Buddy Hield è un giocatore speciale per vari motivi. Non solo perché è arrivato dalle Bahamas, non solo perché ora forma uno dei backcourt più intriganti della NBA insieme ad De’Aron Fox nei sorprendentemente divertenti Sacramento Kings, ma soprattutto per la sua personale storia collegiale e conseguente scenario NBA. Chi vi scrive ora è un tifoso di Oklahoma e per conto di basketballncaa.com ha incontrato il protagonista di questo articolo nell’ambito dell’NBA Crossover, la mostra culturale dedicata alla “contaminazione” dell’NBA nei diversi ambiti della cultura popolare che si è tenuta a Milano dal 31 maggio al 2 giugno.
Hield sta godendo di un ottimo presente ai Kings, situazione che molto probabilmente gli consentirà di staccare un succoso assegno alla fine della prossima stagione. L’inizio però è stato faticoso. A New Orleans le aspettative erano alte, essendo stato scelto con la sesta chiamata assoluta, ma il campo non ha ripagato. Nemmeno 9 punti di media, 39% al tiro dal campo e un Player Efficiency Rating sotto al 10 (la media NBA è 15.00). Arrivato a Sacramento nello scambio per DeMarcus Cousins, l’ex Sooners ha avuto un ottimo finale di stagione grazie a un grande miglioramento delle percentuali al tiro. Le buone statistiche però sono derivate anche e soprattutto dalla situazione di nulla cosmico chiamata Sacramento, una franchigia mai così abbandonata a se stessa, priva di ordine o idee, una tabula rasa in cui un realizzatore puro come Hield non poteva che prosperare.
Nella regular season successiva, la prima iniziata e conclusa interamente con i Kings, non ha fatto vedere quanto intravisto nel finale dell’anno precedente, rimanendo un enigma, una macchina da punti che non riusciva a girare con i ritmi perfetti. La stagione 2018-19 è stata quella della consacrazione: la prima in quintetto e la prima oltre i 20 punti di media, corredata da buoni numeri tra cui un elevato Usage Rating (24.6) e una enorme crescita di Player Efficiency Rating, arrivato a 17.6. Insieme ai numeri però è arrivata una maggiore consapevolezza tecnica, una solida idea di uso degli spazi e una maggiore applicazione difensiva, che resta il suo punto debole. Insomma, Hield non solo ha trovato il compagno ideale in De’Aron Fox, ma è come se avesse capito che nella NBA di oggi avrebbe trovato la sua dimensione ideale come role player, e non come wannabe-Kobe.
Al college la situazione era diversa. Hield è diventato la stella dei Sooners già dal suo secondo anno a Norman, simbolo della nuova era di Oklahoma guidata da coach Lon Kruger. I Sooners non avevano un record vincente in Big 12 dal 2008-09, gli anni in cui coach Jeff Capel guidò Blake Griffin e Willie Warren alle Elite Eight. Da quel momento il nulla fino all’arrivo di Hield e coach Lon Kruger. Al secondo anno del numero 24, terzo anno del coach, i Sooners tornano finalmente nelle top 25 e al Torneo Ncaa. Si trattava di un gruppo interessante, con altre due guardie del livello di Jordan Woodard e Isaiah Cousins, e l’umile lungo Ryan Spangler, transfer da Gonzaga che sul campo si muoveva e giocava come vi immaginate possa fare un giocatore scelto da Mark Few. Quello strano gruppo sarebbe arrivato addirittura alle Final Four, guidato proprio Buddy Hield, rimasto all’ateneo per il quarto e ultimo anno, nella sorpresa generale.
“Rimanere per il quarto anno è stata una decisione particolare, ma che ha cambiato la mia carriera” ha detto Buddy a basketballncaa.com. “Molti si aspettavano che mi dichiarassi al draft dopo il terzo anno ed economicamente aveva senso. Sarei dovuto essere scelto al primo giro, ma nella seconda metà, fuori dalla lottery. E invece, un anno dopo, sono stato sesta scelta assoluta. Non è stata una scelta banale, ma alla fine ha pagato“.
Il numero 24, lo stesso di Kobe, nel suo ultimo anno somigliava molto al suo idolo in maglia Lakers. Quella è stata una stagione da incorniciare: nonostante un 30.2% di Usage Rating, è riuscito comunque a segnare 25 punti a partita, producendone 803 in totale tirando col 67% di percentuale reale al tiro, con un Win Share Rating sui 40 minuti di 0.232 (la media è 0.100).
Il quarto anno di Hield ha permesso al giocatore di scalare i Mock Draft, ma ha anche messo i Sooners di coach Kruger sulla mappa della Ncaa. Da allora Kruger ha messo a segno 6 qualificazioni al Torneo Ncaa in 8 stagioni, portando a Norman anche alcuni liceali molto quotati come Trae Young, cosa non comune nel settore basketball di Oklahoma.
“Coach Kruger ha fatto e sta facendo benissimo”, ha commentato Hield con BN, “anche chi era a Oklahoma durante le amministrazioni precedenti lo ha confermato. Ai suoi assistenti va riconosciuto l’ottimo lavoro fatto nel recruiting. Insieme lavorano molto bene perché scelgono i giocatori adatti al gioco che vogliono portare avanti, coach Kruger è poi bravo a trasmettere a questi ultimi il suo modo di giocare e a farli rendere al massimo”.
Nelle lunghe sessioni di interviste come quella tenuta all’NBA Crossover di Milano, può capitare di inserire il pilota automatico nelle risposte. Abbiamo cercato quindi di far uscire Hield dalla comfort zone puntando sul cuore da Sooners (tratto in comune tra chi scrive e il giocatore) e facendo leva sul fatto che nessun giocatore ha raggiunto tanti traguardi di squadra mantenendo una così dominante individualità, nemmeno Blake Griffin o Trae Young. Abbiamo quindi giocato a “Rate The Sooner”, chiedendo una classifica tra Buddy, Blake e Trae. Leggera tensione, quella di chi teme di esprimersi, ma anche il sorrisetto abbozzato di chi ha anche capito come risponderà.
“Ti parlo da Sooner” e dopo un piccolo blocco e conseguente movimento di testa, tipico strascico della balbuzie infantile che solo un altro balbuziente infantile (come il sottoscritto) può riconoscere bene, entra deciso nel discorso “Prima io, poi Blake e infine Trae. Non per questione di ego o statistiche, ma alla fine conta il Torneo Ncaa e io sono arrivato alle Final Four“.
Abbiamo poi discusso di come il mondo collegiale si relazioni con quello professionistico. A Sacramento ci sono molti giocatori provenienti da colossi del mondo Ncaa, tra cui molti giocatori da Kentucky, Duke, Kansas o North Carolina. Ma si parla di basket di college una volta passati tra i professionisti?
“Ne parliamo in continuazione. Ci divertiamo moltissimo a commentare gli sport collegiali, anche perché così posso ricordare a tutti del momento in cui ho fatto loro il culo”. E in effetti all’università in pochi tenevano testa a Buddy. “Siamo quasi tutti appassionati ma di Ncaa parlo soprattutto con De’Aron Fox visto che io e lui siamo particolarmente amici. Facciamo anche piccole scommesse tra di noi in occasione di alcune partite importanti. Insomma ci divertiamo”.
Sapendo quanto la moda è seguita in quello spogliatoio, ho anche suggerito di basare sugli outfit la prossima scommessa che faranno tra Kentucky e Oklahoma. Un grande classico, nulla di nuovo, ma sarà divertente vedere Fox indossare una bella felpa su cui troneggiano le lettere OU, anche solo perché vorrà dire che i Sooners avranno sconfitto l’armata di Kentucky.
Restando alla moda, chiudiamo sull’attualità e commentando l’uscita delle Nike Air Max 1 “Swipa”, colorazione creata da De’Aron Fox. “Sono pazzesche. Deve ancora mandarmi il mio paio. Gliel’ho chiesto con anticipo e ancora non mi è arrivato. Sarà meglio che lo trovi a casa una volta tornato dall’Italia o lo prendo a schiaffi”. Buddy chiude così. Con una frase degna di chi anche se potrebbe fare il duro preferisce giocarsela con un sorriso. È probabile che Fox non rischi troppo, intanto perché, veloce com’è, potrebbe sicuramente seminare il compagno di squadra, ma soprattutto perché Hield non è tipo da far male agli amici. D’altronde il suo nome sui social è Buddy Love, e non potrebbe essere più azzeccato.