Hunter Dickinson non tradisce e grazie a lui Kansas rimane la numero 1 della nazione dopo una gran vittoria su Michigan State. Questo e molto altro nelle nostre pagelle.
Hunter Dickinson (Kansas). Il centrone ii Kansas è una sicurezza per Bill Self che può contare sulla sua efficienza (28 punti, 13/21 dal campo e 12 rimbalzi contro Michigan State, di cui 12 nei primi quindici terrificanti minuti del primo tempo) mentre trova la forma giusta nelle rotazioni. Nei buy game contro Oakland può tranquillamente nascondersi (10+9+4 stoppate) lasciando agli altri la possibilità di trovare fiducia e sicurezze.
Kam Jones (Marquette). Settimana scorsa aveva fatto anche meglio, ma abbiamo detto “Beh, dai, guarda la qualità degli avversari”. Poi è arrivata Maryland e un finale punto a punto e Kam Jones ci ha mostrato il motivo per cui Marquette, anche quest’anno, sarà una squadra pericolosa in Big East e per tutta la nazione. 28 punti per lui, di cui 18 nella seconda frazione, per rimontare e mettere il muso avanti a una versione dei Terrapins molto interessante. Sarà meno distributore di Tyler Kolek, ma i suoi punti li porta sempre a casa.
John Tonje (Wisconsin). Arrivati alla quarta partita si può dire: Wisconsin ha pescato il jolly con questo transfer su cui c’erano dubbi dopo l’infortunio al piede che lo aveva tenuto fuori quasi tutta la scorsa stagione. Ecco, dubbi un corno. I 41 punti contro Arizona (con 21/22 dalla lunetta) sono la punta di un iceberg fatto di grande self confidence, pericolosità costante tra attacchi al ferro e tiri da fuori e ottimo inserimento negli schemi di coach Gard. E adesso i Badgers diventano un osso duro in Big Ten.
Ante Brzovic (Charleston). Venerdì scorso è stato semplicemente un’iradiddio: 39 punti e buzzer beater in una sfida da cinema con Florida Atlantic. 100 punti in tre partite per tre vittorie, poi però Liberty gli ha messo le manette ai polsi (10 punti e 7 rimbalzi, impreciso al tiro e sprecone con 5 perse) e CofC è così naufragata in maniera inaspettata. È lecito aspettarsi un immediato ritorno in carreggiata da parte del lungo croato, che ha tutto per essere il POY del mondo mid-major quest’anno.
Marcus Johnson (Bowling Green). Volete un nuovo eroe mid-major da venerare? Eccolo qui. Arrivato dalla D2 (e nemmeno troppo corteggiato nel portal) con 2 metri per 120 chili di pura classe: passo felpato, tocco morbido, porta a spasso gli avversari mettendo palla a terra dalla linea dei tre punti e trascinandoli dove vuole lui. Semiganci, long-two in fadeway, triple. 23 punti in casa di Michigan State, ma BGSU non giocherà altri buy game simili. Armatevi di pazienza e ammiratelo contro altre mid, ne varrà la pena.
Kentucky. Mark Pope se la ride. La sua Kentucky operaia corre, tira, soffre, rimonta e batte una Duke con ben più hype addosso. E lo fa senza l’apporto del suo attaccante migliore (un solo punto per Jaxson Robinson) e con un Amari Williams, utilizzato molto come hub dalla punta, ancora arrugginito in attacco (3/12 per lui). Una grande vittoria, la prima della sua gestione a Kentucky, nata grazie ad un’attività difensiva che ha sempre infastidito i tiratori di Duke (4/24 a fine partita) e che ha portato ai 5 punti finale di scarto ottenuti in transizione.
Berke Buyuktuncel (Nebraska). Un po’ in sordina nella prima settimana, ma già adesso è tutto quel che ci si aspetta da lui e anche qualcosa di più. L’ex UCLA ha brillato nel fallito tentativo di rimonta contro Saint Mary’s in un match davvero avvincente, distinguendosi per fisicità e voglia di lottare in ogni possesso. 15 punti, 5 rimbalzi, 3 stoppate e 3 recuperi per lui alla fine, con la netta sensazione che ha le carte in regola per svoltare la stagione degli Huskers.
Abramo Canka (Stetson). Gli Hatters non decollano ma almeno il genovese è andato di bene in meglio gara dopo gara. 22 punti per lui nella proibitiva trasferta con Oklahoma, mostrando sia le sue note doti da slasher ma anche una mira ottima in catch-and-shoot (4/5 da tre). Il palcoscenico è decisamente più modesto di quelli calcati negli scorsi due anni, ma almeno ora è in condizioni di esprimersi. Tocchiamo ferro: il basket di casa nostra ha sempre bisogno di talenti come il suo.
Seton Hall. Dopo due sconfitte di misura con squadre che erano da battere (Fordham e Hofstra) ecco che finalmente arriva la boccata d’ossigeno schiantando Wagner, l’avversaria più debole incontrata fin qui. 54-28 il risultato finale – sì, avete letto bene – e ora i Pirates vantano la decima miglior difesa della Division I stando ai numeri di KenPom. Peccato però che l’attacco sia un pianto assoluto. Destinata a un’altra stagione mediocre se qualcosa non cambia radicalmente in quel reparto.
Clemson. Tutto bello fin quando stai a casetta a giocare buy games, ma alla prima sfida tosta i Tigers si sono trasformati in gattini. Chase Hunter lasciato solo ed ecco servita la prima sconfitta della stagione, in trasferta con Boise State, alzando sostanzialmente bandiera bianca nella ripresa. Voto sufficiente solo di stima per un programma high-major che ha avuto il coraggio di organizzare una home-and-home con una mid-major molto pericolosa.
Cooper Flagg (Duke). Duke va dove la portano i propri freshmen. Domina Kentucky quando Khaman Maluach chiude la porta in difesa e Cooper Flagg è inarrestabile in attacco (26+11, 1/5 da tre) ma si affossa quando il primo va fuori per crampi e il secondo pasticcia nel minuto finale perdendo due sanguinosi palloni sul 72 pari. C’è da dire che coach Jon Scheyer l’ha messo nelle peggiori condizioni possibili, ma resta il marchio sulla partita. Sono i dolori della crescita che al momento costano una vittoria alla portata dei Blue Devils che dovrebbero più preoccuparsi degli esperti nel backcourt che dei giovani.
Aaron Bradshaw (Ohio State). Molto del potenziale di Ohio State passa dall’esplosione del suo frontcourt ex stelle formato da Sean Stewart e Aaron Bradhsaw. Dopo la fatica, seppur vincente, contro Texas, l’ex Kentucky ripete una prestazione negativa anche con la ben più tosta Texas A&M. Dominato fisicamente da lunghi esperti come Harry Coleman e Manny Obaseki, Bradshaw non è riuscito neanche a mostrare la sua versatilità offensiva chiudendo con 3/10 al tiro e con una sola schiacciata degna di nota a inizio partita.
Mark Sears (Alabama). A guardare il tabellino (15 punti, 4 rimbalzi e 6 assist) la sua partita dovrebbe essere positiva, da quello che molti consideravano il principale candidato al premio “Player of the Year” della squadra più forte. La verità è che sui 40 minuti il pari ruolo Braden Smith di Purdue è sembrato superiore in ogni aspetto del gioco. In una giornata storta al tiro da fuori (1/6 dall’arco) ci si aspettava almeno leadership e questa è un po’ mancata.
Evansville. Il nostro Gabriel Pozzato rappresenta ancora una nota positiva (19.3 punti di media in 4 gare) ma la squadra non ingrana. In trasferta con Middle Tennessee ha tenuto solo per un tempo (-17 alla fine) e poi in casa con Radford è riuscita a dilapidare ben 22 punti di vantaggio con un’altra ripresa disastrosa (-11 alla sirena conclusiva). Difesa colabrodo (#321 su KenPom) e pecora nera di una MVC fin qui discreta. Nessuno chiede miracoli con Ohio State ma, dopo la prossima partita, occorre una sterzata decisa.
Caleb Love (Arizona). Troppo facile dominare contro squadre non all’altezza. Purtroppo alla prima gara con avversaria di livello Caleb Love, ossia il leader designato di Arizona, ha steccato e con lui un po’ tutta la squadra. Poche idee ma confuse, la shot selection dei giorni peggiori (0/6 dall’arco) e anche qualche difficoltà in difesa. Se c’è troppa sregolatezza e poco genio, avere Love in campo diventa un minus.
Villanova. Due settimane di stagione e, casomai ci fossero ancora dubbi, l’esperimento Kyle Neptune può considerarsi fallito. I Cats sono stati battuti per il secondo anno di seguito dai rivali di Saint Joseph’s (roba che non si vedeva dai tempi di Jameer Nelson) e poi hanno ceduto senza porre opposizione a una Virginia tutt’altro che irresistibile. I caposaldi della pallacanestro di Jay Wright semplicemente non ci sono, in nessuna delle due metà campo. Eric Dixon è l’unico a meritare quella maglia.
Mississippi Valley State. Fra le poche certezze di ogni stagione c’è che i poveri Delta Devils riescono sempre in qualche modo a trovare posto in fondo alle nostre pagelle. La sgangheratissima squadra di Itta Bena ha rimediato 72 (SETTANTADUE) punti di scarto da Mizzou ed è l’unica formazione di Division I ad aver subito passivi simili durante gli ultimi 9 anni (-94 con Utah nel 2019 e -80 con Arkansas nel 2020).