Bleacher Report lo ha finalmente inserito alla posizione numero 44 del prossimo Draft Nba. The Athletic lo prevede alla 50, Espn alla 51 e HoopsHype alla 52. Invece Sports Illustrated, NbaDraftNet e Nba Draft Room non se lo cagano manco al secondo giro. Gli unici a dare un minimo di considerazione a Luka Garza, il lungo di Iowa serissimo candidato al titolo di POY della Ncaa, sono Tankathon, che ipotizza una chiamata nella parte alta del secondo giro e Nbc che addirittura lo inserisce alla fine del primo, con la numero 30. Insomma, piazzamenti che lo tengono lontanissimo dal nostro Super Mock Draft.
Avranno ragione loro. Alla fine Garza sta per compiere 22 anni, è ormai “anziano” per gli standard del professionismo e non ha potenziale di crescita. Non ha l’upside, come direbbero quelli fighi. E poi gioca in un palazzetto di Iowa City, che è una cittadina di 67.000 abitanti mezza sperduta tra il Kansas e il Minnesota. Vogliamo infierire? Facile, intanto Luka è un centro bianco che sembra di altri tempi e quelli di Bill Walton sono finiti da anni, in più gioca per un college che non ha né il blu né il bianco tra i colori della squadra, quindi niente Duke, Kentucky, Kansas o North Carolina. Bleah.
Va bene, basta. Finitela qui di leggere. Sciò, cambiate articolo perché da qui in poi la smettiamo con le stronzate e parliamo di pallacanestro. Uno sport che non per forza viene giocato bene se-e-solo-se finisci nella Nba. Ecco, a quello sport fatto di talento, tecnica e grinta, Garza gioca come pochissimi altri hanno fatto negli ultimi anni al college. Facciamo dieci anni e non ci sbagliamo di sicuro, ma probabilmente potremmo andare anche oltre. Le ha tutte. Gioca con talento, gioca con tecnica e gioca con grinta.
Le statistiche di un’ascesa incredibile
Fare più e meglio di quello che sta facendo quest’anno il lungo degli Hawkeyes è veramente difficile da immaginare. Buttiamo lì qualche cifra. L’anno scorso viaggiava a 23.9 punti di media, passati quest’anno a 28.4, con i rimbalzi scesi da 9.8 a 9.1. L’anno scorso tirava con il 35.8% da tre punti, che per essere un 2.11 non è male, e quest’anno è passato a un irreale 58.6% dall’arco.
Per capirci, nella stagione passata i tifosi di Duke si esaltavano per il 38.1% di Vernon Carey (208 cm), giocatore “la cui mano dall’arco garantisce potenzialità Nba” (parafrasiamo, ma nemmeno troppo, da illustre forum). Ecco, Carey l’anno scorso ha preso 21 triple in 31 partite. Garza è a 29 tentativi nelle sole prime 8 gare. Poi, se volete, apriamo un dibattito sull‘estetica del tiro, che a volte sembra più un getto del peso che un tiro di Ray Allen. Però è efficace.
Lasciamo perdere il ranking di KenPom per il “Player of the Year”, perché dal 2011 a oggi ci sono state edizioni vinte da giocatori che poi non hanno lasciato il segno. L’albo d’oro comprende Jared Sullinger, Draymond Green, Russ Smith, Frank Kaminsky, Brice Johnson, Josh Hart, Trae Young e Jarrett Culver, tutti scelti in Nba a vari livelli, ma non tutti con la stessa carriera.
Prendiamo invece il Player Efficiency Rating degli ultimi anni. Sul podio, al terzo posto, troviamo Anthony Davis che ha chiuso la stagione 2011-12 con 35.13. Ha fatto meglio di lui Zion Williamson, che nel 2018-19 ha totalizzato 40.84. In testa però c’è Garza (52.12) che lo stacca di dodici punti in una classifica in cui uno 0.5 in più o in meno è già molto.
Altre statistiche interessanti (le stiamo selezionando, credeteci, ci si può passare una giornata intera): per KenPom, è il 62° giocatore per possessi, e il 25° per numero di tiri presi sul totale in tutta la Ncaa. Però nel Turnover Rate è 56° e tra i giocatori della Big Ten è primo. Tradotto: la palla va sempre a lui e, nonostante questo, non la perde quasi mai. Non male, eh.
I dati su come gioca Iowa con lui o senza di lui ve li risparmiamo, perché è un po’ come vedere come sarebbe finito Il signore degli anelli senza Gandalf. Invece citiamo le statistiche di ShotQuality che, come dice il nome del sito, analizza la qualità dei tiri di ogni giocatore del college. Domanda: chi è il migliore di tutta la Division I? Bravi, avete indovinato.
Oltre i numeri
Questi però sono solo numeri. E non lo diciamo con ironia. Anche se sempre più persone valutano i giocatori quasi esclusivamente basandosi sulle statistiche, non faremmo giustizia a Luka Garza imbrigliandolo all’interno di cifre che ne farebbero perdere parte del valore. Avete presente quando alla fine di un’esibizione a X-Factor il giudice dice “hai cantato bene ma non mi sei arrivato, non mi hai emozionato”. Vedere Garza assediato dalle difese avversarie, raddoppiato e triplicato a ogni possesso, giocare con furore e determinazione, trasmette una delle emozioni più genuine del basket, in particolare di quello di college.
Forte a rimbalzo, più grazie al peso, alla tecnica e al senso della posizione che a un atletismo fuori dal comune. Micidiale nei movimenti in post basso, anche perché regge bene i contatti e ha mano morbida. In più, pericoloso dalla media distanza e non battezzabile dall’arco. I suoi limiti sono sicuramente più difensivi, anche se negli anni è costantemente migliorato. Si trova chiaramente più a suo agio vicino a canestro, ma non è una vittima sacrificale quando si trova a dover arginare i piccoli. Resta che quando corre da una parte all’altra del campo i suoi 120 kg si notano tutti e che la rapidità, anche laterale, non è una sua qualità. Questa sì, una pecca che crea molti problemi a livello Nba.
Fino ad oggi è stato chiaramente però un’arma d’attacco più che un baluardo in difesa. La strategia di Iowa nella metà campo offensiva è abbastanza evidente: ho in campo il giocatore più forte della Ncaa e quindi gli do più palloni possibili. Semplice? Sì e no. Quando sei un lungo non hai tu la palla in mano, ti deve arrivare e se gli avversari sanno che, tolti quei rifornimenti, battere gli Hawkeyes è molto più facile, fanno di tutto per eliminare quei passaggi. In pratica vi abbiamo riassunto gli ultimi due anni di Iowa. Ogni partita era: dare-la-palla-a-Garza contro non-fare-arrivare-la-palla-a-Garza.
In questo senso, la gara persa contro Gonzaga è stata emblematica. I Bulldogs sono da anni una squadra da Top 10 del college basket e in questa stagione hanno, se possibile, ancora più talento e profondità. Eppure gli Zags hanno, peraltro comprensibilmente, affrontato Iowa con lo stesso piano partita che adotterebbe una Chicago State qualsiasi: fermare Luka Garza. Alla fine hanno vinto, ma il compito di limitare il centro avversario non è stato svolto al meglio. Luka ha chiuso con 30 punti e 13/16 da due, oltre a 10 rimbalzi, 2 assist e 3 stoppate.
Uno degli aspetti che rende Garza un giocatore difficile da arginare è la sua capacità di prendere posizione in area. Nella clip successiva si nota come, già mentre corre dopo canestro subìto, Garza si preoccupa di crearsi un vantaggio per la ricezione. Vantaggio che poi sfrutta anche se raddoppiato.
Altro aspetto che lo rende fuori dal comune è la capacità, una volta servito spalle a canestro, di ribaltare il gioco, smistare il pallone o servire i compagni sul perimetro (e Iowa ha una gran bella batteria di tiratori). Il video sotto mostra quattro azioni. Nella prima, si vede come la sua sola presenza in campo garantisca metri di spazio ai compagni, mentre nelle successive tre ci sono fasi di gioco con riaperture e, in qualche caso, re-post.
A tutto questo, va aggiunta la possibilità di eseguire il pick and pop, ormai diventata una delle armi di Iowa e di Garza. Che fino alla scorsa stagione non tirava così. Guardate cosa si può fare con uno della sua intelligenza, la sua stazza e il suo tiro.
Il ragazzo ha studiato. Si è esercitato, è stato in palestra e a casa ha guardato video. “Molti ragazzi preferiscono guardare Nickelodeon, io preferisco guardare filmati sulla storia della Nba”. C’è un long form pubblicato su The Athletic in cui si ripercorre la sua storia. Luka Garza lì indica quattro giocatori dai quali ha preso ispirazione, Hakeem Olajuwon, Jack Sikma, Kevin McHale e ovviamente Kareem Abdul-Jabbar.
Da ognuno ha preso qualcosa e non ha ancora finito. Alla faccia di chi crede che, a 22 anni, l’upside sia ormai esaurito. “È in continua evoluzione”, dice coach Fran McCaffery. Insomma, può anche essere che alla fine non avrà una lunga carriera Nba. Ma vedendolo giocare oggi, il primo commento che viene è… chissenefrega.