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Week 15: Caitlin Clark sul trono più alto

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 19 Feb, 2024

Da Caitlin Clark che scrive una pagina di storia della pallacanestro a Jay Williams che non ne sa riconoscere la grandezza: ecco le pagelle della Week 15.

 

Caitlin Clark (Iowa). Non un semplice dieci in pagella per questa settimana bensì un voto con lode alla carriera. La stella delle Hawkeyes ha stabilito il nuovo record di punti segnati nella Ncaa femminile e lo ha fatto nel modo più clarkesco possibile, ovvero con una tripla dal palleggio in transizione scoccata da distanza siderale. Il prossimo record nel mirino è quello di Pete Maravich – le mancano 99 punti, quindi per lei dovrebbe essere questione di tre partite, una più una meno, visto che ne segna 32.8 di media quest’anno. La sua carriera pro non è nemmeno iniziata e già sta cambiando il volto del basket femminile. Assolutamente senza precedenti.

41 di questi giorni. Tre giocatori hanno messo a segno 41 punti sabato scorso. Blake Hinson (Pitt) li ha rifilati a Louisville nella stessa settimana in cui ha deciso la sfida con Virginia, non una facile da battere, segnandone 27: in tutto fa 68 con l’ausilio di soli 4 tiri liberi. Jestin Porter (Middle Tennessee) prende il premio di boxscore più pazzo perché i suoi 41 contro UTEP includono un 8/8 da tre e 10 perse. Prima ne aveva dati 26 a NMSU e chiude la settimana con un 12/17 dall’arco, proprio lui che aveva il 29% in stagione. Tommy Bruner (Denver) è già al secondo quarantello stagionale (più sette trentelli) e non a caso guida la Division I con 25.3 punti di media.

 

Baylor Scheierman (Creighton). Una settimana da super senior per l’ala di Creighton che mostra tutto il suo arsenale nel giro di pochi giorni: prima la sua completezza fatta di playmaking secondario, supporto a rimbalzo e punti pesanti nella tripla doppia contro Georgetown (15 punti, 11 rimbalzi e 11 assist). Poi la precisione chirurgica in un grande scalpo in trasferta, su un campo complicato come quello di Butler: 10/14 al tiro con tre bombe, senza uscire un minuto dal campo. 27 punti, 162 di Offensive Rating. Un’arma totale.

Jamal Shead (Houston). Ci sono giocatori completi e poi c’è Shead, che nella sculacciata rifilata a Texas ha messo insieme un boxscore da record: 16 punti, 11 rimbalzi, 6 assist, 6 recuperi e 2 stoppate. Scivolone con Kansas a parte, non ha quasi mai perso un colpo da quel 29+10 dato a Texas Tech un mese fa, facendone il candidato numero 1 per il POY della Big 12 e un nome valido da valutare in ottica Draft nonostante sia una combo guard di 185 cm d’altezza che compirà 22 anni a luglio.

 

Terrence Shannon (Illinois). Scorer in forma se ce n’è uno. Ha piallato la povera Michigan con 31 punti ultra efficienti (11/15 al tiro, 4/5 ai liberi) e poi regolato una più pericolosa Maryland con 27 punti, oltre a distinguersi difensivamente: Jahmir Young ha sì segnato 28 punti, ma solo 4 di questi con 2 su 9 al tiro quando c’era il senior di Chicago a marcarlo. Gli Illini ringraziano, salgono a 10-4 in Big Ten e mantengono Purdue nel mirino a una W di distanza, con sei gare da giocare e uno scontro diretto ai primi di marzo.

Jared McCain (Duke). Sette triple nelle quattro partite precedenti, sette triple in un tempo contro Florida State. In una di quelle serate in cui un tiratore sente forte lo spirito di Steph Curry dentro di sé, la guardia di Duke fa il record di triple per un freshman (8) ed eguaglia un altro record, cioè i 35 punti di Zion Williamson con un primo tempo senza senso in cui sembrava non poter sbagliare mai. Quarta vittoria di fila per i Blue Devils che ora puntano alla vittoria della ACC grazie a un calendario favorevole.

 

Texas Tech. Peccato per la sconfitta in trasferta con Iowa State, altrimenti sarebbe stata una settimana da mettere in bacheca. Vero che Kansas zoppica più del solito fuori casa quest’anno, ma batterla di 29 punti non è cosa da tutti. Merito di un Darrion Williams memorabile (30 punti senza un solo tiro sbagliato) e di una difesa che ha soffocato Hunter Dickinson (2/12 dal campo) e compagnia (50 punti col 32.7% al tiro). Grant McCasland ha il biglietto per il Torneo in tasca al primo anno in una HM. E un seed alto è ancora a portata di mano.

Jameer Nelson (TCU). Se le chance di Torneo di TCU sono ancora in piedi, il merito è del play figlio d’arte che corona una buonissima settimana con il buzzer beater che espugna Kansas State dando agli Horned Frogs una vittoria pesantissima in uno scontro diretto della bubble. Tripla in step back dopo che la squadra di coach Jamie Dixon si era fatta maldestramente raggiungere. Ad inizio settimana aveva dato il suo apporto su entrambi i lati del campo contro WVU (14 punti e 4 stoppate). Un sesto uomo di lusso per una squadra ancora alterna.

 

Detroit Mercy. Finalmente è successo: dopo 26 L consecutive i Titans hanno vinto una partita quest’anno. Certo, per riuscirci è servito affrontare in casa propria la numero 361 di KenPom (Detroit Mercy è alla 357), però una W è una W. +15 finale e scena sublime alla sirena conclusiva, con invasione di campo celebratoria di un solo spettatore dei 611 presenti lì durante il giorno di San Valentino. Se non è amore questo.

USC. C’è vita a Los Angeles sponda Trojans? Pare di sì. Nemmeno il tempo di narrarvi la stagione di luci e ombre di Bronny James che ci ritroviamo qui davanti a un’inaspettata vittoria con Utah e una battaglia persa solo dopo due overtime con Colorado. Sufficienza davvero risicata, intendiamoci, perché coi Buffs hanno dilapidato un vantaggio di 16 punti, ma almeno Isaiah Collier è sembrato quello d’inizio stagione e Boogie Ellis è risorto con 30 punti nell’ultima gara. Chissà che non rovinino la festa a qualcuno ai primi di marzo.

 

FDU e l’ascensore della malora. Mettiamola così: questa è una media fra i risultati sul campo (due vittorie in gare da non perdere) e le capacità di raziocinio di Fairleigh Dickinson al di fuori del parquet. Giovedì infatti questi 13 cristoni grandi e grossi hanno pensato che non potesse succedere nulla di male nel prendere tutti insieme l’ascensore modesto di un palazzo modesto come quello di LIU. E infatti sono rimasti bloccati, richiedendo l’intervento dei pompieri e rinviando la palla a due di una ventina di minuti.

Sebastian Mack (UCLA). Dalle stelle alle stalle in pochi giorni. Il freshman era stato il migliore in campo contro Colorado (19 punti con 7/11 al tiro e 5/7 ai liberi) mentre con Utah la sua permanenza sul parquet è durata 8 minuti, visto che ha deciso di rifilare una gomitata in faccia, completamente a freddo, a Branden Carlson e quindi farsi espellere. Porcata fatale per i Bruins, che hanno perso di un punto (proprio con un buzzer beater di Carlson) interrompendo una striscia positiva di sei gare. I punti del loro leading scorer avrebbero fatto comodo.

 

Marquette. I Golden Eagles si presentavano alla sfida di sabato in forma, forti delle otto vittorie consecutive, pronti a riaprire la Big East e a mostrarci qualche crepa di una UConn impressionante. Il risultato è un mucchio di cocci che Shaka Smart deve incollare il più velocemente possibile. Dopo un inizio alla pari, Marquette è stata smembrata pezzo per pezzo dall’intensità e dalla capacità di fuoco degli Huskies che hanno bloccato il cervello Tyler Kolek (2/11 dal campo alla fine per lui) lasciandoli senza respiro per tutto il secondo tempo. Inermi contro la squadra più forte del college basketball finora.

Texas A&M. Come rovinare il proprio curriculum in vista Madness dopo un grande upset? Facile, perdendo contro un’orrenda Vanderbilt di appena un punto e venir piallati dall’attacco roboante di Alabama. Gli Aggies non danno seguito all’ottima prova difensiva contro Tennessee, anzi affondano senza pietà. Vanderbilt non era mai andata oltre 1.06 punti per possesso in SEC quest’anno, contro la squadra di Buzz Williams hanno toccato 1.23 di AdjOff. Totalmente assente la prima linea difensiva che contro Alabama ha anche peggiorato lo score, lasciando praticamente segnare anche i walk-on.

 

Indiana State. La maledizione delle mid-major rankate colpisce ancora. I votanti della AP Poll aspettano sempre una settimana o due di troppo prima d’inserire una mid in Top 25 e il rischio di queste d’incappare subito in una sconfitta dopo aver collezionato vittorie a palate è considerevole. I Sycamores hanno perso in casa di SIU, che ci sta, ma la L netta rimediata sul proprio campo contro una modesta Illinois State è imperdonabile. Drake intanto ringrazia e li aggancia in vetta alla Missouri Valley con quattro match ancora da giocare.

South Carolina. Per la serie ascesa e caduta di una squadra: sette vittorie consecutive, solo lodi per Lamont Paris considerato un serio candidato al Coach of the Year e posizione #11 del ranking e poi una settimana da incubo con due imbarazzanti sconfitte che riportano i Gamecocks pesantemente sulla terra: -40 sul campo di Auburn in una partita durata neanche 5 minuti e sconfitta di 1 in casa contro la modesta LSU dopo esser stati avanti di 16 nel secondo tempo. E addio sogni di gloria nella SEC.

 

KD Johnson (Auburn). Per Bruce Pearl è letteralmente la risposta alla domanda “What makes you want to cuss the most?”. Lo ha detto prima della sfida con Kentucky, persa abbastanza malamente, ed è stato profetico, visto che KD è stato il peggiore in campo con un paio di airball (3/10 al tiro), un paio di perse e un flop imbarazzante. Sbruffone fuori dal campo e ignorante come un sasso col pallone in mano: il giocatore più odiato della SEC sarebbe anche un candidato perfetto per un ipotetico premio di MIP al contrario: costantemente peggiorato di anno in anno, dai 13.5 punti con 42.2% al tiro da freshman agli attuali 7.5 con 38.6% da senior.

Jay Williams. Due in pagella come due sono le volte che ha detto qualcosa di sensato in vita sua. Sabato scorso non era una di queste. Nella folta schiera di opinionisti ottusi che inquinano l’aria a ESPN lui continua ad occupare un posto speciale. La sua sparata su Caitlin Clark non fa che confermarlo con forza (il video di Awful Announcing ha oltre 15 milioni di visualizzazioni su twitter). Williams rifiuta di chiamare Clark grande nonostante sia “la Steph Curry del college basketball femminile” perché non ha ancora un titolo in bacheca. E sì perché a quanto apre “cambiare le dinamiche del gioco” (parole dello stesso Jay) non è significativo o difficile abbastanza da essere grandi in uno sport.

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