre più una freccia al suo arco (3/5 nelle ultime due gare), senza contare una grande abilità come passatore e/o facilitatore del gioco. A queste caratteristiche va aggiunta una grande presenza difensiva: con costanza a rimbalzo difensivo (il migliore della Final Four) e grande senso dell’aiuto, che spesso si conclude con una stoppata. Vederlo giocare è piacere per gli occhi. E se davvero non ci saranno limitazioni al suo gomito dopo la brutta caduta contro Michigan State, saranno anche dolori per Florida.
Walter Clayton – Florida
Forse UConn sarebbe potuta arrivare fino in fondo, probabilmente Texas Tech sarebbe stata la preferita di tutti in queste Final Four piene di numeri 1. Ma Walter Clayton ha stroncato queste potenziali storie meravigliose a un passo dal loro conseguimento. Un uomo che sa come piegare l’inerzia della partita a suo vantaggio. Florida se lo coccola e se lo gode, nascondendolo per gran parti della partita e utilizzandolo solamente nei momenti opportuni dove l’ex Iona ha risposto, finora, sempre presente con 22.7 punti di media che lo pongono come miglior realizzatore di questo torneo finora.
Ex Iona infatti.: la prima March Madness lui l’ha giocata proprio con Rick Pitino prima di tornare a casa a Gainsville, Florida, il posto che l’ha cresciuto. 188 cm di triple e stigmate da leader per un super senior che ha scommesso su se stesso e beffato ogni pronostico: doveva essere un talento del football (quarterback 4 stelle per ESPN), che però ha lasciato perché il college basket lo chiamava. Le offerte arrivate provenivano da Florida A&M, Iona e Stetson, ma il transfer portal e il NIL ci hanno regalato il grande trascinatore dei Gators, sorpresa autentica della stagione, che proverà a portare a casa il terzo titolo della loro storia.
LJ Cryer – Houston
La stella più brillante di un trio d’esterni pronto a colpire in più maniere e in cui ognuno sa ergersi a protagonista di giornata, come visto puntualmente durante gli ultimi tre turni di questo Torneo. Cryer lo ha fatto alla grandissima con quei 30 punti contro Gonzaga e ha steccato solo una delle quattro gare di March Madness disputate fin qui, quella con Purdue.
Leading scorer da 15.4 punti di media, il texano è un tiratore coi piedi per terra di altissima qualità (41.9% su 7.1 tentativi da tre in stagione) e, guardia piccola e sgusciante com’è, ha capacità di creazione dal pick and roll non sempre impeccabili ma tutto sommato considerevoli, seconde per impatto e volume soltanto a quelle del compagno Milos Uzan. In definitiva, è l’attaccante che per primo può toglierti le castagne dal fuoco su tre livelli e farlo in una molteplicità di situazioni, sia on and off the ball (occhio a quando viene innescato da consegnato), magari anche colpendo fuori ritmo o a giochi rotti, come visto contro gli Zags. Qualità che lo rende appunto il primo candidato a possibile protagonista di Houston in quella che potrebbe essere davvero la loro March Madness più memorabile.