Non più solo dubbi personaggi di periferia da Ovosodo: ora Wyoming significa anche basket di alto livello. La squadra della MWC è la protagonista delle pagelle di questa settimana insieme a un Chet Holmgren che domina in maniera imbarazzante con Gonzaga.
Wyoming. Se senti dire Wyoming, è più facile che pensi a quel galantuomo di Ovosodo che al basket. Baule, aurelia, aiuola e Palaia, ma adesso anche Jeff Linder. Il rampante coach che aveva fatto grande – con le dovute proporzioni – Northern Colorado sta compiendo un capolavoro sulla panchina dei Cowboys, reduci da una settimana perfetta che dovrebbe lanciarli in Top 25. Tre vittorie pesantissime con Colorado State (che era la favorita della MWC in preseason), Boise State (concorrente numero 1 per il primo posto nella conference) e Fresno State (squadra da prendere con le molle quest’anno), con un attacco che funziona a meraviglia anche di fronte a difese coriacee. Tanti bravi mestieranti e due stelle: Hunter Maldonado, point guard tuttofare di 2 metri costantemente in odore di tripla doppia, e poi Graham Ike, satanasso sotto canestro e continua fonte di problemi di falli per gli avversari.
Chet Holmgren (Gonzaga). Ci si era un po’ dimenticati di lui fra una partita dominata e l’altra da Gonzaga negli ultimi tempi, ma il settepiedi di Mark Few sta migliorando continuamente e ha ormai una fiducia e un’efficacia da veterano. Oltre a essere incoronato dai guru delle statistiche avanzate (salito alla #2 nella classifica dei NPOY di KenPom e alla #1 dei migliori giocatori di EvanMiya). Quattro volte a quota 20 punti nelle ultime 5 partite, 46% abbondante da tre in stagione, una prestazione da dominatore assoluto sul campo non facile di BYU con 20 punti, 17 rimbalzi, 6 assist e 5 stoppate, facendo di tutto sempre nel modo migliore. Probabilmente ha anche tirato a lucido lo spogliatoio prima di tornarsene a Spokane.
Il pubblico di Texas Tech. L’ironia della sorte vuole che queste righe finiscano proprio sotto il faccione di Chris Beard. L’ex più odiato del college basketball è tornato a Lubbock e ha rimediato una sconfitta autorevole (anche se la sua Texas si è comportata abbastanza bene, va detto). Il pubblico di casa non aspettava altro da mesi: si sono visti tifosi accampati fuori dal palazzo per giorni prima della partita e poi altri (circa mille) rimasti fuori al freddo a guardarla su uno schermo, mentre gli oltre 15mila sugli spalti creavano un’atmosfera rovente. Rumorosi, danzanti ma mai sopra le righe: e sì che viene più facile essere corretti quando la tua squadra conduce dall’inizio alla fine, ma la cosa non era scontata, visto l’astio verso Beard e UT manifestatosi senza mezzi termini alla vigilia.
Kansas. La vittoria su Baylor è stata più di una dimostrazione di forza. I Jayhawks annientano, come raramente hanno fatto in passato, una formazione di altissimo calibro in una partita mai in discussione, mettendo un’ipoteca sulla Big 12 (già due W di vantaggio sulle inseguitrici). Avevamo scritto che l’Allen Fieldhouse poteva essere un fattore. Lo è stato, ma più per la mistica che per il calore del pubblico: sono 33 anni che Kansas non perde due gare di fila in casa e la reazione dopo la pesante sconfitta contro Kentucky è stata da squadra di altissimo livello. Che i ragazzi di Bill Self si siano sbloccati? Vediamo come via in trasferta contro Texas…
Kofi Cockburn (Illinois). In testa alla super competitiva Big Ten c’è la squadra di Brad Underwood, reduce da 4 vittorie di fila ottenute anche grazie all’ottimo periodo di forma del suo centrone. Un gigante tra i bambini è la descrizione migliore della sua partita contro Wisconsin, chiusa con 37 punti (16/19 al tiro) e 12 rimbalzi, spazzando via i due poveri lunghi dei Badgers. Solidissimo anche contro Indiana, è il giocatore fisicamente più dominante della Division I e, quando i suoi compagni si ricordano di dargli il pallone in mezzo all’area, il ferro inizia già a tremare. Tenersi liberi per mercoledì: c’è il big match con Purdue per una possibile rivincita personale contro Zach Edey e Trevion Williams.
Wendell Green (Auburn). Alla numero 1 della nazione gira tutto bene e, anche quando le cose si mettono male, risolve tutto questo sophomore in missione per conto di Bruce Pearl che non raggiunge il metro e ottanta. Suo il canestro decisivo per evitare un clamoroso upset contro Georgia e restare imbattuti nella Sec, sua la prestazione da 23 punti, 8 rimbalzi (!) e 6 assist che ha fatto venire il mal di testa a tutte le guardie di Alabama, compreso JD Davison, che dovrebbe andare in Nba ma che contro di lui non ha segnato un punto.
Villanova. Niente da fare, con Marquette non c’è proprio verso quest’anno (tanto di cappello a Justin Lewis, di nuovo migliore in campo contro i Cats), ma la squadra di Jay Wright si guadagna lo stesso un bel voto grazie alla vittoria importante e convincente contro UConn. Sorprendente, anche, per certi versi. Non c’è stato bisogno di far leva sul tiro da tre contro la protezione del ferro degli Huskies: da una parte c’era Adama Sanogo sottotono e con problemi di falli (come Isaiah Whaley) nel primo tempo, dall’altra un meraviglioso Eric Dixon (24 punti, 12 rimbalzi) che ha fatto vedere i sorci verdi a chiunque gli si parasse davanti in area. Le poche perse i tanti recuperi della prima frazione hanno fatto il resto, indirizzando la gara in maniera netta.
Yuri Collins (Saint Louis) vs Josh Oduro (George Mason). Uno dei duelli a distanza più divertenti degli ultimi tempi. 36 punti e 13 assist per il sophomore di Saint Louis, point guard con gran feel for the game che slalomeggia fra gli avversari e tiene la propria squadra saldamente in pugno, con equilibrio ideale fra sfera realizzativa (la mette un po’ da tutte le mattonelle) e di floor general. Dall’altra parte, 32 punti per il mobile lungo di GMU, bottino davvero notevole da mettere insieme contro una squadra fisica e che concede pochissimo intorno al canestro. Colpi da una parte e dall’altra per 50 minuti: alla fine è stato Collins ad avere ragione, rispondendo all’unica tripla segnata da Oduro con un layup in traffico sulla sirena finale del secondo overtime.
Arkansas. Settima vittoria consecutiva, una sola partita di distanza dalla Kentucky dominante delle ultime settimane. I Razorbacks sono tornati? Nì. Si sono visti decisi passi in avanti, soprattutto in difesa, il che ha permesso loro di vincere anche tirando male da tre – cosa che accade quasi sempre. Ma le vittorie sono arrivate contro squadre della metà bassa della SEC e ora arrivano i big match, a partire da martedì quando ospiteranno Auburn. E poi ancora ci saranno da affrontare Alabama e Florida in trasferta, Kentucky e LSU in casa propria e Tennessee per due volte. Quale Arkansas vedremo?
Florida. A proposito di SEC, Florida è riuscita nell’impresa di battere Missouri di un punto e Ole Miss dopo un overtime, cioè due squadre che non sono neanche nella Top 100 di KenPom. Tutto questo per arrivare al 50% di vittorie nella conference. Finché si vince va tutto bene, ma quanto fa strano pensare che questo programma, che ora strappa vittorie a fatica, sarebbe anche uno dei più vincenti degli ultimi venti anni. Coach Mike White ha conquistato una sola Elite Eight in sette anni, per di più con una squadra lasciatagli in eredità da Billy Donovan, e cresce sempre di più l’impressione che stia sperperando il lavoro del suo predecessore. É ancora lui l’uomo giusto su cui puntare in una SEC che andrà a rafforzarsi ulteriormente nei prossimi anni? Nove partite per avere la risposta, ma la sua panchina potrebbe cominciare a scottare.
Si sta meglio a Los Angeles che nell’Arizona. L’avranno sicuramente pensato tutti quelli di UCLA, che in casa quest’anno non hanno mai perso (ok, una con Oregon ma senza pubblico, quindi moralmente la possiamo contare come L su neutro), dopo l’uno-due di sconfitte rimediato in trasferta contro Arizona, quasi inaffrontabile, e Arizona State, squadra parecchio più debole ma che si è rifiutata di fare da vittima sacrificale, trascinando la gara per tre supplementari. Due insuccessi che non valgono una bocciatura, ma a un top team si può chiedere di meglio. L’unica vittoria rilevante fuori casa dei Bruins? Contro Marquette a metà dicembre, cioè quando i Golden Eagles erano buoni ma ancora lontani dal raggiungere il livello di maturità attuale.
Oklahoma. Siamo a tre sconfitte consecutive, che vabbè per una squadra della Big 12 non è una notizia mai accaduta prima (vedi Baylor). La conference è quello che è, cioè tostissima, però le ultime due fanno male. Ha perso in casa da favorita contro TCU e poi è uscita sconfitta nel sentito derby contro i rivali di Oklahoma State. Quando gira uno (come Tanner Groves contro i Cowboys) non girano gli altri. E tutti, nel complesso, tirano male da tre. Brutto periodo.
Baylor. Non bastano le assenze per spiegare il calo dei risultati dei ragazzi di Scott Drew che sono 4-4 nelle ultime 8 gare, con le 4 vittorie tutte contro squadre mediocri, e continuano a scendere nel ranking. Contro Kansas non sono proprio scesi in campo e sono stati spazzati via, tirando con il 29.6% in una partita chiusa dopo pochi minuti e nella quale non sono riusciti ad arrivare a 60 punti. Vincitore a mani basse del premio per il peggiore in campo è James Akinjo, che ha chiuso con 0/11 in 24 minuti di nulla.
Il social media manager di Alabama. Dopo la sconfitta netta coi rivali di Auburn, il responsabile del profilo twitter di Bama ha provato a mettersi al riparo dai tifosi avversari bloccando le risposte sotto al rituale tweet in cui si annuncia il punteggio finale. Mal gliene incolse, perché si è subito trovato sommerso da migliaia di meme e pernacchie social di vario tipo sotto altri post del profilo da lui gestito. A quel punto ha sbloccato i commenti del suddetto tweet, ma ormai la diga era bella che rotta. Doppia figura barbina per i Crimson Tide.
Caleb Love (North Carolina). 3/10, 3/18, 6/16, 5/17 giusto per prendere le cifre al tiro delle ultime 4 partite, ma potremmo continuare. Dopo il primo anno in cui era giusto concedergli il beneficio del dubbio, la sua stagione da sophomore sta confermando che è pronto per il campionato messicano, dove potrà sprecare il suo talento tirando tanto e male con l’atteggiamento di uno a cui non frega nulla, magari passando anche inosservato. Nel derby della Tobacco Road, contro i rivali di sempre di Duke, in casa, davanti a quasi 22mila spettatori, in diretta tv nazionale, qualcuno invece se n’è accorto.
LSU. È in caduta libera: 6 sconfitte nelle ultime 7, Xavier Pinson fuori a causa di un infortunio al ginocchio con cui convive da mesi e questa settimana si sono fatti fregare in volata da Ole Miss e dai gregari di Vanderbilt, dato che Scottie Pippen Jr. si era preso una giornata di pausa. La difesa continua ad essere una delle migliori della nazione, ma il già citato infortunio di Pinson ha messo a nudo la scarsa profondità nel reparto guardie e, soprattutto, una mancanza di creazione dal palleggio. Brandon Murray e Eric Gaines non sembrano ancora in grado di essere dei fattori e il povero Tari Eason non ha una spalla sulla quale fare affidamento. Serve una sterzata decisa.
Mac Etienne (UCLA). La schifezza della settimana – e non solo – è riuscita a farla lui, che non ha ancora giocato un minuto al college. La matricola 4-star dei Bruins, out per infortunio sin da prima che iniziasse la stagione, ha sputato addosso ai tifosi di Arizona poco prima d’imboccare il tunnel degli spogliatoi. Due volte, a quanto pare: all’intervallo e a fine partita. La seconda è finita in un video che ha fatto subito il giro di twitter. E per il lama losangelino sono scattate le manette per aggressione.
America East. La conference ha deciso di escludere la sua seconda migliore formazione, Stony Brook, dalla post season che assegnerà un posto al Torneo Ncaa. Come mai? Perché di recente i Seawolves hanno annunciato che si trasferiranno nella Colonial a partire dall’anno prossimo. È vero che i membri della conference, quasi unanimi nel punire i newyorchesi, non stanno facendo altro che applicare una regola preesistente, ma di fatto rimane una presa di posizione abbastanza meschina, visto che prima di ogni altra cosa colpisce i giocatori in modo grave.