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Da Gonzaga a Baylor, i difetti delle big

Autore: Manuel Follis
Data: 8 Feb, 2017

Il viaggio verso il torneo Ncaa sta entrando nel vivo. Mancano poche partite e poi inizieranno i tornei delle conference, fondamentali per capire quali saranno le squadre che prenderanno parte al gran ballo di marzo. Ovviamente, indipendentemente da una vittoria nella loro conference, ci saranno i big team, cioè le squadre che fin dall’inizio della stagione si sono messe in evidenza come le più forti. Ma quali sono i loro difetti? Quali i talloni d’Achille? Vediamoli una per una.

Gonzaga Bulldogs (24-0)

Cosa si può dire e/o mettere in evidenza di una formazione che non ha mai perso? In effetti poco, anche perché quando gioca Gonzaga mostra una sicurezza nell’esecuzione sui due lati del campo invidiabile. Il problema è che a differenza di tutte le altre grandi squadre i Bulldogs hanno affrontato pochi avversari “di livello” e quei pochi nella prima parte della stagione (Arizona il 3 dicembre). Il punto interrogativo quando si parla di Gonzaga è uno solo: riuscirà la squadra a reggere la pressione del Torneo? Il tutto tenendo conto che Mark Few allena quest’anno una delle formazioni con meno “esperienza” degli ultimi anni.

Key player: Jordan Mathews. Se entra il suo tiro, Gonzaga diventa difficilissima da battere.

Villanova Wildcats (22-2)

Anche nel caso dei campioni in carica trovare difetti significa un po’ trovare peli nell’uovo perché nessuno si stupirebbe se questa formazione tornasse alla Final Four. La squadra è quadratissima in difesa e concreta in attacco, ma restano dei punti deboli sfruttabili. Il primo riguarda la presenza sotto canestro, visto che schiera un solo lungo in rotazione, il senior Darryl Reynolds. Il secondo il fatto che quando la squadra non produce attacco partendo dalla difesa, a livello offensivo dipende molto da Kris Jenkins, che sta in campo come 4 tattico, ma quando è in serata-no al tiro diventa più un problema che un’opportunità.

Key player: Kris Jenkins, because of the above. I motivi li abbiamo appena elencati, ma stiamo anche parlando dell’autore della tripla che l’anno scorso ha regalato il titolo a Villanova.

Kris Jenkins (Villanova)

Kris Jenkins (Villanova)

Kansas Jayhawks (20-3)

Il problema di Kansas era evidente fin dall’inizio della stagione quando il roster era completo, ma è diventato drammatico quando il freshman Udoka Azubuike si è infortunato saltando la stagione. Sotto canestro la squadra fa (e farà) una fatica immensa, non a caso quest’anno più di un terzo delle sue gare sono finite con uno scarto entro i 6 punti (record 7-2), sintomo del fatto che si tratta di una formazione che non è una corazzata ma che sa gestire i momenti chiave grazie alla presenza di Frank Mason in regia. Mason è il giocatore più “utilizzato” (%min) di tutta la Big 12 mentre il compagno di reparto Devonte’ Graham è il terzo in questa particolare classifica. Finora sono stati dei computer, ma l’eccesso di utilizzo è un altro rischio che corre coach Bill Self. Senza dimenticare tutti i problemi extra campo che hanno già portato a due sospensioni per Carlton Bragg e a un’indagine che coinvolge Lagerald Vick.

Key player: Carlton Bragg. La capacità del lungo di aiutare Landen Lucas sotto canestro dirà quanta strada farà Kansas al torneo. Il talento c’è, la testa, come abbiamo visto, molto meno.

Virginia Cavaliers (18-5)

Parliamo della miglior difesa del college basketball, che tiene il ritmo più basso sia in fase offensiva sia in fase difensiva. Il tallone d’Achille resta chiaramente l’attacco, che produce 69 punti per gara e che non ha giocatori di riferimento costanti ad eccezione del play London Perrantes. L’anno scorso Malcolm Brogdon, Anthony Gill e Perrantes realizzavano una media di 43 punti per gara (su quasi 71) mentre quest’anno Perrantes, Marial Shayok e Devon Hall si fermano a 30,7. Insomma, manca qualcosa che spesso viene compensato da una difesa perfetta, ma che in ottica torneo può essere un problema.

Key player: Isaiah Wilkins. Nelle partite in cui la squadra riesce a innescarlo in attacco Virginia diventa da Final Four.

Isaiah Wilkins (Virginia)

Isaiah Wilkins (Virginia)

Duke Blue Devils (18-5)

Se parliamo di talento puro scansatevi perché solo Kentucky può reggere il confronto con Duke. Poi però si va in campo e il problema mostrato dai Blue Devils quest’anno è proprio l’incostanza. I team del recente passato guidati da coach K erano contraddistinti da un attacco micidiale, ma per trovarne uno che assomigli per prestazioni a quello attuale bisogna tornare al 2008. Perché? Perché la squadra è giovane (in % palle perse per trovare una squadra peggiore bisogna arrivare fino alla formazione-disastro del 2007) e in più sta incontrando problemi sotto canestro dove solo Amile Jefferson garantisce rendimento. Certo se il potenziale fenomeno Harry Giles risorgesse, sarebbe tutto diverso.

Key player: Grayson Allen. Tra i tanti candidati possibili scegliamo lui. Se da “capitan nervosismo” si trasforma in leader offensivo, sono problemi per tutti.

 

Kentucky Wildcats (19-5)

Giocano a un ritmo forsennato e sono la squadra più veloce nel mettere punti a referto da canestro subito ma, come negli anni passati, resta un team che dà più l’idea di assemblare il talento dei singoli che strutturare un gioco di squadra. L’esecuzione a difesa schierata resta il principale problema, soprattutto contro la zona, che richiede capacità di lettura e tiro da fuori, doti che questa UK non ha in eccesso. Morale: se si corre, i Wildcats possono vincere il titolo; se si resta a metà campo, la stessa squadra può uscire entro i primi due turni del Torneo. A questo aggiungete che ci sarebbe da parlare anche di alcuni giocatori scomparsi, come il centro Isaac Humphries.

Key player: Wenyen Gabriel. Un talento mostruoso abbinato a prestazioni da ottovolante. Giocatore chiave in difesa e in attacco se segna da 3. Altrimenti

Wenyen Gabriel (Kentucky)

Wenyen Gabriel (Kentucky)

Louisville Cardinals (19-5)

Nella recente partita contro Virginia la squadra ha mostrato il suo meglio e il suo peggio. Pur decimati (fuori 4 titolari, 3 potenzialmente da quintetto), i giocatori nel primo tempo hanno mostrato quanto la capacità di eseguire in difesa e in attacco possa rendere Louisville micidiale. All’inizio del secondo tempo, la totale incapacità di mettere punti a referto ha mostrato quanto le pause dei Cardinals possano essere esiziali (per loro stessi). Il problema principale non è tanto la fase offensiva, quanto proprio l’applicazione mentale dei giocatori che ogni tanto sembra si assentino dalla partita. Forse per questo le % al tiro da 3 e ai tiri liberi sono così ondivaghe.

Key player: Deng Adel. Talento da Nba, testa sulla quale si nutre qualche dubbio e prestazioni incostanti. Guardate lui e sapete dove finisce la squadra di Pitino.

8. UCLA Bruins (21-3)

Delle squadre di questa speciale classifica, UCLA è quella più bipolare: parliamo infatti del miglior attacco e della peggiore difesa. Quella appena descritta (più attacco che difesa) in fondo rimane una caratteristica delle formazioni allenate da coach Steve Alford. All’inizio della stagione si diceva che per fare bene, avrebbe dovuto sistemare la difesa del suo team e invece l’allenatore ha potenziato ancora di più l’attacco facendo dei Bruins guidati dal freshman delle meraviglie Lonzo Ball una macchina da punti (secondi di tutta la Ncaa per % sia da 2 sia da 3). Il Torneo però è fatto di gare secche e di difese che migliorano sempre più e i detrattori dicono che alla prima giornata negativa dall’arco arriveranno problemi seri.

Key player: Aaron Holiday. Più di Ball o TJ Leaf, il terzo fratello Holiday (e le sue triple) portano sulle spalle il destino dei Bruins.

Aaron Holiday (UCLA)

Aaron Holiday (UCLA)

9. North Carolina Tar Heels (21-4)

Quadrati, esperti, fortissimi sotto canestro, questa North Carolina ha tutto per arrivare alla Final Four, a parte il fatto che ogni tanto la squadra stacca la spina e allora #ciaone. Non a caso le sconfitte di quest’anno, ad eccezione di quella contro Kentucky, sono arrivate con un margine medio di 12 punti e contro squadre forti, ma non fortissime (Indiana, Georgia Tech e Miami), tutte gare in cui i Tar Heels hanno spadellato (per usare un termine tecnico) da 3 punti: 25% di media nelle 3 gare. In generale, il tiro da fuori resta un problema perché tolto Joel Berry, che però è basso e carica il tiro dal petto, nessuno ha medie confortanti e/o costanti.

Key player: Isaiah Hicks. Lungo con mano da fuori, ma se si assenta dalla gara gli altri fanno prima ad andare direttamente sotto la doccia.

10. Baylor Bears (20-3)

Numeri alla mano una delle più forti squadre citate finora, con la sensazione però che siano in realtà una delle più deboli. Un po’ perché quest’anno il record è figlio di parecchie partite in cui gli episodi chiave sono stati a favore e un po’ perché la squadra non ha l’esperienza delle gare che contano e in cui la palla pesa. La difesa, soprattutto la zona con adeguamenti, è riuscita finora a imbrigliare parecchi avversari, ma l’attacco procede a sprazzi e continua a perdere troppi palloni (ultimi della Big 12 per %TO). Di fatto e c’è un solo giocatore, il play Manu Lecomte, che garantisce affidabilità perché lo stesso Johnathan Motley sembra non riesca a fare due tempi di seguito con lo stesso rendimento.

Key player: Al Freeman. Le sconfitte di Baylor hanno tutte un fattore comune, Freeman è letteralmente scomparso dal campo. Nelle prime 12 partite 24/50 da 3pt, da lì in poi 8/39.

Al Freeman (Baylor)

Al Freeman (Baylor)

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