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Bill Self la spiega (ancora), le pagelle della Week 15

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 20 Feb, 2023

Tra un Jalen Pickett immarcabile e un Keisei Tominaga idolo transcontinentale, svetta coach Bill Self coi suoi aggiustamenti all’intervallo a prendersi il posto più alto della pagelle nella Week 15.

 

Bill Self (Kansas). Probabilmente il miglior coach della D1 perché non lo si può mai dare per finito all’intervallo. Lo sa North Carolina, lo sa Oklahoma State e ora lo sa anche Baylor. La più grande dimostrazione di forza vista quest’anno, insieme al 2T di Alabama contro Houston: 55-26 il parziale per ribaltare il -17 della prima frazione. Self ha ridisegnato la difesa, da switch continui a una marcatura fissa e asfissiante di Harris e McCullar sul backcourt di Baylor, e da lì ha tratto le energie necessarie per asfaltare gli avversari anche in attacco.

Jalen Pickett (Penn State). Che settimana quella della star (che nessuno si aspettava) di Penn State. Prima ha messo a segno 41 punti (massimo stagionale) contro Illinois conditi da 8 assist e poi 32 punti contro Minnesota, con tripla doppia sfiorata grazie all’aggiunta di 9 rimbalzi e altri 8 assist. Impossibile da fermare. L’ex guardia di Siena si è caricato la squadra sulle spalle. Adesso rimangono 4 partite sulle carta abbordabili e anche solo vincerne 3 potrebbe permettere di scattare un biglietto per il Torneo Ncaa.

 

Gonzaga. Fra i tanti divertissement offerti da KenPom c’è una voce che misura il livello di dominio d’una vittoria in base all’andamento della gara. Il 108-65 degli Zags in casa di LMU è il successo più schiacciante registrato sin da quando esiste questa voce su KP (2010), oltre a rappresentare un modo assolutamente perfetto di vendicare una sconfitta bruciante (68-67 sul proprio campo poco meno di un mese prima). A proposito di rivincite: questo sabato c’è in programma l’ultima di regular season con Saint Mary’s…

Keisei Tominaga (Nebraska). È il volto-copertina della truppa di Hoiberg, capace d’infilare due vittorie di quelle grosse in casa di Rutgers e con Maryland. Il giapponesino di 188 cm sta diventando un idolo anche al di fuori del Cornhusker State e non schioda da quota 20 punti da 5 gare (23.6 di media, 4-1 Nebraska) grazie a un jumper mancino dal range e coefficiente di difficoltà molto elevati (20/44 da tre nella striscia), faccia tosta e clutchness che gli sono valsi paragoni con Steph Curry e anche i complimenti da parte della stella di Golden State.

 

Quelle due mid che non perdono più. Eastern Washington e Oral Roberts sono state le prime squadre della Division I a farsi un bagno di coriandoli, non perché è carnevale ma perché entrambe si sono laureate campioni di regular season con ben tre gare di anticipo nelle rispettive conference. EWU conserva la striscia vincente attiva più lunga della nazione (17 partite) mentre ORU ha la seconda (12) ma è anche l’unica fra le due ad avere speranze di at-large bid. Incrociamo le dita per loro, perché sarebbe un peccato tremendo non vederle a marzo.

Mike Magpayo (UC Riverside). Vincere nonostante tutto, compresa la propria università. Il coach di UCR, fresco di vittoria pesante contro UC Santa Barbara, continua a mantenere la squadra su livelli elevati nella Big West e dirà la propria nel torneo di conference nonostante all’ateneo non freghi nulla della pallacanestro: qualche anno fa si era addirittura pensato di mollare del tutto il programma, che ora viene mandato avanti a stento con due spiccioli. In teoria ha contratto fino al 2026, ma meriterebbe di cambiare aria ben prima di quella data.

 

De’Vion Harmon (Texas Tech). L’ex Oklahoma è stato una spina nel fianco continua nel primo tempo dell’upset contro Texas. 21 dei suoi 25 unti sono arrivati nella prima frazione, quella in cui i Red Raiders hanno scavato il solco poi gestito nel secondo tempo. In difesa si è speso su Tyrese Hunter e Sir’Jabari Rice, forse le due armi più minacciose dei Longhorns. Contro West Virginia ha lasciato spazio a Jaylon Tyson, ma ha portato il suo solido contributo. Leader nel momento più importante della stagione.

Wade Taylor (Texas A&M). È il primo a meritare l’encomio in un gruppo capace d’infilare cinque vittorie tra cui due in settimana che rientrano nel Quad 1, agguantando il secondo posto solitario in una conference che non offre certezze né brilla per solidità, Alabama a parte. Il sophomore è stato il leading scorer degli Aggies nelle ultime quattro partite (21 punti di media) e, pur ostacolato dall’aggressività di Mizzou nell’ultimo match, la sua efficienza come floor general appare in lento miglioramento (1.63 A/TO Ratio, l’anno scorso era 1.24).

 

Kennesaw State. Ha buttato via la possibilità di mantenere il primo posto solitario nella ASUN perdendo a sorpresa in casa con Queens e ora condivide la vetta con Liberty, battuta proprio in settimana. Un gran peccato, ma se questa settimana è da 6 la sua stagione è da 10: coach Amir Abdur-Rahim ha infatti preso un programma in pessima forma, che giocava un basket antiquato, e dopo un paio d’annate di assestamento ha tirato su quella che è di gran lunga la miglior KSU mai vista sin dal 2006, cioè da quando è in Division I.

Memphis. Con UCF ha effettuato un solo tiro negli ultimi 5’21” che però è entrato e si è rivelato decisivo per il 64-63 finale. Memphis fa rima con Frosinone? Solo fino a un certo punto, perché in quella gara ha dovuto scontare l’infortunio della stella Kendric Davis, assente poi contro la corazzata Houston in un match perso a testa alta grazie a un gran secondo tempo dei Tigers. Si conferma seconda “forza” della conference, anche se le virgolette da usare non sono mai abbastanza, tale è il dominio esercitato dai Cougars nell’American.

 

Tyree Appleby (Wake Forest). I Deacons sono andati in casa di Miami, hanno tirato col 55.2% dal campo con 15 triple a segno eppure sono riusciti a perdere di 9. Non solo e non tanto perché la difesa è stata quel che è stata (96 punti subiti) ma per via di 19 perse, ben 12 delle quali commesse da Appleby per un tipo di tripla doppia sfiorata che nessuno si augura di registrare (15 punti e 9 assist). Non prende un voto peggiore sia perché ha trascinato la squadra tutto l’anno, sia perché è stato lui il primo a fare mea culpa nel post partita.

Le rotazioni di Tennessee. Rispetto a tutte le altre formazioni che gravitano in Top 10, i Vols sono quelli che hanno cambiato più starting five (ben otto, la seconda arriva a tre) e non hanno ancora trovato la combinazione vincente con cui giocarsi le partite. Infatti, secondo KenPom, nessuno dei suoi quintetti ha superato nelle ultime cinque gare il 10% di utilizzo. Tutte le altre contender hanno quintetti che vanno dal 15% di utilizzo fino al 55%. Va bene gli infortuni frequenti, ma forse ecco la chiave per spiegare la scarsa continuità di Tennessee.

 

Dillon Mitchell (Texas) e Kel’el Ware (Oregon). Da potenziali Top 10 alla panchina. Non a caso sono i due giocatori che scendono nel nostro Super Mock Draft. Texas stava per buttare all’aria la corsa alla Big 12 contro Oklahoma e coach Rodney Terry in questo momento sta preferendo l’energia di Brock Cunningham o i punti nelle mani di Sir’Jabari Rice piuttosto che l’atletismo di Mitchell, limitato a 10 minuti di media questa settimana. Ancora peggio il lungo di Oregon: 6 minuti nella doppia sconfitta nello stato di Washington per i Ducks.

Ohio State. Coach Chris Holtmann ha perso il tocco magico? Dopo un buon inizio la stagione di Ohio State è ormai da dimenticare. La squadra è penultima in Big Ten e ha perso 13 delle ultime 14 partite, nelle ultime tre si è fatta rifilare quasi 30 punti da Purdue (e vabbè) quasi 20 da Iowa e oltre 20 in casa da Michigan State. La March Madness ovviamente è ormai andata e non a caso ora l’allenatore schiera in quintetto quattro freshmen e il super senior Justice Sueing (quest’ultimo altra delusione stagionale).

 

Princeton. Sopra di 19 con poco meno di 8 minuti da giocare contro Yale, si è persa in un bicchiere d’acqua e ha smesso di aggredire la partita, subendo così una rimonta clamorosa sul proprio parquet (93-83 dopo un OT). Sconfitta bruciante da più di un punto di vista: i Tigers potevano rimanere soli al comando della Ivy League e invece ora si ritrovano a condividere la vetta proprio coi Bulldogs e con Penn. Rimangono due partite di stagione regolare da giocare e l’ultima è coi Quakers. Vietato sbagliare.

Wendell Green (Auburn). Bruce Pearl ci ha capito poco e la squadra naviga a vista: 5 sconfitte nelle ultime 7 e in questa settimana anche Green ha tradito e non ha visto mai il canestro. Passi lo 0/4 nel trentello rifilato a Missouri, ma costa carissimo il 2/14 contro Vanderbilt, gara da vincere per agganciare il terzo posto tramutatasi in beffa sulla sirena finale. Potrebbe essere un semplice passaggio a vuoto, ma se Auburn vuole sparigliare le carte tra qualche settimana avrà bisogno del suo leader.

 

Clemson. Sembra una vita fa quando era 10-1 nella ACC. Da allora sono arrivate quattro sconfitte in cinque match e l’ultima in ordine di tempo è abbastanza vergognosa, essendo arrivata con doppia cifra di scarto contro la peggior Louisville di sempre. La difesa dovrebbe essere il suo marchio di fabbrica ma ultimamente fa acqua un po’ da tutte le parti. Già pericolante nella bubble prima di questa debacle, per riguadagnare terreno dovrà essere perfetta nelle prossime due settimane. Cosa che francamente non appare alla sua portata.

North Carolina. Il copione è sempre lo stesso quest’anno: si lotta alla pari con tutte per poi scomparire nel finale. Le sconfitte con Miami e NC State fanno sprofondare il bilancio delle partite Quad 1 a un triste 0-9: potrebbe essere la prima preseason #1 di sempre a non centrare la qualificazione al Torneo. Nijel Pack prima e Jarkel Joiner poi sono stati inarrestabili negli ultimi minuti mentre Caleb Love si inabissava con un 2/12 da tre contro gli Hurricanes e RJ Davis con un 2/13 al tiro coi Wolfpack. Con Virginia e Duke bisogna vincere e basta.

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