C’è tanta Big 12 all’inizio delle nostre pagelle, anche se il challenge con la Sec si è risolto in un 5-4 per quest’ultima, merito anche di una Florida corsara sul campo di West Virginia e che non smette di sorprendere.
Florida. Senza Keyontae Johnson (“the best player I’ve ever coached”, secondo coach Mark White) e dopo aver perso tre delle prime quattro partite di conference, i necrologi per i Gators si sprecavano. Enorme errore: le vittorie in fila ora sono quattro, compresa l’ultima, pesante, sul campo di West Virginia. Tre Mann (occhio al suo nome nei prossimi mock draft), Noah Locke e Tyree Appleby garantiscono punti, Scottie Lewis è un lusso dalla panchina e Colin Castleton è semplicemente diventato uno dei lunghi più forti della D-I.
Oklahoma. Altra squadra venuta fuori dal nulla e ormai incapace di perdere: sono cinque le vittorie di fila dei Sooners, le ultime tre contro squadre del ranking. In una delle partite più tirate del Sec/Big 12 Challenge ha battuto Alabama senza due titolari compreso Austin Reeves, cioè il suo miglior realizzatore che aveva appena sculacciato Texas con 23 punti. Ma Da’Vion Harmon è indemoniato, la difesa funziona (86.4 di Adj. Efficiency nelle ultime 5 gare) e la squadra è chiaramente in missione.
Mac McClung (Texas Tech). Contro West Virginia ha segnato 30 punti mettendola un po’ in tutti i modi e facendoci cadere la mascella un paio di volte, ma gli è andata male, perché a infilare la stoccata decisiva è stato Miles McBride. Si è rifatto subito: 22 punti contro LSU con un ultimo minuto di furbizia e talento allo stato puro, da prendere e mettere in un museo. Sotto di 7, ecco due triple (una più bella dell’altra) e una rubata per servire a Shannon il pallone del sorpasso. Non più solo fenomeno social ma giocatore vero, di alto livello.
Davion Mitchell (Baylor). A Waco c’è gloria per tutti. Se la settimana precedente era stata quella di Jared Butler, quella appena passata è stata certamente la sua. Prima ha registrato un nuovo career-high di punti (31) con una prova devastante contro K-State (5/7 da due, 7/9 da tre) e poi si è tolto la soddisfazione di battere la sua ex squadra, Auburn, risultando fra i migliori: 13 punti e 7 assist, due in più dell’atteso Sharife Cooper (15 punti con 6/17 al tiro e 5 assist), ritrovatosi abbastanza ingabbiato da un avversario indigesto per chiunque.
Drake. Per un sogno d’imbattibilità che svanisce (Winthrop) ce n’è uno che prosegue. Dopo tre settimane di stop causa Covid, i Bulldogs hanno ripreso il discorso interrotto con tre vittorie, sopravvivendo a tre finali uno più tirato dell’altro. La squadra di coach DeVries ora ha record 16-0 in stagione e 7-0 in una Missouri Valley nuovamente di alto livello: la sfida al vertice con la Loyola-Chicago di Cameron Krutwig a metà febbraio sarà un must-watch.
GCU. S’è tolta dalle spalle una scimmia grossa come un orango. È uno dei college più danarosi e ambiziosi del mondo mid ma, nelle scorse tre annate, ha rimediato solo sconfitte (8) dalla sua acerrima rivale, New Mexico State. Due finali di conference perse, un paio di randellate e anche una beffa da metà campo sulla sirena. Però è arrivato Drew in panchina, ha detto basta ed ecco due vittorie d’autorità nel weekend contro gli Aggies, coi Lopes che hanno festeggiato come pazzi negli spogliatoi. Alessandro Lever e compagni sembrano imprendibili nella WAC.
Cade Cunningham (Oklahoma State). Torna dopo due partite d’assenza e inizia un po’ in sordina contro Arkansas ma, dagli ultimi minuti del primo tempo in poi, comincia a prendersi la scena. Alla fine, lo show è tutto suo: 21 punti, 7 rimbalzi, 5 assist, 3 recuperi e un canestro pesantissimo a 21.3 secondi dal termine. Oral Roberts, Wichita State, Kansas e ora anche i Razorbacks: Cade risulta spesso clutch e questa è una delle tantissime qualità che ne fanno la prima scelta quasi unanime dei mock draft.
E.J. Liddell (Ohio State). Non aver parlato prima del semi-lungo dei Buckeyes è in effetti una bella pecca. Ammettiamo l’errore. Stagione spa-ven-to-sa per il 2 metri che gioca centro, ma che ha mobilità e mani da ala pura. Ohio State ha un solo giocatore al quale si aggrappa nei momenti difficili: lui. I Buckeyes hanno vinto 6 delle ultime 7 e almeno in quattro casi il ragazzo dell’Illinois è stato mvp senza discussioni. L’ultima contro Michigan State: 20 punti, 6/12 al tiro (1/3 dall’arco), 8 rimbalzi, 2 stoppate e 2 recuperi.
I freshmen di Purdue. Prima ci siamo invaghiti di Zach Edey, poi è spuntato fuori Jaden Ivey col suo game winner sfacciatissimo contro Ohio State e adesso è arrivato Brandon Newman. Beh, “adesso” fino a un certo punto, a dirla tutta, perché di prove buone ne aveva messe a segno diverse. Però un’esplosione da 29 punti (con 9/14 al tiro e 6/6 ai liberi) contro Minnesota non era facilmente preventivabile. E nella stessa partita, c’è anche un Mason Gillis che sfiora la doppia doppia (11 punti, 9 rimbalzi). Il futuro dei Boilermakers è in ottime mani.
La corsa al titolo della Mountain West. Molto appassionante, perché animata da quattro formazioni che hanno tutto per diventare campione di stagione regolare. Colorado State (9-3) ha fatto sistematicamente da guastafeste per le altre tre pretendenti, le quali hanno trovato la prima sconfitta di conference proprio contro di loro. A inciampare contro i Rams c’è stata prima San Diego State (7-3), poi Utah State (10-2) e infine Boise State (10-1) nell’ultima settimana, la quale però si è rifatta nella seconda gara, giocata con grande autorità e idee chiare in attacco. Nella seconda metà di febbraio ci sarà da allacciarsi le cinture, coi Broncos impegnati in due doppiette (USU e SDSU) che probabilmente decideranno le sorti della MWC.
Houston. Alla fine della scorsa settimana guardando il calendario era venuta fuori questa osservazione: ehi ma domenica 31 c’è il big match della American tra Houston e SMU, interessante! Big match un corno: i Cougars hanno vinto 70-48 e hanno asfissiato i Mustangs, giocando con il doppio dell’intensità contro una squadra che fa dell’intensità il suo marchio di fabbrica. Nessuno vorrebbe mai incontrarli al Torneo.
St. John’s. La striscia di vittorie consecutive si allunga, siamo a 4 in fila, ossia la più lunga da inizio stagione. Vittoria fuori casa sul campo di Connecticut (che era senza Bouknight, ma va comunque battuta) e l’ultima in casa di Marquette (con Julian Champagnie trascinatore), insomma non due squadre materasso. Adesso il record in Big East è 5-6, che posiziona la squadra a metà classifica. E coach Mike Anderson ha già raggiunto il numero di W nella conference della scorsa stagione. Almeno il 6 se lo sono meritati.
Jaden Springer (Tennessee). Nessuna partita brillante (9 punti contro Mississippi State e 13 contro Kansas), ma da quando la guardia al primo anno è tornata in squadra i Vols sono tornati a vincere. Le uniche tre sconfitte di Tennessee quest’anno sono arrivate quando Springer non ha giocato o è stato in campo solo 5 minuti. E scommettiamo che questa statistica la conoscono anche a Knoxville.
Virginia. Manco il tempo di dire nel nostro podcast che era la squadra più in forma della ACC ed ecco che arriva la sconfitta contro Virginia Tech. Chiariamo, gli Hokies quest’anno sono una squadra di tutto rispetto (trainati dal centro Keve Aluma), ma i Cavaliers sembravano molto più solidi. La verità è che appena il motore della squadra, la PG Kihei Clark, cala un po’ di giri, di colpo fan fatica tutti gli altri.
Jeff Neubauer (Fordham). La stagione migliore per il coachdei Rams è stata la prima, nel 2015-2016, con 8 vittorie in conference (comunque record finale negativo, sia chiaro). In settimana, dopo una sconfitta casalinga da 24 punti contro Duquesne, l’università ha deciso di separarsi dal suo allenatore. E il voto non sappiamo bene se assegnarlo più a lui che non ha mai chiuso un campionato vincente o più a Fordham che lo ha licenziato senza senso a metà stagione e non (come molti si aspettavano) un anno fa.
Miami. Una stagione maledetta. Ora le sconfitte consecutive sono quattro, con 18.3 punti di scarto medio. Costantemente rimaneggiata causa infortuni, in settimana ha perso Elijah Olaniyi (spalla) e Matt Cross, che si trasferirà con la benedizione di coach Jim Larrañaga: “I was probably just not the right coach for him. […] So I just came to the conclusion the best thing would be for him to find some place that he would be happier at”. Il freshman 4-stelle dovrebbe creare una discreta fila di squadre interessate, ma la famiglia fa sapere che potrebbe anche restare a Miami, per giocare a football però.
Brad Davison (Wisconsin). La media delle ultime tre partite è 5.6 punti con 1/7 da due e 5/19 da tre. Non è solo colpa sua, ovviamente, ma per i Badgers sono arrivate due sconfitte su tre gare. Fa male quella in casa contro Ohio State, ma forse ancora di più quella in trasferta in casa di Penn State. Certo, abbiamo ripetuto allo sfinitmento che la Big Ten è la conference più combattuta, ma la sensazione è che Wisconson fosse più solida. E che finalmente Davison avesse acquistato continuità nel rendimento.
Kansas. Tristi. Non c’è altra definizione per i fantasmi allenati da Bill Self scesi in campo contro Tennessee. Il big match di sabato è stato tutto fuorché un big match, visto che di fatto non è mai iniziato: -19 coi Vols sempre ampiamente in controllo e quarta sconfitta sul groppone dei Jayhawks negli ultimi cinque incontri giocati. La difesa fa acqua e in attacco manca terribilmente qualcuno capace d’illuminare il gioco.
Michigan State. Una sorta di Kentucky della Big Ten, senza nemmeno la scusa di avere quasi tutti freshman. La squadra finora ha vinto solo due partite nella Big Ten, una contro Nebraska e una in casa contro Rutgers. Coach Tom Izzo cambia quintetto a ogni gara, ma il risultato non cambia. Il rientro dopo 20 giorni di pausa (forzata) Covid è stato un incubo: sconfitta 67-37 contro Rutgers (secondo punteggio più basso da quando esiste il cronometro di tiro) e poi altra débâcle 79-62 contro Ohio State. L’allenatore ha dato la colpa alle sue star, che starebbero contribuendo poco. Ma al momento non gira nulla.
Fran McCaffery (Iowa). La settimana scorsa avevamo evidenziato le uscite infelici di Mike Krzyzewski, Jerry Stackhouse e Bobby Hurley, ma l’omino ritratto qui sopra non è stato da meno con la sua performance nel post partita di Iowa-Illinois. Le due sconfitte consecutive non gli sono andate giù e giustamente lui si rifà sui poveri giornalisti: un minuto di video, quattro domande e nessuna risposta reale (forse anche un insulto velato a uno dei cronisti?). Che classe.
P.J. Hall (Clemson). L’emblema di una squadra crollata all’improvviso e che non sembra poter riprendersi. La povera matricola è finita sul lato sbagliato degli highlights, sovrastato da una schiacciata imperiosa di Jalen Johnson. Non senza colpe, perché era evidente che il suo aiuto al ferro potesse risolversi solo e soltanto con un poster clamoroso. Gli servirà da lezione per il futuro.