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Stefanini e Binelli, Ncaa stiamo arrivando

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 11 Feb, 2017

Seguendo le orme di Pierfrancesco Oliva – ora sophomore a Saint Joseph’s – nell’estate 2015, i bolognesi Gabriele Stefanini (play-guardia di 1,93) e Thomas Binelli (ala grande di 2,05, figlio di “Gus” storico lungo della Virtus) sono volati negli Stati Uniti per giocare a basket con Bergen Catholic, high school di Oradell, New Jersey. Quella dei Crusaders è fra le migliori squadre dello Stato e punta a vincere qualcosa d’importante in questa stagione. Gabe – è stato ribattezzato così da quelle parti – proseguirà i suoi studi e giocherà nella Ivy League per Columbia University; Thomas ha invece diverse opzioni da valutare, con parecchi college di Division I che, da quest’estate, hanno iniziato a seguirlo. Siamo andati a intervistare questi due ragazzi che giocano insieme da anni e la cui avventura americana – benché già al secondo anno – è soltanto all’inizio.

Come mai avete deciso di andare dall’altra parte dell’oceano?

Stefanini: Per crearmi un miglior futuro legando scuola e pallacanestro.

Binelli: Tutti in Italia e in Europa sognano di andare a giocare negli Stati Uniti. Mi è stata offerta l’opportunità di trasferirmi e praticare lo sport che amo e non ci ho pensato due volte. Ovviamente l’NBA e il college sono i motivi principali per i quali mi sono trasferito.

Il momento più difficile all’arrivo negli States?

S: I primi mesi con la lingua, a scuola: riuscire a capire e prendere appunti non è stato facile.

B: Abituarsi non è stato facilissimo. In primo luogo, la lingua è stato un po’ un problema. In classe per il primo mese è stato quasi impossibile stare al passo con i professori, ma piano piano mi sono abituato e in questo momento posso considerare l’inglese la mia prima lingua.

Invece il momento migliore da quando sei lì?

S: Ce ne sono stati tanti, direi il giorno che ho scelto Columbia per il mio futuro ma anche il giorno della vittoria a Bosco dopo 11 anni che Bergen non vinceva in casa loro.

B: Sicuramente il Giorno del Ringraziamento. È una festività molto importante qua e passarla con la mia famiglia adottiva è stata un’esperienza bellissima.

Ncaa basketball - Gabriele Stefanini

Gabriele Stefanini

Qual è la cosa che ti riesce meglio in campo?

S: Non saprei, non ne vedo una particolare, lascio giudicare a chi mi guarda.

B: Beh, essendo un tiratore, la cosa che mi viene meglio è sicuramente tirare da fuori, specialmente da 3 punti. Sono anche un discreto passatore e vedo il campo molto bene.

E quella che ti riesce meno bene?

S: Anche su questa lascio giudicare voi. Io mi limito a lavorare su ogni particolare che vedo che non mi piace del mio gioco e cercare di crescere ogni giorno.

B: Devo lavorare un po’ sulla difesa, sia sulla palla che lontano dalla palla, anche se sto migliorando.

La più grossa magata che hai fatto su un campo da basket?

S: Direi qualche tiro di sinistro inaspettato per gli avversari, ma che per me, in fondo, non sono così strani.

B: La più grande magata è stata sicuramente il buzzer beater allo scadere del 4° quarto per vincere la partita contro Our Savior Lutheran. Non era esattamente l’azione che io e la mia squadra avevamo in mente, però ci ha regalato la vittoria.

E il più grosso errore?

S: Aver sbagliato il libero decisivo contro Notre Dame, non sbaglio mai e averlo visto uscire mi fa infuriare ancora adesso. Non sbagliando da anni tiri del genere per me è stata proprio una vaccata.

B: Direi lo sbagliare dei layup facili o perdere la palla in un modo stupido.

Ncaa basketball - Thomas Binelli

Thomas Binelli

La cosa più strana nel passaggio dal basket italiano a quello che si gioca nelle high school

S: L’infrazione di passi su arresto a due tempi.

B: La linea dei tre punti è molto più vicina rispetto a quella in Europa e, ovviamente, segnare è più facile.

Qual è il giocatore al quale ti ispiri più di ogni altro?

S: Non ne ho uno in particolare. Osservo tutti e mi piace prendere spunto da ognuno e cercare di rielaborare a mio modo a seconda delle situazioni in campo.

B: Mi ispiro a diversi giocatori. Per il passaggio cerco di imitare Allen Iverson, uno dei migliori passatori che abbiano mai giocato questo sport. Come modo di giocare invece cerco di ispirarmi a Dirk Nowitzki, che come me puo tirare da fuori.

Avete giocato insieme a San Lazzaro, poi a Reggio Emilia e adesso a Bergen Catholic: ma non vi siete stufati l’uno dell’altro?

S: Non direi, abbiamo tante nuove amicizie.

B: No dai, non ancora. Abbiamo ancora un anno da passare insieme in cui vinceremo tanto, poi con uno come me non ci si può stancare mai. [sorride, ndr]

Qual è il tipo di situazione in cui passeresti sempre la palla all’altro?

S: Quello che faccio sempre su una mia penetrazione e lui fuori dalla linea che aspetta il mio passaggio.

B: Quando ci sono dei momenti decisivi e la partita è tirata, la passo a lui per farlo andare in lunetta sapendo che è molto più continuo di me ai liberi.

Quale quella in cui “naaah, me la tengo io!”

S: Se devo prendere un fallo e andare in lunetta non la passo a nessuno, ci vado io.

B: Il mio motto è:  quando me la sento, tiro. [ride, ndr]

Cosa prenderesti in prestito dall’altro (dentro o fuori dal campo)?

S: Il suo prendere la vita con filosofia.

B: Beh, riguardo al basket prenderei sicuramente l’abilità di penetrare e trovare sempre qualcuno per un buon tiro. Fuori dal campo direi la capacità di fare amicizia molto in fretta con le persone.

Qual è la partita più bella che hai giocato con Bergen Catholic?

S: Non saprei non ne ho una in mente in particolare, direi l’ultima di Bosco per le sensazioni, non voglio basarmi su una partita dove puoi aver fatto più o meno canestro, meglio quella che ti lascia qualcosa di bello quella è sempre la migliore.

B: L’abbiamo giocata poco tempo fa contro la nostra rivale Don Bosco. Abbiamo giocato in trasferta e Bergen non vinceva lì da 11 anni. Dopo una gara molto tirata siamo riusciti a vincere di 5. Le emozioni erano a mille e la stessa notte della partita non sono riuscito a dormire per l’adrenalina.

[Qui gli highlights di quella partita]

Qual è il cazziatone più frequente che ti arriva da coach Armstrong?

S: Billy non è un coach come molti di quelli che ci sono in Italia, che per spiegarti una cosa ti urlano dietro. Con me è sempre molto calmo e ci confrontiamo, mi spiega le cose parlando.

B: Molte volte passo la palla quando non dovrei o quando sono molto libero per un tiro: “shoot the ball Thomas, shoot the ball”, è quello che mi dice.

 

Qual è il coro più divertente della vostra student section?

S: Quando urlano “Mambo italiano” dopo una bella azione mia o di Thomas.

B: La nostra student section è qualcosa di speciale. Uno dei migliori cori è quando io o Gabriele segniamo e loro iniziano a cantare “hey mambo”.

Qual è il vostro compagno di squadra più forte (e perché)?

S: Ora come ora direi Taj Benning [giocherà per Fairfield University, ndr] perché è una guardia fisicamente forte e talentuosa.

B: Devo andare anche io con Taj. Ultimamente la sua leadership ci ha portato lontano e ci ha unito come squadra.

Quale invece il compagno più “pazzo”?

S: È difficile dare una risposta a questa perché siamo una squadra che si trova molto bene assieme e nessuno prova mai a farsi notare più di tanto.

B: Jayson Earle. È incredibilmente atletico e cerca sempre di fare le cose più difficili.

A scuola in quale materia ti trovi meglio e di quale faresti volentieri a meno?

S: Storia e matematica mi piacciono molto, religione la più noiosa.

B: Chimica è la migliore materia che seguo a scuola. Il professore mi ha fatto piacere la materia e adesso mi diverto a studiarla, mentre farei a meno di matematica, come sempre.

Qualcosa degli Stati Uniti alla quale non ti abituerai mai?

S: Nulla sto benissimo.

B: Dare la mancia ai camerieri nei ristoranti e nei diners.

Una invece che ti ha sorpreso in positivo?

S: Le persone.

B: La gente. Tutti sono incredibilmente a disposizione e vogliono aiutarti, specialmente se sei straniero. Cercano di inserirti nella società il più possibile.

 

Cosa ti manca di più dell’Italia?

S: I miei familiari.

B: Le lasagne, le tagliatelle e i tortellini della nonna. E ovviamente la mia famiglia e tutti i miei amici.

Cosa non ti manca affatto?

S: La scuola italiana in assoluto, dopo aver vissuto questa esperienza, non perché si dice più facile ma perché qui ti stimolano e tengono in considerazione anche i tuoi spazi al di fuori dello studio.

B: Domanda difficile a cui rispondere. A dire la verità non c’è niente dell’Italia che non mi manchi.

Cosa chiedi a questa ultima stagione con la maglia dei Crusaders?

S: Di riuscire a vincere la County e lo State: ne siamo in grado.

B: Questa maglia mi ha regalato tante emozioni, in positivo e negativo, ma quest’anno cercheremo di vincere il campionato dello stato.

Qual è il tuo sogno più grande come giocatore?

S: Visto che li sto già realizzando, cerco di godermi ogni istante e tutto quello che verrà sarà comunque per me un grande sogno che si concretizza.

B: Beh, come potrai immaginare, l’NBA è un sogno nel cassetto, pero per ora vorrei solo andare al college e poi vedremo cosa succederà.

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